Giu il negozio concluso per attribuire una posizione individuale di vantaggio a uno dei partecipanti a una futura procedura competitiva è nullo per illiceità della causa
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 10 ottobre 2023 N. 28365
Massima
il negozio concluso per attribuire una posizione individuale di vantaggio a uno dei partecipanti a una futura procedura competitiva è nullo per illiceità della causa, perché contrasta con il principio ( di ordine pubblico economico e consacrato in norme di carattere imperativo espressive delle basilari regole di correttezza che devono necessariamente governare le relazioni di mercato) desumibile dall’art. 107 l. fall., di necessaria garanzia dell'uguaglianza e della parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti a una gara volta alla liquidazione di un bene nell’ambito di una procedura concorsuale; di conseguenza, chiunque ha interesse a far valere una nullità negoziale che derivi dalla violazione di tale principio fondante le procedure competitive di liquidazione dell’attivo concorsuale, domandando la sospensione delle operazioni di vendita ai sensi dell’art. 108, comma 1, l. fall..

Casus Decisus
1. Il giudice delegato al fallimento di A. s.a.s. di Plescia Carlo & c. veniva a conoscenza, su segnalazione di Pasquale T., che prima dell’espletamento della gara per la vendita di un lotto dell’attivo fallimentare (costituito da un fondo agricolo con beni strumentali) uno dei partecipanti, la C. società agricola s.r.l., poi dichiarata aggiudicataria, e la società occupante il terreno in forza di un contratto di affitto agrario (con scadenza al 2039) avevano stipulato un accordo secondo cui l’affittuaria avrebbe rilasciato il fondo a seguito e a condizione che l’aggiudicazione fosse avvenuta in favore della stessa C.. Disponeva, di conseguenza, l’annullamento della procedura di vendita, poiché un simile negozio aveva influito obiettivamente sul regolare svolgimento della gara, dato che uno degli offerenti aveva fatto conto di poter comprare un terreno libero da vincoli, mentre gli altri, ignari ed estranei all’accordo, erano stati condizionati dall’opponibilità di un contratto che limitava la disponibilità del fondo fino al 2039. 2. Il provvedimento, reclamato da C. s.r.l., veniva parzialmente riformato dal Tribunale di Foggia, il quale condivideva le doglianze della reclamante in ordine al fatto che l’art. 108, comma 1, l. fall. non consente al giudice delegato di annullare la vendita, ma solo di sospenderla, in presenza di gravi e giustificati motivi. Il tribunale reputava, tuttavia, che Pasquale T., persona che aveva presentato al G.D. l’istanza ex art. 108, comma 1, l. fall., fosse legittimato a domandare la sospensione della vendita, poiché fra i soggetti interessati contemplati da tale norma rientrano anche i potenziali offerenti che non siano stati adeguatamente informati 3 di 12 delle operazioni di liquidazione nonché i possibili partecipanti a eventuali licitazioni e gare. Riteneva che nel caso di specie il giudice delegato avesse correttamente esercitato il proprio potere (seppur oltre i limiti previsti dall’art. 108 l. fall.), dato che si era verificata una mancanza di libera concorrenza fra gli offerenti per l’individuazione dell’acquirente; l’accordo intervenuto fra C. s.r.l. e la società affittuaria del fondo posto in vendita, infatti, aveva influito sul regolare svolgimento della gara, alterando le condizioni di alienazione a favore di un solo potenziale partecipante all’asta e a detrimento di ogni altro eventuale partecipante; in questo modo era stata preclusa la possibilità tanto di presentare offerte a un prezzo maggiore di quello proposto, quanto di sviluppare la gara con rilanci allo scopo di realizzare il massimo valore pecuniario possibile. Revocava di conseguenza, a parziale modifica del decreto impugnato, la pronuncia di annullamento della vendita, disponendo, ai sensi dell’art. 108, comma 1, l. fall., la sospensione della medesima. 3. Tenute S. società agricola s.r.l. (già C. società agricola s.r.l.), ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, pubblicato in data 11 febbraio 2022, prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il Fallimento di A. s.a.s.. L’intimato Pasquale T. non ha svolto difese. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 10 ottobre 2023 N. 28365 Cristiano Magda

4. È opportuno osservare - a fronte delle contestazioni sollevate dalla ricorrente in memoria, circa il fatto che il Fallimento possa assumere, in questa sede, la veste di controricorrente pur non avendo partecipato al giudizio di reclamo – che l’art. 26, comma 8, l. fall. 4 di 12 prevede espressamente che il ricorso sia notificato, a cura del reclamante, al curatore. Non vi è dubbio, quindi, che nel procedimento di reclamo ex art. 26 l. fall. il curatore, quale controparte- individuata dalla legge- del reclamante, sia contraddittore necessario (v. Cass. 6710/2009) e che pertanto - indipendentemente dal fatto che si sia costituito in sede di merito o che, come accaduto nel caso in esame, sia in detta sede rimasto contumace - sia parte necessaria, ex art. 331 cod. proc. civ., anche del giudizio di legittimità, nel quale ha diritto a contraddire. Ciò, peraltro, non esime il collegio dal rilevare d’ufficio l’inammissibilità del controricorso del Fallimento, depositato il 14 novembre 2022, ben oltre il termine previsto dall’art. 370, comma 1, cod. proc. civ., decorrente dalla data di notificazione del ricorso, nella specie eseguita il 7 aprile 2022. L’inammissibilità del controricorso tardivo preclude l'esame dell’atto e di eventuali memorie ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. (Cass. 6563/2017), rendendo di conseguenza superflua la verifica dell’avvenuta comunicazione della fissazione dell’adunanza camerale al controricorrente.

5.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 108 l. fall., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.: il tribunale – a dire del ricorrente – ha erroneamente ritenuto che Pasquale T. rientrasse fra gli “altri interessati” a cui l’art. 108, comma 1, l. fall. attribuisce la legittimazione a presentare istanza di sospensione delle operazioni di vendita, sulla base delle sue sole dichiarazioni di volersi avvantaggiare dell’accordo intercorso fra C. s.r.l. e la società affittuaria, ma in mancanza di alcuna effettiva dimostrazione di un concreto interesse alla procedura competitiva. I giudici di merito, attraverso una simile interpretazione, avrebbero erroneamente ampliato la categoria degli “altri interessati” prevista dalla norma in discorso, facendola divenire una categoria aperta in cui può essere incluso chiunque manifesti un astratto interesse a partecipare alla gara, per di più solo dopo che la stessa si è conclusa. 5.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 108 l. fall. e 112 cod. proc. civ., perché il Tribunale di Foggia ha del tutto omesso di pronunciare su un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla circostanza che il provvedimento del giudice delegato era stato assunto senza la preventiva acquisizione del parere del comitato dei creditori. 5.3 Il terzo motivo deduce, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 41 Cost., 1372, comma 3, 1322, comma 2, 1343, 1344, 1345, 1346, 1354, comma 1, cod. civ. e 108 l. fall.. La ricorrente lamenta l’erroneità della conclusione cui è giunto il Tribunale di Foggia, là dove ha ravvisato, al pari del giudice delegato, i “gravi e giustificati motivi” che legittimano la sospensione delle operazioni di vendita nell’accordo da essa concluso con Capitanata Agricola s.r.l., che avrebbe influito sul regolare svolgimento della gara. Rileva, sotto un primo profilo, che il provvedimento di sospensione della gara previsto dall’art. 108, comma 1, l. fall. può essere legittimamente adottato solo a condizione che “il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato”, mentre nel caso di specie il T. non solo non aveva dimostrato nulla in questo senso, ma aveva ritenuto di poter profittare di una convenzione che, quale res inter alios acta, produceva effetti soltanto fra i partecipanti al negozio e non verso terzi. Osserva, per altro verso, che detta convenzione non aveva affatto modificato lo stato di possesso e la condizione del bene illustrati nel bando di gara, né aveva influito sulle modalità di svolgimento della 6 di 12 stessa, avendo l’esclusiva finalità di regolamentare, preventivamente, i rapporti fra i soggetti che l’avevano sottoscritta nel caso in cui si fosse verificata la condizione che ne sospendeva l’efficacia. Il tribunale, al pari del giudice delegato, nel momento in cui ha ritenuto indubbio che la convenzione in discorso avesse influito sul regolare svolgimento delle offerte, avrebbe così affermato – in tesi - un principio abnorme, confondendo la libertà degli incanti, il cui espletamento deve essere garantito a parità di condizioni, con gli interessi dei singoli, di natura diversa e non equiparabili fra loro: la convenzione non integrava gli elementi di un reato, non era illecita sotto un profilo civilistico e neppure avrebbe influito sulla partecipazione dei terzi alla gara.

6. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, risultano il secondo inammissibile, gli altri infondati.

6.1 Questa Corte ha evidenziato, in una molteplicità di occasioni (cfr. Cass. 6083/2023, Cass. 24570/2018, Cass. 11171/2015), che la tutela della trasparenza delle operazioni di vendita costituisce uno dei principi generali portanti delle riforme del processo esecutivo che si sono susseguite a partire dal 2006. In particolare, si è ritenuto che le condizioni di vendita fissate dal giudice dell'esecuzione debbano essere rigorosamente rispettate, a garanzia dell'uguaglianza e parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell'affidamento da ciascuno di loro riposto nella trasparenza e complessiva legalità della procedura, per cui la loro violazione comporta l'illegittimità dell'aggiudicazione (Cass. 9255/2015).

6.2 L’esecuzione collettiva si fonda sui medesimi principi. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte, Cass. 21007/2022 e i richiami ivi contenuti), la discrezionalità spettante al curatore nella scelta tra le modalità di liquidazione, pur 7 di 12 comportando, in caso di ricorso a una procedura competitiva, la sottrazione alla rigorosa osservanza delle forme previste dal codice di rito (Cass. 21645/2011), non lo dispensa dal rispetto di regole minime di correttezza e trasparenza, comuni a tutte le procedure di gara e normalmente consacrate nell'avviso di vendita, aventi la finalità di garantire non solo la più ampia partecipazione possibile alla competizione, in vista del raggiungimento del miglior risultato economico, ma anche la massima informazione degli interessati, attraverso un adeguato sistema di pubblicità (Cass. 22383/2019, Cass. 27667/2011), e la posizione di parità tra gli offerenti, nonché la tutela dell'affidamento da ciascuno di essi riposto in ordine al regolare svolgimento della gara, il quale esige innanzitutto l'immutabilità delle condizioni fissate nell'avviso di vendita (Cass. 32136/ 2019, Cass. 9255/2015).

6.3 La necessaria competizione nell'ambito di una procedura pubblica di dismissione del bene, che muova dal suo prezzo di stima e favorisca la massima informazione e partecipazione di tutti i soggetti interessati al fine di assicurare il conseguimento del maggior risultato possibile e con esso la miglior soddisfazione dei creditori, rappresenta, perciò, il coacervo di regole ineludibili che presiedono la liquidazione dell’attivo, a mente dell’art. 107, comma 1, l. fall.. Costituisce logico corollario di queste regole il fatto che la gara si svolga in uno stato di reale uguaglianza e parità fra tutti gli interessati, poiché nessuna effettiva competizione (finalizzata al massimo risultato e a seguito della maggiore partecipazione possibile) può verificarsi quando gli stessi partecipino all’asta a differenti condizioni. Questo effettivo stato di parità assicura la trasparenza e la legalità a cui deve informarsi la procedura competitiva di liquidazione del bene e, nel contempo, costituisce il fondamento dell’affidamento che ciascuno dei potenziali partecipanti deve poter nutrire sul regolare e leale svolgimento della gara (oltre che la ragione di attrattiva alla partecipazione ad essa).

6.4 E’ evidente, quindi, che un contratto concluso prima della gara e volto ad attribuire - attraverso il meccanismo della condizione sospensiva dipendente dall’aggiudicazione e a beneficio di un unico partecipante – una posizione individuale di favore (nel caso di specie la disponibilità del bene posto in vendita libero dai vincoli che derivavano dagli effetti di un contratto di godimento su di esso gravante) costituisca un negozio viziato in ragione dell’illiceità della sua causa. Un simile negozio, infatti, ha come propria causa concreta (causa che definisce lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione; cfr. Cass. Sez. U., 4224/2017) quella di vanificare le regole imperative che costituiscono la precipua trama delle vendite concorsuali al fine di attribuire una posizione di vantaggio a uno dei soggetti interessati alla gara a discapito degli altri. In altri termini, non è possibile arrivare in gara in condizioni negoziali di maggiore competitività in precedenza procurate, perché l’unica competizione possibile fra gli interessati è quella che si verifica, pubblicamente, durante e all’interno della procedura di liquidazione, attraverso il meccanismo dei rialzi; di conseguenza, il negozio che attribuisca una posizione di vantaggio a uno dei partecipanti a una futura procedura competitiva è nullo, perché contrasta con il principio di necessaria garanzia dell'uguaglianza e della parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti a una gara volta alla liquidazione di un bene nell’ambito di una procedura concorsuale.

6.5 Il disposto dell’art. 108, comma 1, l. fall. prevede che il giudice delegato può sospendere le operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati. 9 di 12 Il tribunale ha correttamente riconosciuto in capo al T. la legittimazione a presentare istanza di sospensione delle operazioni di vendita, malgrado questi non avesse concretamente partecipato alla procedura competitiva. Le norme imperative che presiedono lo svolgimento delle procedure competitive di liquidazione dell’attivo, infatti, hanno natura di norme di ordine pubblico economico, perché esprimono basilari regole di correttezza che devono necessariamente governare le relazioni di mercato. Da una simile natura discende il riconoscimento a chiunque dell’interesse a far valere una nullità negoziale che derivi dalla violazione dei princìpi fondanti le procedure competitive ed a notiziare il giudice perché questi sospenda le operazioni di vendita.

6.6 A corollario delle considerazioni appena svolte, va enunciato il seguente principio di diritto: il negozio concluso per attribuire una posizione individuale di vantaggio a uno dei partecipanti a una futura procedura competitiva è nullo per illiceità della causa, perché contrasta con il principio ( di ordine pubblico economico e consacrato in norme di carattere imperativo espressive delle basilari regole di correttezza che devono necessariamente governare le relazioni di mercato) desumibile dall’art. 107 l. fall., di necessaria garanzia dell'uguaglianza e della parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti a una gara volta alla liquidazione di un bene nell’ambito di una procedura concorsuale; di conseguenza, chiunque ha interesse a far valere una nullità negoziale che derivi dalla violazione di tale principio fondante le procedure competitive di liquidazione dell’attivo concorsuale, domandando la sospensione delle operazioni di vendita ai sensi dell’art. 108, comma 1, l. fall..

6.7 Il disposto dell’art. 108, comma 1, l. fall. prevede due distinte evenienze, l’una riguardante la possibilità di sospendere le operazioni di vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi, l’altra concernente la possibilità di impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato. Il contenuto letterale della norma dimostra che la prima ipotesi, di portata più ampia della seconda, delinea un generale potere per il giudice delegato di sospendere le operazioni di vendita in presenza di gravi e giustificati motivi, evenienza in cui rientra, di certo, il rilievo di ogni vizio di legittimità, per violazione delle norme di ordine pubblico economico appena richiamate, che infici il procedimento di vendita dei beni rientranti nell’attivo fallimentare. La seconda ipotesi riguarda, invece, il potere del giudice delegato di impedire il perfezionamento della vendita, in ragione di una valutazione di inadeguatezza, in termini di notevole inferiorità, del prezzo di aggiudicazione rispetto a quello "giusto, avuto riguardo ai valori di mercato” in un determinato ambito geografico, all'epoca in cui la procedura competitiva è stata espletata (Cass. 19604/2022). La questione della legittimità dell’aggiudicazione per violazione delle norme imperative che presiedono lo svolgimento della procedura competitiva non comporta una valutazione (tecnica ed economica) dell’adeguatezza del prezzo di aggiudicazione, ma un apprezzamento della legalità della gara (che può semmai avere, quale conseguenza, anche l’individuazione di un prezzo incongruo).

Va perciò escluso che, in linea generale, il potere di sospensione sia esercitabile solo per ragioni riconnesse all’entità del prezzo di aggiudicazione, come sostiene la ricorrente, o che nel caso di specie si ricadesse nella seconda ipotesi prevista dalla norma, dato che il tribunale era chiamato a valutare non se il prezzo offerto fosse giusto, ma se la condotta dell’aggiudicataria avesse provocato un’illecita interferenza nello svolgimento della procedura competitiva. Giova, infine, osservare che tale potere di sospensione delle “operazioni di vendita” deve essere inteso come esercitabile durante l’intero corso della fase della vendita, che ha inizio dopo l'emissione del provvedimento con cui sono stabilite la data e le modalità della vendita e si conclude con l'atto di trasferimento che fa seguito all’aggiudicazione. Ciò non solo per generali ragioni di coerenza di sistema, tenuto conto di quanto previsto in materia di esecuzione individuale dall’art. 586 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 24913/2023), ma anche perché deve essere riconosciuto al giudice delegato, fino alla conclusione della fase della vendita, il potere di porre rimedio, attraverso la sospensione, a ogni effetto derivante dall'inosservanza delle regole di correttezza e trasparenza che presiedono lo svolgimento della gara (la cui violazione comporta l'alterazione dello sviluppo della procedura e si traduce in un’illegittimità dell'aggiudicazione, che determina a sua volta l'invalidità derivata dell'atto conclusivo del procedimento di vendita; cfr. Cass. 21007/2022, § 5).

6.8 La norma in discorso stabilisce che il potere di sospensione va esercitato “previo parere del comitato dei creditori”. In mancanza di alcuna ulteriore indicazione si deve ritenere che la disposizione preveda l’acquisizione di un atto meramente consultivo, e non vincolante, al fine di offrire al giudice delegato valutazioni di merito o di opportunità (non certo di legittimità, che sono appannaggio dell’organo giurisdizionale). Questa limitata finalità e, soprattutto, la mancata previsione di alcuna conseguenza in termini di nullità in caso di assenza del parere (ai sensi dell’art. 156, comma 1, cod. proc. civ.) impediscono di ritenere che il provvedimento di sospensione possa rimanere in qualche modo pregiudicato dall’omessa preventiva acquisizione del parere del comitato dei creditori. La mancata pronuncia da parte del giudice di merito sull’eccezione sollevata a questo proposito risulta, perciò, priva di decisività. Occorre rilevare, peraltro, non solo che il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (Cass. 25154/2018), ma anche che nel caso di specie il comitato dei creditori non era stato costituito (come emerge dal contenuto del provvedimento di revoca del curatore e nomina di un nuovo curatore adottato dal tribunale in data 28 settembre 2022, atto che questa Corte può esaminare, in presenza della denuncia di un error in procedendo, quale giudice del fatto processuale) e non poteva perciò esprimere alcun parere.

7. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto. 7.1 Non v’è luogo alla pronuncia sulle spese, attesa l’inammissibilità del controricorso (Cass. 22269/2010).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara inammissibile il controricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 15 giugno 2023 e, a seguito di