1.– Con il primo motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 633 c.p.c. e 1385 c.c., per avere il Tribunale ritenuto che vi fossero i presupposti per l’emissione del provvedimento monitorio, benché l’acquirente non avesse dimostrato, in via documentale, l’inadempimento del venditore.
1.1.– Il motivo è infondato.
In primis, a fronte della contestazione dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo, nel giudizio di opposizione deve comunque essere accertata la fondatezza, nel merito, della pretesa azionata (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 35068 del 29/11/2022; Sez. 2, Sentenza n. 4974 del 18/04/2000; Sez. 2, Sentenza n. 3671 del 14/04/1999).
E ciò in conseguenza della natura bifasica dell’unitario procedimento, non avendo l’eventuale opposizione natura “impugnatoria”, ma meramente “prosecutoria” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 927 del 13/01/2022). Sicché quando si chieda in via monitoria il pagamento di una somma a titolo di caparra confirmatoria, conseguente ad un’implicita pronunzia costitutiva di risoluzione del contratto preliminare, il diritto non può considerarsi né liquido né esigibile, in quanto il suo riconoscimento dipende dalla modificazione del diritto sostanziale operata dal giudice con la sentenza costitutiva.
Nondimeno ne consegue che se, da un lato, il decreto ingiuntivo non può essere emesso, d’altro canto, una volta emesso, il giudice dell’opposizione non può limitarsi a dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo, ma deve pronunciarsi sull’intero rapporto dedotto in giudizio e conoscere anche la domanda di risoluzione del contratto sottesa alla richiesta di decreto ingiuntivo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23336 del 09/09/2008; contra Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3247 del 04/10/1976).
Inoltre, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il creditore opposto avrebbe dovuto semplicemente allegare l’inadempimento della controparte debitrice opponente (nella fattispecie l’alienazione a terzi del camper prima dell’immatricolazione del bene in favore dell’acquirente), spettando a quest’ultima dimostrare il proprio adempimento – Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 13685 del 21/05/2019; Sez. 6-1, Ordinanza n. 25584 del 12/10/2018; Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015; Sez. 1, Sentenza n. 15659 del 15/07/2011; Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001 – (rispetto al versamento della caparra confirmatoria risultante dal contratto redatto per iscritto).
Anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ove l’opposto abbia spiegato azione di risoluzione negoziale, ricade su quest’ultimo, quale attore in senso sostanziale, l’onere di dimostrare il fatto costitutivo della domanda e l’esistenza dell’obbligazione che si assume inadempiuta, spettando, invece, all’opponente, quale convenuto in senso processuale, il quale eccepisca che l’obbligazione è stata, invece, adempiuta, fornire la prova della esistenza di tale fatto estintivo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1511 del 13/05/1968). Né l’opponente ha formulato alcuna eccezione di inadempimento del compratore, idonea a mutare la distribuzione dell’onere probatorio, essendosi limitata a contestare l’inadempimento addebitatole dalla controparte, chiedendo, in via riconvenzionale, l’accertamento del proprio diritto a trattenere la caparra confirmatoria ricevuta. Ad ogni modo, il Tribunale ha considerato comunque raggiunta la prova dell’inadempimento dell’alienante, risultando dall’istruttoria espletata che il venditore non avesse dato corso all’immatricolazione, non avendo inviato presso gli uffici preposti le relative pratiche, e avesse provveduto ad alienare a terzi il camper.
2.– Con il secondo motivo svolto la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. nonché degli artt. 49 e 51 del d.lgs. n. 231/2007 e successive integrazioni, per avere il Tribunale ritenuto illegittima la clausola del contratto con la quale l’acquirente si obbligava a corrispondere il prezzo residuo di euro 12.500,00 in contanti, anziché con mezzi tracciabili, dovendo, invece, intendersi la locuzione “per contanti” come sinonimo di “immediatamente” e “senza dilazione”.
2.1.– Il motivo è infondato.
I giudici di merito hanno, in proposito, ritenuto che la previsione di cui al contratto di acquisto del camper del 31 ottobre 2016 – secondo cui il pagamento del prezzo residuo concordato avrebbe dovuto essere effettuato “per contanti al momento dell’immatricolazione” –, per un verso, avrebbe dovuto essere letta nel senso che fosse stato stabilito il versamento di denaro liquido e, per altro verso, avrebbe implicato l’illegittimità della clausola, nella parte in cui vi era stata deroga al principio del pagamento con mezzi tracciabili, tra l’altro determinando difficoltà notevoli dell’acquirente nel procurarsi una siffatta provvista. All’esito, è stata reputata legittima la condotta del compratore, il quale, con comunicazione non contestata quanto all’avvenuta ricezione in data 16 novembre 2016, aveva offerto il pagamento del prezzo residuo a mezzo di assegno bancario per il giorno 19 novembre 2016, data in cui il camper era stato già venduto a terzi. Orbene, nella interpretazione censurata non è dato ravvisare alcuna violazione dei canoni letterali, logici e sistematici, stante la plausibilità della lettura in forza della quale, con il termine “pagamento per contanti”, debba intendersi il pagamento con denaro liquido e non con altri mezzi tracciabili.
La clausola relativa al pagamento “in contanti” contenuta in un contratto di compravendita attiene al mezzo, con la conseguenza che la stessa deve essere interpretata nel senso che il prezzo deve essere versato in denaro (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 397 del 21/01/1982).
3.– Con il terzo motivo proposto la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1183 c.c., per avere il Tribunale escluso che vi fosse un inadempimento nel pagamento del prezzo da parte dell’acquirente, in quanto nel contratto era stabilito che esso dovesse avvenire “al momento dell’immatricolazione”, mentre, per converso, avrebbe dovuto escludersi che tale locuzione potesse valere come termine a favore dell’acquirente.
3.1.– Il motivo è inammissibile.
Infatti, attraverso tale doglianza, è stato in realtà dedotto un vizio di interpretazione del contratto sulla previsione del momento in cui l’acquirente avrebbe dovuto adempiere, senza specificazione dei canoni ermeneutici in tesi lesi. In ogni caso, deve osservarsi che la clausola – a mente della quale il pagamento in contanti avrebbe dovuto essere effettuato “al momento dell’immatricolazione” – è stata congruamente letta, non potendo ritenersi che l’immatricolazione fosse condizionata al previo pagamento del prezzo, presupponendo, invece, il pagamento che il mezzo fosse immatricolato, come affermato dal giudice di merito.
4.– Con il quarto motivo sviluppato la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e falsa applicazione degli artt. 1498 e 2697 c.c., per avere il Tribunale sostenuto che l’offerta di pagamento del prezzo a mezzo assegno bancario per il 19 novembre 2016, formulata dall’acquirente e ricevuta dall’alienante il 16 novembre 2016, fosse indicativa della volontà di adempiere tempestivamente al contratto, cui non sarebbe corrisposta la volontà del venditore che, a quella data, aveva già ceduto a terzi il camper. Tanto da escludere l’inadempimento imputabile al compratore. Mentre – ad avviso dell’istante – l’acquirente avrebbe dovuto fornire la prova della possibilità del pagamento del prezzo, a fronte della sua paventata impotenza finanziaria.
4.1.– Il motivo è infondato.
Ora, l’offerta dell’immediato pagamento è stata presa in esame dal giudice di merito allo scopo di escludere l’indisponibilità del R. a dare attuazione al contratto e il conseguente suo inadempimento, a fronte dell’alienazione a terzi del camper a cura del venditore. La vendita successiva ad un terzo dello stesso bene già venduto costituisce, infatti, inadempimento all’obbligo contrattuale che il venditore implicitamente assume nei confronti del primo compratore, allorché esprime la volontà di trasferirgli la piena ed esclusiva disponibilità della cosa – impedita, invece, dalla seconda alienazione della medesima –, che, pertanto, legittima la domanda di risoluzione del primo contratto. Ed invero, con riguardo al contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà, nella volontà espressa dal venditore di trasferire a taluno la piena ed esclusiva disponibilità della cosa è implicito l’obbligo di non trasferirla ad altri, con la conseguenza che costituisce inadempimento contrattuale la condotta del proprietario di un bene che, dopo averlo trasferito ad un’altra persona, lo vende successivamente ad un terzo, comportando detta successiva vendita impedimento ad opera del venditore a che il primo acquirente acquisti un concreto potere, pieno ed esclusivo, di godimento e disponibilità della cosa trasferitagli, e così l’inadempimento della cennata correlativa obbligazione contrattuale, con il correlato diritto al risarcimento del danno ed alla risoluzione del contratto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1403 del 21/03/1989).
5.– In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380-bis, ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; condanna altresì la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, della somma equitativamente determinata in euro 1.000,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 1.000,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda