8. con il primo motivo di ricorso -ai sensi dell'art. 360 nr 5 cod. proc. civ.- l'I. deduce la nullità della ordinanza (recte: del decreto) per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione in corso di causa e motivo di opposizione;
9. il motivo è inammissibile: le censure, per come sviluppate, si pongono del tutto al di fuori del parametro normativo di cui all’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., per come costantemente interpretato da questa Corte;
10. l’Istituto sviluppa una serie di rilievi ma non prospetta il fatto storico non esaminato e decisivo. Giova ribadire che il «fatto» di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l'omesso esame, ai sensi della norma sopra indicata, deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell'essere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e dell'aver formato oggetto di controversia tra le parti (Cass., sez. un., nr. 8053 del 2014; Cass. nr. 17761 del 2016; Cass. nr. 27415 del 2018);
11. nella fattispecie, i fatti storici di cui si sarebbe omesso l'esame sono, in realtà, circostanze di fatto esaminate dalla Corte d'appello e, tuttavia, nel libero apprezzamento delle risultanze istruttorie, ritenute inidonee alla prova della diversa ricostruzione prospettata dall’I.;
12. con il secondo motivo è invece dedotta la violazione dell'art. 2697 cod.civ.;
13. anche il secondo motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità;
14. le censure sono argomentate essenzialmente in termini di travisamento delle prove offerte in produzione da entrambe le parti;
15. l’I. assume che non poteva essere utilizzato l'estratto contributivo riferito all'anno 2012 atteso che l'importo per il quale l'ente aveva agito non era ricavabile da quel documento. A conforto della affermazione, deduce che i codici di pagamento indicati nell'estratto riferito all’anno 2012 erano del tutto distinti da quelli indicati dall’Istituto nelle diffide di pagamento;
16. l’Istituto incorre nell’equivoco di ritenere integrata la violazione della regola di riparto dell’onere di prova in ragione di una errata valutazione degli elementi di prova;
17. a torto o a ragione, il Tribunale ha ritenuto comprovato un pagamento avente efficacia estintiva e, quindi, ha applicato la regola iuris indicata nello storico di lite;
18. il giudizio reso in punto di pagamento satisfattivo, reso in esito all'esame del materiale probatorio, costituisce attività riservata al giudice di merito. L’eventuale errore non è stato ritualmente censurato in questa sede; 19. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con le spese che seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; 20. sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte dell’Istituto ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio