???????1. In via preliminare, si osserva che la presente causa e quella recante n. 27165/2018 Rg. sono state chiamate e discusse nella medesima udienza e, ancorché vertano l’una sull’acconto e l’altra sul saldo Tares annualità 2013, osta alla richiesta riunione la diversa natura delle questioni sottoposte allo scrutinio di questa Corte.
2. Con il primo motivo la contribuente denuncia <violazione dell’art. 132 cod.proc.civ., nonché omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso ex art. 360, primo comma, n. 5), cod.proc.civ.>; per avere il giudicante escluso la detassazione delle aree in cui si producevano prevalentemente imballaggi di natura terziaria, senza svolgere alcuna valutazione giuridica o fattuale della vicenda e trascurando di considerare che, con riferimento a dette superfici, aveva fornito una dettagliata denuncia della sua attività e aveva, pertanto, adempiuto all’onere di dimostrare le motivazioni che conducono alla concessione dell’esenzione dal pagamento della tariffa TARES; denunciando, al contempo, la contraddittorietà tra le motivazioni della sentenza e le risultanze dei documenti dalla medesima prodotti in giudizio.
Aggiunge che essa svolge la medesima attività della cedente M. 2, ossia l’attività di distribuzione di libri e da questa premessa fa
discendere il corollario secondo il quale anche la subentrante debba ritenersi esente dal versamento della tassa sulla produzione e sullo smaltimento dei rifiuti, asserendo la sussistenza di una ingiustificata discriminazione di trattamento tra possessori di identiche superfici produttive dei medesimi rifiuti.
3.Con il secondo strumento di ricorso - che deduce «violazione dell'art. 132 cod.proc.civ. - omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso ex art. 360, primo comma, n.5), cod.proc.civ.; - violazione dell’art. 62 del d.lgs 15 novembre 1993, n. 507, nonché degli artt. 195 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e 14 del d.lgs. 6 dicembre 2011, n. 201>- si censura la sentenza impugnata, là dove non ha considerato che nelle aree in oggetto si formano <in via prevalente e continuativa> rifiuti speciali non assimilabili agli urbani e avviati allo auto-smaltimento a mezzo diditte accreditate e quindi escluse dalla tassazione. Si obietta che:
- i giudici di appello non hanno valutato l’omessa assimilazione da parte del Comune dei rifiuti speciali agli urbani, cui avrebbe dovuto provvedere con apposita delibera;
- che gli stessi hanno omesso di esaminare la denuncia relativa alle superfici escluse dalla tassazione e la documentazione prodotta in giudizio dalla società, concludendo nel senso della <contraddittorietà tra la motivazione e le risultanze dei documenti
offerti in giudizio>.
4.Con la terza censura si lamenta la violazione degli artt. 112 e 132 cod.proc.civ., ex art. 360, primo comma, n. 5), cod.proc.civ.; per avere il Collegio d’appello omesso di pronunciarsi sulla differenza di trattamento fiscale rispetto all’azienda alla quale era subentrata, che godeva invece della detassazione dei locali in cui si producevano rifiuti da imballaggio terziario. Questione che erastata rappresentata dalla società Ceva e documentata attraverso la produzione della denuncia di occupazione, del contratto di cessione del ramo d’azienda dalla società “M. 2 Libri” e della documentazione concernente l’occupazione da parte della ricorrente di aree destinate a deposito e magazzino (mentre la rimanente area destinata ad uffici era rimasta di esclusiva competenza della società” M. 2 Libri”). Si assume, altresì, che la denuncia presentata non era stata oggetto di accertamento da parte del Comune ai sensi dell’art. 34 del Regolamento comunale, con la conseguenza che l’omesso esame “di detto fatto” costituirebbe un vizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5), cod.proc.civ..
5.L’ultimo motivo è incentrato sulla <illegittimità – violazione ex d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507>; per avere i giudici territoriali omesso di considerare che la contribuente aveva assolto l’onere di denuncia con allegata planimetria delle aree escluse dalla tassazione. Aggiungendo che l’avviso Tares per l’anno di imposta 2013 risulterebbe indeterminato rispetto al periodo di tassazione, indicando solo le aree soggette (mq 14.250) a Tares ed il totale dell’importo dovuto, circostanza che è stata oggetto di discussione e non vagliata dal giudice d’appello.
6.Deve preliminarmente rilevarsi che l'atto depositato dall’ amministrazione comunale non può considerarsi un controricorso.
Esso si compone di due pagine, delle quali la prima contiene i dati identificativi delle parti e le seguenti testuali conclusioni: «chiede dichiararsi inammissibile ovvero respinga perché infondato nel merito il ricorso per cassazione>>.
In tal senso, va data continuità al principio più volte enunciato da questa Corte secondo cui «la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell'art. 366 cod. proc. civ. (richiamato dall'art. 370, comma secondo, stesso codice), l'esposizione delleragioni atte a dimostrare l'infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria ma solamente partecipare alla discussione orale»(v. Cass. n. 11160 del 11/06/2004, che per tale motivo ha dichiarato inammissibile un «atto di costituzione dell'intimato non contenente alcuna replica ai motivi del ricorso; v. anche Cass. n. 6222 del 20/04/2012; Cass. 09/02/2023, n. 4049).
6.1.Ne deriva l’inammissibilità della memoria depositata.
7.Le prime due censure, che possono essere scrutinate congiuntamente, non superano il vaglio di ammissibilità.
7.1.Con riferimento ad entrambe le censure, formulate ex art. 360, primo comma, n. 5) cod.proc.civ., si osserva che l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio deve intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico- naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni difensive, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest'ultimo profilo (Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 - Sentenza n. 14802 del 14/06/2017); per vero, ciò di cui il ricorrente lamenta l’omesso esame è rappresentato non da fatti storici, bensì dalla dedotta presentazione della denuncia relativa alle superfici ritenute non assoggettabili a Tares,che sarebbe stata “oggetto di esame, in quanto richiamata in sentenza”, per quanto asseritamente disattesa, da ciò emergendo che il motivo lamenta erroneamente un , atteso che la denuncia ai fini tares risulta essere stata valutata dai giudici territoriali, come inferibile dalla Corte di Cassazione - copia non ufficiale 7 di 18 decisione impugnata, nel concreto, mirando a sindacare il merito della motivazione del Collegio d’appello, nella parte in cui ha concluso che, l’attività logistica svolta da Ceva genera non solo imballaggi terziari, bensì, , anche altri rifiuti grazie alla presenza umana dei dipendenti
7.2. Sotto altro profilo, si osserva che la censura è estranea al perimetro del vizio denunciato, in quanto difetta “la decisività” del omesso. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che <<in tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. qullo la cui differente considerazione è idoena a comportare, con certezza, una decisione diversa.>>. (Cass. n.18368/2013; Cass. n. 17761/2016; Cass. n.23238/2017; Cass. n. 29954/2022). La decisività del "fatto" omesso assume, nel vizio considerato dalla disposizione richiamata, rilevanza assoluta poiché determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa). Tale condizione deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l'omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l'esito del giudizio.
7.3. Gli elementi descritti dalla società Ceva non risultano essere poiché il < fatto> - ovvero l’allegata presentazione della denuncia avente ad oggetto la rivendicata detassazione delle aree, asseritamente non considerata dai giudici di appello - è correlato alla predicata prevalente e continuativa produzione di rifiuti speciali (v. pag. 5 del ricorso, ultimi due righi, ribadito a pag. 11, primi due righi), mentre, ai fini dell’esenzione dalla Tares, l’art.14, co. 10 e 11, d.l. 201/2011 cit. dispone <Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti Corte di Cassazione - copia non ufficiale 8 di 18 speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente>
7.4.La critica secondo la quale la CTR non avrebbe adeguatamente valutato la circostanza che la contribuente provvede allo smaltimento dei rifiuti a proprie cure e spese è inammissibile in quanto articolata con modalità non coerenti con l'attuale configurazione del vizio di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., che esige la deduzione di omesso esame di un fatto decisivo, e cioè di un fatto inteso nella sua accezione storico fenomenica, principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), evocato nel rispetto degli oneri di allegazione e produzione posti a carico del ricorrente ai sensi degli artt. 366, co. 1, n. 6 e 369, co. 2, n. 4 cod. proc. civ. (Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014); nella censura in rassegna, il consiste nell’aver la società provveduto a proprie spese al recupero degli imballaggi terziari prevalentemente prodotti, circostanza che non rappresenta, come già in precedenza chiarito, il presupposto – che si connota per la produzione in via esclusiva dei rifiuti speciali non assimilabili - che la normativa di settore esige per la detassazione ovvero per la riduzione tariffaria in relazione alle superfici dichiarate. Solo dopo aver dimostrato l’esclusiva produzione dei rifiuti speciali, il contribuente può rivendicare la detassazione o la riduzione della quota variabile dell’imposta, se dimostra altresì il recupero degli imballaggi a proprie spese a mezzo di aziende autorizzata; ne consegue che l’allegazione secondo la quale la Ceva produrrebbe prevalentemente ed in modo continuativo rifiuti speciali da imballaggi terziari, non può ritenersi decisiva, se pur accertata, ai fini di una diversa soluzione della controversia, in quanto la normativa Tares citata esige l’esclusiva produzione di rifiuti speciali, rispetto alla quale nessun rilievo può assumere l'accertamento di requisiti di cui si lamenta l’omesso esame in questa sede giudiziaria. L’eventuale comprovata produzione di rifiuti speciali in una porzione, per quanto estesa, dell'insediamento produttivo non esclude, né logicamente, né giuridicamente, la produzione nello stabilimento 'anche' di rifiuti urbani ordinari; produzione che non doveva essere dimostrata ad onere dell'ente impositore, in quanto ex lege ricollegata al solo ed obiettivo fatto materiale della detenzione dei locali, secondo quanto su richiamato ( ex plurimis, Cass. n. 7187/21; Cass. n. 12979 del 2019; Cass. n.10634 del 2019). 7.5.Il legislatore ha posto, difatti, una presunzione legale (relativa) per la quale i locali e le aree scoperte si ritengono produttivi di rifiuti ed è onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione la loro diversa condizione (...)" e "grava sul contribuente l'onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dal d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, commi 2 e 3, per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione (e cioè che le stesse siano inidonee alla produzione di rifiuti o che vi si formino rifiuti speciali al cui smaltimento provveda il produttore a proprie spese), atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l'Amministrazione a dover fornire la prova della fonte tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l'esenzione, anche parziale, un'eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (in termini, Cass. 29.08.2023, n. 25435, in motiv.; Cass. 23.01.2017, n. 17111; Cass. del 5.09. 2016, n. 17622; Cass. dell'11.03.2016, n. 4793; Cass. dell'1.04. 2016, n. 6359; Cass. dell'1.06.2006, n. 1086; Cass. del 2.09. 2004, n. 17703)". 7.4. Il quadro normativo di riferimento in punto disciplina Tares (d.l.201/2011) prevede una doppia articolazione tariffaria (v. art. 3 Corte di Cassazione - copia non ufficiale 10 di 18 d.P.R. 158/99 sul metodo tariffario normalizzato) in quota variabile, non dovuta o ridotta allorquando il contribuente provi di produrre in maniera esclusiva rifiuti speciali non assimilabili o comunque non assimilati e smaltiti autonomamente a mezzo di ditte esterne autorizzate (Cass.n. 8205-8222/22; Cass.n. 7187/21; Cass.n. 5360/20); in quota fissa, dovuta sempre per intero, sul mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente, in quanto astrattamente idonei ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio, essendo destinata detta quota a finanziare i costi essenziali e generali di investimento e del servizio nell'interesse dell'intera collettività e, dunque, indipendentemente dalla qualità e quantità dei rifiuti prodotti, così come dall'oggettiva fruizione del servizio comunale, purché effettivamente apprestato e messo a disposizione della collettività (v. Cass., sez. T., 14 marzo 2022, n.n. 8205 e 8222, che richiama Cass. 15 marzo 2021, n. 7187; Cass. 23 maggio 2019, n. 14038 e Cass., sez. T., 27 febbraio 2020, n. 5360; Cass. 23 maggio 2019, n. 14038 e Cass., sez. T., 27 febbraio 2020, n. 5360).
7.5.I mezzi in rassegna, là dove denunciano la contraddittorietà della motivazione rispetto alle risultanze della documentazione probatoria prodotta nel giudizio di merito, si rivelano inammissibili anche sotto altro profilo.
7.6. E’ noto che la motivazione meramente apparente - che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante - sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum. E' stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. n. 22232 del 2016), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un'approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017) oppure, ancora, nell'ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. 18/09/2009 n. 20112).
7.9 Tali carenze non sono in alcun modo riscontrabili nella sentenza impugnata della quale è agevole ricostruire il percorso logicogiuridico che ha condotto al rigetto dell'appello, percorso fondato essenzialmente sull'assenza di adeguata allegazione e prova circa il possesso dei requisiti richiesti ai fini della detassazione. E', infatti, da escludere che nell'ambito della verifica demandata con il motivo in esame possa assumere rilievo, come sembra prospettare parte ricorrente, il contrasto tra quanto accertato dal giudice di appello in punto di carenza probatoria ai fini della detassazione e la diversa valutazione in merito alla rilevanza degli elementi probatori offerti, atteso che, secondo quanto chiarito dalla condivisibile giurisprudenza di legittimità, la violazione dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 132, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., sussiste solo quando le ragioni poste a fondamento della decisione risultino tra loro incompatibili e sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l'individuazione del procedimento logicogiuridico posto a base della decisione adottata (Cass 09/02/2004 n. Corte di Cassazione - copia non ufficiale 12 di 18 2427), non rilevando, al riguardo, eventuali contrasti - pur denunziabili sotto altri profili - tra le affermazioni della stessa sentenza ed il contenuto di prove e documenti (Cass. 24/05/2000 n. 6787; Cass. 14/02/2000 n. 1605; Cass. 17/08/2020, n. 17196). 8. Il secondo mezzo di ricorso, inoltre, ha struttura c.d. “mista” – deducendosi sia l’omesso esame di fatto decisivo sia la violazione o falsa applicazione di legge – con conseguente applicazione del principio per cui è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d'impugnazione eterogenei,facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall'art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod.proc.civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili,e ciò in quanto una simile formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d'impugnazione enunciati dall'art. 360, primo comma, cod.proc.civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine didecidere successivamente su di esse (Cass. sez. L. del 06/02/2024, n. 3397; Cass. Sez. 1 -Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).
8.1. Del pari inammissibile è la censura secondo la quale il decidente non avrebbe considerato l’omessa assimilazione da parte del Comune dei rifiuti speciali a quelli urbani, cui avrebbe dovuto provvedere con apposita delibera, atteso che la critica non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha escluso la richiesta detassazione non già per una non dedotta assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, ma per l’assenza del presupposto della esclusiva produzione degli imballaggi terziari. Corte di
8.2. Da ultimo, l’ammissibilità della censura presuppone la proposizione delle relative questioni già nella fase di merito, in primis, nel giudizio di prime cure. Il ricorrente che proponga una questione ha l’onere, difatti, di allegare l’avvenuta deduzione della questione nel giudizio di appello ed anche di indicare in quale atto processuale del giudizio precedente, in modo da consentire alla corte l’accertamento ex actis della veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa ( Cass. n. 16502/2017, in motiv; Cass. n. 9138/2016). Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, difatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d'appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d'ufficio(v. Cass. Sez. 3, 09/01/2002 n. 194; più di recente, v. Cass. Sez. 6 - 1, 09/07/2013 n. 17041; n. 25319/2017; n. 907/2018).
8.3.Nel caso sub iudice, la questione dell’omessa assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani non risulta prospettata nel giudizio di merito, tant’è che né nel ricorso per cassazione né nella sentenza gravata si fa riferimento alla proposizione di detta censura, che, del resto, sarebbe incoerente rispetto alle contestazioni sollevate dal Comune (come emerge dalla sentenza di secondo grado). 9.Il terzo strumento di ricorso è parimenti inammissibile, per le medesime ragioni esposte con riferimento alla prima doglianza, non risultando decisiva, ai fini di un diverso esito della lite, la circostanza che la società in cui è subentrata la Ceva godesse, nelle annualità di imposta antecedenti al 2013, di una detassazione delle aree, né che la denuncia presentata nell’agosto dell’anno 2012 non fosse stata oggetto di da parte del Comune. Come emerge dalla sentenza di primo grado, di cui alcuni stralci sono stati trascritti in ricorso, l’attività svolta dalla società “ M. 2” risulta ontologicamente differente rispetto a quella svolta dalla società Ceva; in ogni caso, la ricorrente non ha allegato né provato per quale ramo d’azienda e sulla base di quali presupposti la società cedente usufruisse della detassazione dalla Tares, né che l’attività da essa svolta potesse considerarsi collimante con quella effettuata in precedenza dalla cedente “M. 2 Libri”, così che la eccepita discriminazione di trattamento rispetto alla società cedente si riduce a mera affermazione apodittica. A tal proposito, vale osservare che le condizioni che consentono la non applicazione della tassa non sono automatiche, ma devono essere di volta in volta dedotte ed accertate con un procedimento amministrativo la cui conclusione deve essere basata su elementi obiettivi direttamente rilevabili o su idonea documentazione.
9.1. L’operatività della cause di riduzione o esenzione dall’imposta in ragione della produzione su ‘determinate‘ superfici di ‘determinati’ rifiuti, costituendo deroga al principio di generale imponibilità delle aree detenute, non scaturisce dunque in maniera automatica in base alla sola deduzione delle previste e corrispondenti situazioni di fatto, ma deve essere provata dal contribuente con riguardo sia alla natura dei rifiuti, sulla base dei formulari di identificazione dei rifiuti stessi e dell’altra documentazione idonea, sia alle specifiche superfici ed estensioni che, all’interno dell’insediamento produttivo, generano proprio questi rifiuti (in maniera esclusiva) all’effettivo autosmaltimento mediante il loro affidamento ad operatori autorizzati terzi (MUD, contratti, fatture, bolle ecc…). Si tratta di criteri del tutto consolidati, che hanno ancora recentemente trovato ulteriore conferma in Cass.n. 13455/24 in cui, con ulteriori numerosi richiami ai quali si rinvia, si è anche ribadito (con affermazione valevole anche per la Tares) che “la disponibilità dell'area produttrice di rifiuti determina una presunzione, iuris tantum, di produttività degli stessi, che può essere superata solo dalla prova contraria del detentore dell'area”.
9.2.La natura dei rifiuti non può essere, pertanto, desunta solo dalla natura dell'attività svolta dalla società, dovendosi considerare che la contribuente avrebbe dovuto provare che l'intera superficie indicata nella denuncia produceva in via esclusiva imballaggi di natura terziaria individuandone la natura nei MUD e fornendo la relativa prova dell'auto-smaltimento attraverso la produzione dei contratti e delle ricevute, a nulla rilevando, pertanto, la detassazione concessa alla società cedente il ramo d’azienda.
9.3. Infine, la circostanza che la denuncia presentata nell’anno 2012 non sia stata oggetto di immediato accertamento da parte del Comune appare del tutto inconferente rispetto al potere comunale di verificare, nei periodi di imposta compresi nel termine decadenziale previsto dalla legge, le istanze di esenzione dei contribuenti e di procedere ai dovuti accertamenti in merito alla sussistenza dei presupposti di legge per ottenere la rivendicata esenzione.
9.4.Emerge, infine, dalla narrativa della sentenza d’appello impugnata (svolgimento del processo), che l’avviso Tares si riferisce al periodo di occupazione primo gennaio – due settembre 2013, il che dimostra l’infondatezza della critica secondo la quale il giudice d’appello non avrebbe considerato detta circostanza.
10.L’ultimo strumento di ricorso è destituito di fondamento alla luce delle considerazioni esposte con riferimento alle precedenti doglianze, laddove si è osservato che non è sufficiente la presentazione della denuncia relativa alle superfici esenti dalla Tares, atteso che la denuncia rappresenta solo la condizione per poter richiedere l’esenzione ovvero la riduzione tariffaria, ex art. 70 d.lgs. 507/1993, gravando sul contribuente l’onere di dimostrare l’esclusiva produzione dei rifiuti speciali e, di poi, l’avvio al recupero a proprie spese.
10.1. Neppure appare meritevole di accoglimento la censura con la quale la contribuente si duole per la scarna ed insufficiente motivazione dell’atto impositivo, contenente soltanto l’indicazione della somma dovuta e delle superfici tassate.
10.2. In relazione all’ onere di motivazione va richiamato, in termini generali, l’art. 7, comma 1, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) il quale prevede che: “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione…”. Gli atti (quindi anche gli avvisi quali quelli in esame) non possono essere generici e devono, in ogni caso consentire al contribuente di comprendere come sia stato determinato l’importo e mettere lo stesso in grado di conoscere come sia stato determinato l’importo richiesto in pagamento. Risulta evidente che trattandosi di pretesa tributaria l’atto deve consentire la comprensibilità e con essa la possibilità di valutare la legittimità della pretesa fiscale, incombendo sull’ ente impositore l’ onere di indicare nell’atto impositivo tutti gli elementi posti a base della pretesa fiscale, al fine di garantire il rispetto del diritto di difesa del contribuente.
10.3. Segnatamente, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l'art. 71, comma secondo, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 15 novembre 1993, n. 507, (nel testo vigente ratione temporis) obbliga il Comune ad indicare in ciascun atto impositivo soltanto la tariffa applicata e la relativa delibera, con la conseguenza che non è necessario riportare o esplicitare la formula utilizzata per la determinazione della tariffa, la quantità totale dei rifiuti o la superficie totale iscritta a ruolo, né, tantomeno, i dati numerici fondamentali per il calcolo del tributo (cfr. Cass. n. 22470 del 09/09/2019; Cass. n. 24267 del 18/11/2011).
10.4. Ciò non comporta, quindi, un obbligo di indicare anche l'esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, a meno che non ricorrano specifiche situazioni che, nel caso concreto, rendano indispensabile una motivazione espressa (cfr. in termini, Cass.15.03.2024, n. 7002; in tema di ICI Cass. n. 1694 del 24/01/2018; Cass. n. 14094 del 11/06/2010).
10.5.Del resto, l'insufficienza motivazionale dell'atto impositivo, che può giustificare l'annullamento, non esclude che il contribuente possa difendersi deducendo, come accaduto nella presente fattispecie, mediante l'impugnazione, anche vizi di merito (Cass. del 21/07/2022, n. 22918). Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza, considerata la partecipazione alla discussione orale, e vanno liquidate come da dispositivo.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria
P.Q.M.
La Corte
- rigetta il ricorso;
- condanna la società ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal Comune che liquida in euro 1.100,00 per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.
- v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
- dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulterioreimporto a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stessoart.13, se dovuto.