Giu Il termine triennale di decadenza dall’accertamento previsto dall’art. 221, § 3, del CDC è interrotto dalla data di presentazione di una notitia criminis e fino alla chiusura del procedimento penale ai sensi del successivo § 4
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 01 agosto 2024 N. 21659
Massima
«Il termine triennale di decadenza dall’accertamento previsto dall’art. 221, § 3, del CDC è interrotto dalla data di presentazione di una notitia criminis e fino alla chiusura del procedimento penale ai sensi del successivo § 4 della menzionata disposizione. Peraltro, nel caso in cui l’Amministrazione doganale abbia notificato un avviso di accertamento in pendenza del processo penale e questo sia stato impugnato nell’ambito di un procedimento tributario pendente alla data di definizione del procedimento penale, il termine di decadenza resta sospeso fino alla definizione del giudizio tributario, dal quale decorrerà il nuovo termine di decadenza triennale per l’emissione di un ulteriore avviso di accertamento, sostitutivo di quello annullato per ragioni formali».

Casus Decisus
1. Con la sentenza n. 4697/04/22 del 13/06/2022, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito ADM) nei confronti della sentenza n. 91/02/21 della Commissione tributaria provinciale di Salerno (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso di C. B.V., quale incorporante di C. Italia s.p.a. (di seguito C.) avverso un avviso di accertamento suppletivo e in rettifica emesso per diritti doganali ed IVA all’importazione dovuti con riferimento ad una serie di bollette doganali. 1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso dall’Ufficio di Salerno a seguito della declaratoria di incompetenza dell’Ufficio di Roma, che aveva proceduto all’originario accertamento. Detto accertamento, oggetto di contenzioso con ADM, era stato annullato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 30808 del 22/12/2017. 1.2. La CTR accoglieva l’appello di ADM evidenziando che: a) il termine di prescrizione/decadenza previsto per l’esercizio dell’azione impositiva era rimasto sospeso a seguito dell’impugnazione dell’originario avviso di accertamento ed era ricominciato a decorrere dalla pronuncia della S.C. più sopra menzionata, secondo quanto previsto dall’art. 221, § 3, del Regolamento 92/2913/CEE del Consiglio del 12 ottobre 1992 (cd. Codice doganale comunitario - CDC); b) la previsione dell’art. 221, § 4, del CDC si applicava unicamente nel caso in cui l’Ufficio avesse ritenuto di non procedere ad accertamento nelle more del giudizio penale; c) ADM poteva esercitare nuovamente il proprio potere accertativo in quanto la sentenza n. 30808 del 2017 riguardava aspetti meramente formali, riconnessi al vizio di incompetenza denunciato, e non era maturato alcun termine di prescrizione/decadenza; d) le questioni di merito dovevano essere formalmente riproposte da C. e, in ogni caso, erano infondate. 2. Avverso la sentenza di appello C. proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ. 3. ADM resisteva con controricorso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 01 agosto 2024 N. 21659 MANZON ENRICO

1. Con il primo motivo di ricorso C. deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 2909 cod. civ., 324 e 384, secondo comma, cod. proc. civ., nonché dell’art. 21 septies della l. 7 agosto 1990, n. 241, per avere la CTR violato il principio del ne bis in idem, essendosi il giudicato tributario formato a seguito della sentenza della S.C. n. 30808 del 2017, che aveva deciso la causa nel merito; il nuovo accertamento, pertanto, avrebbe violato o eluso il menzionato giudicato.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la pronuncia di una sentenza che dichiari la nullità dell'atto di accertamento per motivi di forma non solo non preclude ma impone all'Amministrazione finanziaria, se non siano maturate decadenze o prescrizioni e non vi sia violazione del giudicato, di emettere un nuovo avviso, emendato dei vizi formali che andrà, se ancora necessario, ad "autoannullare" il precedente (cfr. Cass. n. 27091 del 23/10/2019; Cass. n. 23675 del 01/10/2018; Cass. n. 22336 del 13/09/2018; Cass. n. 10376 del 12/05/2011).

1.3. Nel caso di specie, Cass. n. 30808 del 2017 ha accolto il ricorso proposto da C. avverso l’avviso di accertamento impugnato limitandosi a dichiarare l’incompetenza dell’Ufficio che aveva emesso l’atto impositivo, con conseguente nullità di quest’ultimo. La sentenza, peraltro, ritenendo assorbite le ulteriori questioni pure sottoposte alla sua attenzione dalla società contribuente, non è entrata nel merito delle stesse, essendo il rilievo di incompetenza sufficiente ad annullare l’atto impugnato.

1.4. Ne consegue che non sussiste alcun giudicato sulle questioni poste con il nuovo avviso di accertamento, legittimamente emesso dall’Ufficio territorialmente competente, senza che si possa configurare alcuna elusione degli esiti del procedimento definito.

2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374, degli artt. 78 e 215 del CDC e dell’art. 97 Cost., per avere la CTR omesso di rilevare che la competenza territoriale degli uffici delle dogane è inderogabile, con conseguente insanabilità del relativo difetto ad opera di un atto successivo dell’ufficio competente.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. Non è dubbio che la competenza territoriale degli uffici delle dogane sia inderogabile, sicché è nullo l’avviso di accertamento emesso da un Ufficio territorialmente incompetente, così come affermato, tra le altre, da Cass. n. 30808 del 2017, cit. Tuttavia, una volta disposta la nullità dell’avviso emesso da un Ufficio territorialmente incompetente, non vi è alcuna plausibile ragione per la quale non possa essere emesso altro avviso di analogo tenore da parte dell’Ufficio competente, naturalmente nel rispetto delle decadenze e della prescrizione eventualmente maturate e salva la sussistenza di un giudicato (in ipotesi, come già detto, non configurabile).

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 221, § 3 e 4, del CDC e dell’art. 84 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle leggi doganali - TULD), per avere la CTR ritenuto di dovere applicare il termine di prescrizione triennale, sospeso per tutta la durata del giudizio tributario, nonostante la fattispecie abbia rilevanza penale.

3.1. Il motivo è infondato anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta nel modo che segue.

3.2. Appare opportuno prendere le mosse da Cass. n. 21444 del 06/07/2022, la quale ha esaminato in parte la questione sottoposta all’attenzione di questa Corte.

3.3. Secondo tale pronuncia, alla cui ampia motivazione integralmente si rimanda, un esame congiunto della disciplina unionale (art. 221, § 3 e 4, del CDC), per come interpretata dalla Corte di giustizia, della disciplina interna (art. 84 del TULD) e della giurisprudenza di questa Corte induce a ritenere che il termine triennale previsto dall’art. 221, § 3, del CDC (che è di prescrizione per l'azione di accertamento e di riscossione dei diritti doganali, e di decadenza per la revisione dell'accertamento: cfr. Cass. n. 9253 del 17/04/2013) è legittimamente interrotto dalla presentazione di una notitia criminis ed è, altresì, sospeso per tutta la durata del procedimento penale, riprendendo a decorrere dal decreto di archiviazione o dalla sentenza penale definitiva (art. 221, § 4, del CDC).

3.4. Se ciò è vero, deve, peraltro, ritenersi che il nuovo termine triennale di prescrizione non possa decorrere utilmente in pendenza del processo tributario, ostandovi la previsione dell’art. 221, § 3, del CDC, per la quale il termine triennale di prescrizione entro il quale l’autorità doganale deve procedere all’accertamento «(…) è sospeso a partire dal momento in cui è presentato un ricorso a norma dell'articolo 243 e per la durata del relativo procedimento».

3.5. Ne consegue che, nel caso in cui l’Amministrazione doganale abbia notificato un avviso di accertamento in pendenza del procedimento penale (comportamento ritenuto legittimo da Cass. n. 30901 del 27/11/2019 e da Cass. n. 9253 del 2013, cit.) e detto avviso sia stato impugnato davanti al giudice tributario, il nuovo termine di prescrizione, decorrente dalla data di chiusura del procedimento penale con decreto di archiviazione o con sentenza irrevocabile, resterà ancora sospeso se il procedimento tributario è pendente e fino alla definizione di quest’ultimo.

3.6. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «Il termine triennale di decadenza dall’accertamento previsto dall’art. 221, § 3, del CDC è interrotto dalla data di presentazione di una notitia criminis e fino alla chiusura del procedimento penale ai sensi del successivo § 4 della menzionata disposizione. Peraltro, nel caso in cui l’Amministrazione doganale abbia notificato un avviso di accertamento in pendenza del processo penale e questo sia stato impugnato nell’ambito di un procedimento tributario pendente alla data di definizione del procedimento penale, il termine di decadenza resta sospeso fino alla definizione del giudizio tributario, dal quale decorrerà il nuovo termine di decadenza triennale per l’emissione di un ulteriore avviso di accertamento, sostitutivo di quello annullato per ragioni formali».

3.7. Applicando il superiore principio di diritto al caso di specie, deve ritenersi che la notitia criminis, inoltrata in data 12/06/2008, ha determinato l’interruzione della prescrizione e la sua conseguente sospensione, protrattasi ben oltre la definizione del giudizio penale (23/02/2014) in ragione della pendenza del giudizio tributario, definito solo il 22/12/2017 con la più volte menzionata sentenza n. 30808 del 2017. È, dunque, da tale data che, cessata la sospensione, inizia a decorrere il nuovo termine triennale di prescrizione, con conseguente tempestività della notificazione del nuovo avviso di accertamento oggi impugnato, intervenuta in data 08/10/2019.

4. Con il quarto motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione del Regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio del 13 febbraio 1993 e dei principi comunitari e domestici in tema di abuso del diritto di cui all’art. 10 bis della l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto la sussistenza, in ipotesi, di una fattispecie di abuso delle disposizioni comunitarie sul contingentamento tariffario.

4.1. Con il quinto motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 56 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che fosse onere della parte appellata riproporre le questioni di merito ritenute assorbite dalla sentenza della CTP.

4.2. I motivi, che possono essere unitariamente esaminati per ragioni di connessione, vanno complessivamente disattesi.

4.3. Il quinto motivo, il cui esame è pregiudiziale, sarebbe, in realtà, astrattamente fondato, in quanto, se è vero che l’appellato può limitarsi a riproporre in appello le questioni ritenute legittimamente assorbite dal giudice di prime cure (cfr. Cass. n. 20315 del 15/07/2021), ciò è puntualmente avvenuto nel caso di specie, laddove, nelle controdeduzioni (allegate al ricorso ai fini del rispetto del principio di autosufficienza), C. ha ampiamente ribadito la correttezza del proprio operato, contestando la ripresa anche nel merito. 

4.4. Il quarto motivo va, peraltro, disatteso, rendendo del tutto irrilevante la fondatezza del quinto motivo.

4.5. Va prima di tutto evidenziato che il richiamo effettuato alla motivazione di altra sentenza, con trascrizione delle parti rilevanti della stessa, non costituisce per nulla un metodo discutibile, avendo la CTR dimostrato di volere fare proprie le conclusioni cui è giunto altro giudice in relazione a fatti similari, sicché a nulla può rilevare la circostanza che detta motivazione è stata cassata dalla S.C. (peraltro, con riferimento ad un aspetto differente).

4.5.1. In ogni caso, è utile ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all'organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d'imparzialità del giudice, al quale non è imposta l'originalità né dei contenuti né delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato» (Cass. S.U. n. 642 del 16/01/2015; conf. Cass. n. 29028 del 06/10/2022; Cass. n. 22562 del 07/11/2016; Cass. n. 9334 del 08/05/2015).

4.6. Per il resto, la società contribuente sostiene che la pratica posta in essere non sarebbe abusiva o elusiva delle disposizioni vigenti, ma dalle stesse consentita, anche alla luce del nuovo regolamento comunitario, che avrebbe modificato le modalità di assegnazione dei certificati AGRIM. In buona sostanza, non sarebbe configurabile un comportamento oggettivamente abusivo e, sotto il profilo soggettivo, l’operazione non sarebbe tesa ad ottenere esclusivamente un risparmio di imposta, ma avrebbe esigenze economiche e commerciali costituite dalla necessità di C. di conservare le proprie quote di mercato, praticando un prezzo concorrenziale.

4.7. Orbene, non è revocabile in dubbio che la sussistenza di un comportamento abusivo di C. passi attraverso la valutazione di un elemento oggettivo, costituito dal vantaggio non altrimenti giustificabile conseguito dalla società contribuente, e di un elemento soggettivo, costituito dalla volontà di aggirare le norme unionali (cfr., tra le tante, con ampi richiami alla giurisprudenza unionale, Cass. n. 10883 del 18/04/2019).

4.8. Tuttavia, nel caso di specie, la CTR, tenuto conto degli elementi acquisiti agli atti di causa, ha evidenziato che C. è intervenuta in maniera irregolare nell’allora vigente sistema di contingentamento della importazione delle banane, usufruendo in maniera surrettizia del regime tariffario agevolato mediante aggiramento delle normative in materia e utilizzazione dei certificati AGRIM nella disponibilità di altri operatori del settore, così sostanzialmente violando la ratio legis ed acquisendo vantaggi fiscali indebiti.

4.9. Trattasi di un accertamento in fatto, e la ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).

5. In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della controversia di euro 4.472.990,34.

5.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate in euro 23.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 30/05/2024.