titolo), sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia ai sensi dell'art. 7 della legge n. 205 del 2000, giacché l'apprensione, l'utilizzazione e l'irreversibile trasformazione di un bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione sono pur sempre riconducibili a un concreto esercizio del potere autoritativo che si manifesta con l'adozione della dichiarazione di pubblica utilità, senza che assuma rilevanza il fatto che quest'ultima perda successivamente efficacia o venga annullata (v. ex multis Cass. Sez. U n. 23102-19, Cass. Sez. U n. 8568-21, Cass. Sez. U n. 26033-22).
I. - Col primo motivo di ricorso il comune lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 5 della l. n. 2248 del 1865, all. E, per avere la corte d’appello ritenuto illegittimo, e quindi disapplicato, il provvedimento di acquisizione sanante in quanto relativo a una occupazione sine titulo, con realizzazione dell’opera in un momento antecedente all’entrata in vigore del T.u.e.
Col secondo motivo di ricorso, che ha determinato l’assegnazione alle Sezioni Unite, il comune denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 34 del d. lgs. n. 80 del 1998 come riformulato dalla l. n. 205 del 2000. Assume che, diversamente da quanto ritenuto dalla corte territoriale, sussisteva la dichiarazione di pubblica utilità al fine di apprendere e modificare il terreno privato.
II. - Il secondo motivo è fondato.
In base alla tesi sviluppata nel ricorso, la sentenza d’appello avrebbe mancato di applicare i criteri distintivi elaborati da questa Corte a proposito: - della spettanza al giudice ordinario: (i) delle controversie iniziate prima del 10/7/1998, sulla base del riparto diritto soggettivo/interesse legittimo, e (ii) di quelle, in analogo criterio, iniziate nel periodo dal 10/7/1998 al 10/8/2000, data di entrata in vigore della l. n. 205/2000, per effetto della sentenza n. 2281 del 2004 della Corte costituzionale, che ha dichiarato incostituzionali, per eccesso di delega, le nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva; - della spettanza, invece, al giudice amministrativo: (iii) delle controversie risarcitorie per l’occupazione appropriativa instaurate a partire dal 10/8/2000, perché ricomprese (appunto) nella giurisdizione esclusiva. Nel caso in esame si ricadrebbe in quest’ultima ipotesi, in quanto la dichiarazione di pubblica utilità si era concretizzata nella realizzazione di una servitù di fatto nel 2002, a fronte di un contenzioso iniziato dopo l’agosto del 2000; e la natura petitoria della pretesa azionata dalla L. non avrebbe potuto avere rilevanza dirimente, perché la norma citata (art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 come riformulato dalla l. n. 205 del 2000, art. 7) radica in ogni caso la giurisdizione del giudice amministrativo per gli “atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia”.
III. - La censura va condivisa nel senso che segue. Non è in discussione il principio di fondo – al quale l’impugnata sentenza ha alluso - per cui la giurisdizione (art. 386 cod. proc. civ.) si determina sulla base della domanda. Tuttavia, il riparto tra giudice ordinario e amministrativo non avviene in esito al criterio della semplice prospettazione, bensì alla stregua del cd. petitum sostanziale; il quale si identifica in funzione della causa petendi delineata dall’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio, individuata e individuabile con riguardo ai fatti a sostegno della pretesa.
IV. – Ora, la corte d’appello di Bologna ha reso la decisione sul presupposto che si fosse dinanzi a un caso di occupazione usurpativa del bene, giacché – ha detto - il comune aveva effettuato la costruzione del tratto fognario in assenza di una precedente dichiarazione di pubblica utilità contenuta in un provvedimento amministrativo. Ciò nondimeno la stessa corte d’appello ha esplicitamente riconosciuto che il tratto di fognatura in questione era stato incluso in un piano particolareggiato di iniziativa pubblica. Ha però svalutato tale fatto perché, a suo avviso, il semplice asserto di avvenuta inclusione dell’opera in un piano del genere non equivale a dichiarazione di pubblica utilità.
V. - Questa affermazione integra un errore di diritto. L’approvazione dei piani particolareggiati equivale ope legis a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in essi previste (in base all’art. 16, nono comma, della l. 17 agosto 1942, n. 1150), senza necessità di apposita declaratoria. Per costante giurisprudenza, in tema di espropriazione per pubblica utilità, la mera previsione del piano regolatore generale non vale quale dichiarazione implicita di pubblica utilità per le opere in esso contemplate, mentre vale, al riguardo, l'approvazione dei piani regolatori particolareggiati (come appunto stabilisce l'art. 16 della legge citata), ovvero, in mancanza, l'approvazione del progetto dell'opera pubblica (v. Cass. Sez. 1 n. 2272-99, Cass. Sez. 1 n. 16813-06, Cass. Sez. 1 n. 26357-11).
VI. - È decisivo constatare che l’inclusione del tratto di fognatura di cui si controverte in un piano particolareggiato di iniziativa pubblica risulta dalla stessa sentenza, de relato alle deduzioni del comune. Si era trattato del progetto di urbanizzazione del P.i.o. 2 (Piano integrato operativo), approvato a norma degli artt. 20–23 della l.r. 7 dicembre 1978, n. 47, vigente al momento. Ne consegue che la fognatura era stata eseguita in consecuzione alla dichiarazione della pubblica utilità dell’opera.
VII. - In base a principi già altre volte affermati, la presenza della dichiarazione di pubblica utilità segna, dopo la sentenza n. 291 del 2006 della Corte costituzionale, il discrimine della devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Invero, solo l'ingerenza della p.a. nella proprietà altrui in assenza di una ragione di pubblica utilità legalmente dichiarata integra un comportamento del tutto avulso dall'esercizio del potere e immediatamente lesivo del diritto soggettivo; e dunque qualificabile come fatto illecito generatore di danno, risarcibile con criteri di integralità. La fattispecie, qualificabile come "occupazione usurpativa" (fin da Cass. Sez. 1 n. 1814-00), ovvero come manipolazione del fondo di proprietà privata in assenza di titolo legittimante, rientra, sia che ne venga invocata la tutela restitutoria, sia che, attraverso una abdicazione implicita al diritto dominicale, si opti per il risarcimento del danno, nella giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass. Sez. U n. 21637-04; Cass. Sez. U n. 15615-06, Cass. Sez. U n. 14954-07). Viceversa, a seguito delle previsioni introdotte dalla l. n. 205 del 2000, poi confluite nell’art. 7 del d.lgs. n. 104 del 2010, il potere cognitivo del giudice amministrativo si estende alle materie di giurisdizione esclusiva in tutti i casi di riscontro di un collegamento con l'esercizio del potere, come nel caso di occupazione appropriativa, assistita dalla dichiarazione di pubblica utilità, indipendentemente dai vizi di questa e dalla conseguente possibilità di ottenerne l'annullamento con efficacia ex tunc. Pertanto le controversie promosse (come quella in esame) in epoca successiva al 10 agosto 2000, relative alle occupazioni illegittime preordinate all'espropriazione e realizzate in presenza di un concreto esercizio del potere (riconoscibile per tale in base al procedimento svolto e alle forme adottate, anche se l'ingerenza nella proprietà privata sia poi avvenuta senza alcun titolo o nonostante il venir meno di detto titolo), sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia ai sensi dell'art. 7 della legge n. 205 del 2000, giacché l'apprensione, l'utilizzazione e l'irreversibile trasformazione di un bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione sono pur sempre riconducibili a un concreto esercizio del potere autoritativo che si manifesta con l'adozione della dichiarazione di pubblica utilità, senza che assuma rilevanza il fatto che quest'ultima perda successivamente efficacia o venga annullata (v. ex multis Cass. Sez. U n. 23102-19, Cass. Sez. U n. 8568-21, Cass. Sez. U n. 26033-22).
VIII. - Non rileva che l’azione ripristinatoria sia stata svolta in petitorio. Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia la domanda di restituzione in pristino del fondo (rispetto alla causa possessoria, v. Cass. Sez. U n. 4424-23), ove emerga che l’appropriazione e la trasformazione sia stata preordinata all'esecuzione di un intervento realizzativo di un'opera pubblica avvenuto in forza di una dichiarazione di pubblica utilità, legittima o illegittima che sia. In tutti i casi l'apprensione e l'utilizzazione del bene e la realizzazione dell'opera da parte della pubblica amministrazione sono comunque riconducibili a un concreto esercizio del potere autoritativo che si manifesta con l'adozione della dichiarazione di pubblica utilità.
IX. - Il primo motivo di ricorso resta assorbito. L’impugnata sentenza va cassata con affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo. Le parti vanno rimesse dinanzi a questo anche per le spese del giudizio svoltosi in questa sede.
X. - È appena il caso di precisare che la fattispecie concreta è integrata da un ricorso anteriore al 28-2-2023, al quale risolutivamente non si applicano le norme conseguenti al d.lgs. n. 149 del 2022. Resta fermo, peraltro, che tali norme attengono al solo svolgimento del giudizio civile, anche conseguente al riconoscimento della giurisdizione negata in primo grado e in appello. Esse implicano che non abbia più rilevanza – ma solo per i giudizi civili, e non anche per quelli amministrativi di contro sempre soggetti all’art. 105 cod. proc. amm. - la rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione.
p.q.m.
La Corte, a sezioni unite, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, dinanzi al quale rimette le parti anche per le spese del giudizio di cassazione.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili,