Con un’unica, articolata censura, la contribuente assume la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., degli artt. 2948 c.c. e 20, co. 3, del D.lgs. 472/1997, sotto il profilo dei termini di prescrizione da applicarsi alle sanzioni previste sul tributo (imposte dirette) non versato, agli interessi di ritardata iscrizione, agli interessi di mora e agli oneri di riscossione, e, sempre nel medesimo contesto, della violazione del comma 161, articolo unico, della L. 296/2006 e dell’art. 2948, n. 4, c.c. per quanto attiene ai termini di prescrizione del tributo ICI; denuncia, inoltre, la motivazione perché omessa e/o apparente “laddove rimane preclusa ogni possibilità di comprendere le ragioni dell’enunciato”.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità posto che le diverse doglianze sono partitamente enucleabili nell’unico motivo. Nel merito, il motivo è fondato nei termini che seguono. Va escluso, in primo luogo, che la motivazione sia apparente: la CTR ha esaminato in termini analitici le singole imposte, individuando i termini prescrizionali applicabili, tenendo altresì conto degli eventuali atti interruttivi intervenuti, sicché la motivazione, lungi dall’esser apparente, risulta congrua e idonea spiegare le ragioni e il percorso logico seguito. Va escluso, in secondo luogo, che sia maturata la prescrizione per i tributi locali, avendo la CTR, con accertamento in fatto in sé non censurabile, verificato il compimento di atti interruttivi, individuando esattamente le annualità per le quali la prescrizione era maturata e quelle per le quali restava esclusa, sicché la doglianza, in parte qua, è inammissibile. È invece fondata la doglianza quanto agli interessi e alle sanzioni. La CTR ha operato, ai fini del computo della prescrizione, un’incongrua mescolanza fra il credito dovuto in relazione ai singoli tributi e i distinti crediti correlati, per un verso, agli interessi, per altro verso, agli oneri di riscossione, per altro verso ancora, alle sanzioni.
In tal modo il giudice si è posto in contrasto con il consolidato indirizzo di questa Corte, ad tenore del quale, in caso di notifica di cartella di pagamento avente ad oggetto crediti per sanzioni e non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria relativa alle sanzioni e agli interessi è quello quinquennale, così come previsto per le sanzioni, dall'art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass. n. 7486 del 2022; Cass. n. 16099 del 2011), decorrendo la prescrizione dall'iscrizione a ruolo del credito, ossia dall'emissione dell'atto di irrogazione della (allora) soprattassa (Cass. 7 novembre 2011, n. 20600).
Tale principio è stato ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U., n. 23397 del 2016), secondo cui le sanzioni – come alcuni tributi non erariali – hanno prescrizione quinquennale e possono, al più, beneficiare dell’effetto dell’allungamento delle prescrizioni brevi in forza dell’actio iudicati a termini dell’art. 2953 c.c. Questo principio è ben radicato nella giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto esaustiva la disciplina prescrizionale di diritto speciale prevista dall’art. 20 d.lgs. n. 472/1997, stante il carattere speciale dell’illecito tributario (Cass. n. 12989 del 2000).
Questa disciplina speciale della prescrizione in materia di sanzioni tributarie è stata da questa Corte ritenuta conforme al sistema e alle norme di contabilità pubblica, essendosi in particolare osservato che la disciplina speciale rispetto a quella di diritto comune trova “fondamento nei vincoli di competenza del bilancio della Stato, in forza dei quali l'amministrazione finanziaria deve potere, almeno per grandi linee, programmare e prevedere per ciascun anno il gettito fiscale ed i tempi della riscossione, tenendo conto anche delle proprie risorse di uomini e mezzi (bilancio di previsione)” (Cass., Sez. Un., n. 25790 del 2009; conf. Cass. n. 16730 del 2016). Peraltro, la generalizzata durata quinquennale obbedisce anche a esigenze di certezza e di tutela del contribuente, in ordine ai tempi di irrogazione della sanzione stessa.
Soccorre sul tema, inoltre, l’interpretazione erariale (Circolare Min. Finanze del 10 luglio 1998 n. 180), secondo cui il diritto alla riscossione delle sanzioni, quali che siano gli atti di contestazione o di irrogazione, si prescrive nel termine di cinque anni (“il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni”). Il regime prescrizionale, in quanto generalizzato per qualunque provvedimento sanzionatorio, non può, pertanto, essere limitato alle sole sanzioni non contestuali all’atto impositivo e costituisce principio generale dell’ordinamento tributario.
Gli interessi relativi alle obbligazioni tributarie si pongono in rapporto di mera accessorietà rispetto a queste ultime unicamente nel momento genetico, atteso che, una volta sorta, l'obbligazione di interessi acquista una propria autonomia in virtù della sua progressiva maturazione, uniformandosi, pertanto, quanto alla prescrizione, al termine quinquennale previsto, in via generale, dall'art. 2948, n. 4, c.c., che prescinde sia dalla tipologia degli interessi sia dalla natura dell'obbligazione principale (Cass. n. 2095 del 2023). il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria relativa alle sanzioni ed agli interessi è, in ultima analisi, quello quinquennale, così come previsto, rispettivamente, per le sanzioni, dal su evocato art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 e, per gli interessi, dall'art. 2948, comma 1, n. 4, c.c. (Cass. n. 7486 del 2022; nel medesimo senso v. Cass. n. 31901 del 2019). Il ricorso va, in ultima analisi, accolto nei termini di cui in motivazione e la causa rinviata per un nuovo esame alla luce dei principi sopra riassunti alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria del 12