1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 4, d. lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (TUA), nonché dell’art. 10- bis e 21-octies l. 7 agosto 1990, n. 241, per avere la sentenza impugnata – confermando la sentenza di primo grado – ritenuto che la mancanza di PVC conclusivo delle indagini, asseritamente prescritto dall’art. 19, co. 4 del T.U.A., integrasse violazione del diritto di difesa e renderebbe nullo il successivo atto di diniego. Osserva parte ricorrente che l’obbligo di instaurare un contraddittorio preventivo sussiste solo in caso di accertamento di maggiori imposte, laddove nel caso di specie vi è unicamente il diniego di una pretesa di parte contribuente. Deduce, inoltre, parte ricorrente come il contribuente non abbia enunciato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede amministrativa.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice di appello non ha esaminato il motivo di appello con il quale si denunciava la nullità della sentenza per difetto di motivazione, per non avere riconosciuto valore alla comunicazione dei motivi ostativi di cui all’art. 10-bis l. n. 241/1990.
3. Il primo motivo è fondato.
Dispone l’art. 19, comma 4 TUA, nella formulazione pro tempore «nel rispetto del principio di cooperazione di cui all'articolo 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, anche per le ipotesi in cui sono esaminati in ufficio atti e dichiarazioni, entro sessanta giorni dalla notificazione del processo verbale di constatazione al destinatario, quest'ultimo può comunicare all'ufficio dell'Agenzia procedente osservazioni e richieste che, salvi i casi di particolare e motivata urgenza, sono valutate dallo stesso ufficio prima della notificazione dell'avviso di pagamento di cui all'articolo 15 del presente testo unico e dell'atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni di cui agli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472». La formulazione della norma prevede, in caso di accertamento di maggiori imposte, la contestazione preventiva da parte dell’Ufficio di un PVC, a seguito del quale il contribuente ha a disposizione il termine dilatorio di sessanta giorni.
4. Che si tratti di PVC strumentale all’accertamento di maggiori imposte lo si ricava sia dal rinvio all’art. 12 l. n. 212/2000, ancorché mediato dal riferimento al principio di cooperazione, sia dall’espresso riferimento alla strumentalità del PVC ad atti di recupero di imposte non versate, quali l’avviso di pagamento ex art. 15 TUA, nonché gli atti consequenziali (atti di contestazione o irrogazione sanzioni correlati ai tributi cui si riferiscono). Per l’inoltro del PVC deve, pertanto, configurarsi un successivo atto accertativo a carico del contribuente con cui gli vengono imputati maggiori imposte non versate, che nella specie fa difetto.
5. Tale soluzione è coerente con il postulato secondo cui in tema di rimborso delle imposte, il contribuente che impugni il rigetto dell'istanza riveste la qualità di attore in senso sostanziale, per cui è il contribuente che ha l'onere di allegare e provare gli elementi costitutivi della pretesa (Cass., Sez. V, 3 luglio 2023, n. 18644), ancorché si tratti Corte di Cassazione - copia non ufficiale N. 10123/23 R.G. Est. F. D’Aquino 5 di 6 di tributi armonizzati (Cass., Sez. V, 5 novembre 2011, n. 28333). In questa prospettiva, imporre un contraddittorio all’Ufficio circa le ragioni del diniego di rimborso non incide sull’obbligo di motivare una pretesa impositiva ma, al più, sulle ragioni da far valere in sede giudiziale.
6. In secondo luogo, le ragioni dell’Amministrazione finanziaria non necessariamente devono essere esposte in sede amministrativa per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, il diniego dell’Ufficio non deve necessariamente essere espresso, potendo essere tacito (art. 21, comma 2 e 19, lett. g) d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) e, quindi, immotivato.
In secondo luogo, la natura dell’Amministrazione finanziaria di convenuto sostanziale in sede di controversia di rimborso di imposte non cristallizza, neanche per quest’ultima, le ragioni del contenzioso, potendo l’Ufficio in sede giurisdizionale esercitare la facoltà di controdeduzione di cui all'art. 23 d.lgs. n. 546/1992 sulla base di argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle che hanno formato la eventuale motivazione di rigetto della istanza in sede amministrativa (Cass., Sez. VI, 2 settembre 2022, n. 25999; Cass., Sez. VI, 28 gennaio 2020, n. 1906; Cass., Sez. V, 29 ottobre 2020, n. 23862; Cass., Sez. V, 9 settembre 2016, n. 17811). Non è, pertanto, imposto all’Ufficio di esporre preventivamente, a seguito di una domanda di rimborso di maggiori accise dovute, le ragioni del diniego in un PVC ai fini dell’attivazione del contraddittorio preventivo con il contribuente.
7. Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «In caso di rigetto di istanza di rimborso di maggiori accise indebitamente versate, l’Ufficio che contesti i presupposti per il rimborso non è tenuto a contestare preventivamente al contribuente le ragioni del diniego con processo verbale di constatazione a termini dell’art. 14, comma 4, d. lgs. n. 504/1995».
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio. Il primo motivo va, pertanto, accolto con assorbimento del secondo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, in data 28 maggio 2024