1. La Corte di appello di Potenza in riforma della sentenza del Tribunale di Matera ha rigettato la domanda di Nicola G. volta ad ottenere il riconoscimento del beneficio di cui all’art. 13 della legge n. 257 del 1992. 2. Il giudice di appello ha ritenuto che il diritto al beneficio di cui all’art. 13 della legge n. 257 del 1992, dotato di specifica autonomia, sorge per effetto dell’esposizione qualificata all’amianto ultradecennale e può essere fatto valere da quando tale elemento sostitutivo si è verificato il che può avvenire al massimo entro la data del pensionamento quando necessariamente l’esposizione morbigena cessa. Conseguentemente la data del pensionamento dell’assicurato è il momento ultimo per il perfezionamento dei requisiti costitutivi del beneficio ed anche per la decorrenza del termine di prescrizione. 3. Ha quindi accertato che nella specie, a fronte del pensionamento del luglio 1998 ed in mancanza di allegazione e prova del fatto che la consapevolezza dell’esposizione all’amianto era insorta successivamente al pensionamento e la domanda all’INPS era stata inoltrata solo il 30.6.2015 quando il termine decennale di prescrizione era oramai decorso. 4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Nicola G. affidato a sei motivi. L’INPS ha depositato procura. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., motivazione mancante o apparente in violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’appello individuato il dies a quo del termine prescrizionale in materia di benefici previdenziali per esposizione ad amianto nella data del pensionamento.
2. Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132 n. 4 c.p.c., omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte di merito considerato che la ricorrente, come allegato nella memoria di costituzione in appello, ha acquisito consapevolezza dell'esposizione ad amianto dal momento del deposito della c.t.u. ambientale relativa allo stesso stabilimento ove aveva lavorato e alle stesse mansioni svolte.
3. Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell'articolo 360, comma 1 n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 2934 c.c. per avere la sentenza impugnata ritenuto prescrittibile il diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione all'amianto per i soggetti già pensionati o collocati in mobilità alla data del 1° ottobre 2003.
4. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte di merito individuato il dies a quo del termine di prescrizione nel collocamento in quiescenza della ricorrente, quale ultimo momento utile per il perfezionarsi del diritto ai benefici contributivi, in assenza di qualsiasi prova e finanche di indizi per ritenere raggiunta la consapevolezza dell'esposizione all'amianto in tale momento.
5. Con il quinto motivo si addebita alla sentenza d’appello, in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 c.c. e del precetto per cui la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, che nel caso dei benefici contributivi per esposizione all'amianto coincide, a prescindere dal pensionamento, col momento della raggiunta consapevolezza, in capo al titolare, del diritto conseguente alla propria esposizione ad amianto.
6. Con il sesto motivo si denuncia, violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2697 comma 2 c.c. ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. per avere la Corte ritenuto che il G. fosse tenuto a dedurre e poi provare la consapevolezza della propria esposizione.
7. Il primo e il secondo motivo, che denunciano la nullità della sentenza impugnata in ragione della carenza e dell’apparenza della motivazione, possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
7.1. Questa Corte ha più volte rammentato, anche in controversie del tutto sovrapponibili alla presente (cfr. Cass. n. 7446 del 2024) che in sede di legittimità possono essere sindacate quelle anomalie della motivazione che si tramutino in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinenti all’esistenza della motivazione in sé, sempre che il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Vengono in rilievo, a tale riguardo, la mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, la motivazione apparente, il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, la motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.
È irrilevante, per contro, il semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053). Quanto all’apparenza della motivazione, presuppone che non sia percepibile il fondamento della decisione. Tale evenienza si verifica quando la pronuncia racchiuda argomentazioni obiettivamente inidonee a illustrare il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento. Invero, non si può demandare all’interprete il compito d’integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture. Solo in tale fattispecie, la sentenza è nulla, in quanto inficiata da error in procedendo (Cass., S.U., 3 novembre 2016, n. 22232).
7.2. Nessuna delle ipotesi enucleate dalla giurisprudenza di questa Corte si ravvisa nel caso di specie. I giudici d’appello hanno esposto in modo perspicuo le ragioni che sorreggono l’individuazione del dies a quo della prescrizione nella data del pensionamento. Il fondamento logico della decisione non è minato da contraddizioni insanabili e non risulta imperscrutabile nei suoi snodi essenziali. A tale riguardo, una decisiva conferma si può trarre dal fatto che il ricorrente ha potuto indirizzare specifiche e pertinenti censure contro l’iter logico che ha condotto alla decisione impugnata, così dimostrando con evidenza paradigmatica di averne inteso i punti salienti.
8. Il terzo motivo di ricorso con il quale si contesta in radice la prescrittibilità del diritto alla rivalutazione contributiva legata all’esposizione all’amianto è infondato.
8.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato che il diritto alla rivalutazione contributiva, contemplato dall’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 è prescrittibile. La prescrittibilità discende dalle caratteristiche del beneficio della rivalutazione contributiva della posizione assicurativa, che si atteggia «come un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione (solo questo primario ed intangibile - Cass., sez. un., 9219/2003)» e «sorge in conseguenza del “fatto” della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria» (Cass. 02/02/2017 n. 2856). Anche per lavoratori già pensionati alla data di entrata in vigore del d.l. n. 269 del 2003, questa Corte ha ribadito la prescrittibilità del diritto, sulla scorta dei seguenti rilievi: «ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico» (Cass. 09/02/2015 n. 2351).
8.2. La prospettazione dell’imprescrittibilità, coltivata dal ricorrente, è stata disattesa anche di recente (Cass. 09/05/2022 n. 14599), nella disamina di controversie sovrapponibili a quella odierna, per il tenore delle questioni dibattute e degli argomenti esposti. Né la parte ricorrente ha formulato rilievi critici che inducano, a tale riguardo, a rimeditare l’orientamento espresso, anche da ultimo, da questa Corte.
9. Accertata la prescrittibilità del diritto occorre verificarne la decorrenza come sollecitato nel quarto, quinto e il sesto motivo di ricorso da esaminare congiuntamente, per la connessione che li unisce. Le censure sono fondate alla luce delle precisazioni illustrate da questa Corte nel sindacato di numerose pronunce sorrette dal medesimo percorso argomentativo.
9.1. La ratio decidendi della pronuncia impugnata, espressa alla pagina 6, s’incentra sull’esclusivo rilievo che il dies a quo della prescrizione debba essere «necessariamente […] ricollegato alla data del pensionamento risalente al luglio 1998 con conseguente intempestività della domanda rivolta all’INPS del 30 giugno 2015». La Corte di merito soggiunge che l’assicurato non ha né dedotto né dimostrato l’acquisizione della consapevolezza in data successiva al pensionamento. Peraltro, cessato il rapporto di lavoro con E. è cessata anche l’esposizione alle fibre di amianto.
9.2. Come già evidenziato da questa Corte in un caso sovrapponibile al presente la statuizione incorre negli errores in iudicando denunciati, che attengono alla violazione e alla falsa applicazione della regola di diritto vigente in tema di prescrizione. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte il diritto alla rivalutazione contributiva, di cui all’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, è assoggettato a prescrizione decennale, «con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni» (Cass. 16/11/2018 n. 26935). Nella fattispecie tipizzata dalla legge, la consapevolezza o la conoscibilità si palesano, perciò, indispensabili al fine di individuare il termine di decorrenza della prescrizione del diritto vantato (di recente, Cass. 05/09/2023 n. 25779) e devono essere positivamente e puntualmente accertate. Ha errato, pertanto, la Corte territoriale nell’identificare recisamente il dies a quo della prescrizione nella data del pensionamento, profilo di per sé sprovvisto di valenza significativa ai fini della rigorosa verifica imposta dalla legge in ordine al bagaglio cognitivo dell’interessato. Come traspare dall’avverbio “necessariamente” (pagina sei della sentenza d’appello), su tale elemento la pronuncia impugnata costruisce un processo di automatica inferenza logica, senza alcuna valutazione in concreto di quella consapevolezza o di quella conoscibilità che configurano presupposti imprescindibili della fattispecie delineata dalla legge (Cass. 14/12/2022 n. 36561, 09/12/2022 n. 36102, 13/10/2022 n. 30172 e n. 30163 tutte richiamate dalla citata Cass. n. 7446 del 2024). Né, sull’elemento della consapevolezza o della conoscibilità, forniscono utili elementi di valutazione i richiami al dato puro e semplice della cessazione del rapporto lavorativo.
9.3. In conclusione, va data continuità ai principi di diritto enunciati da questa Corte in controversie analoghe e la sentenza deve essere perciò cassata con rinvio per un nuovo esame alla stessa Corte di appello in diversa composizione. Al giudice del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 25 giugno 2024