2.1. – Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 166 e 167 c.p.c.: l’A.S. doveva ritenersi decaduta dall’eccezione di prescrizione, non rilevabile d’ufficio, per averla sollevata in via generica e senza l’indicazione del dies a quo nella comparsa di risposta, ed aver solo tardivamente documentato il fatto – escussione del pegno in data 11/02/2000 -sulla cui base l’eccezione era stata accolta.
2.2. – Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c., per avere la corte d’appello fondato la decisione su un fatto (data di accredito sul c/c delle somme rinvenienti dallo smobilizzo del pegno) documentato dalla procedura di A.S. solo nella seconda memoria istruttoria.
2.3. – Il terzo mezzo denuncia violazione dell’art. 2935 c.c., in riferimento agli artt. 2871 e 1203 c.c.. La ricorrente deduce che (a differenza che nel rapporto tra più fideiussori, in cui il coobbligato escusso non può ignorare la data dell’escussione da cui decorre la prescrizione) il termine di prescrizione dell’azione di rivalsa del terzo datore di pegno non può iniziare a decorrere prima che questi sappia di aver “pagato”, in forza di apposita quietanza di pagamento, e che pertanto la comunicazione dell’avvenuta escussione della garanzia integra un fatto costitutivo del diritto, non già un impedimento di mero fatto; contesta quindi che essa fosse tenuta ad attivarsi dopo aver ricevuto da CariGE la prima comunicazione del 03/02/2020, la quale costituiva un semplice avviso, dato che l’escussione del pegno non era subordinata alla revoca del fido, ma solo al successivo ed eventuale mancato pagamento da parte della debitrice, che sarebbe ancora potuto intervenire.
2.4. – Il quarto motivo allega un vizio di motivazione, per omessa considerazione del contenuto della lettera del 15/02/2020.
3. – Il primo motivo è infondato e il secondo inammissibile.
3.1. – Circa l’infondatezza del primo motivo è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza di questa Corte per cui, ai fini della valida proposizione dell'eccezione di prescrizione, è sufficiente che la parte ne alleghi il fatto costitutivo, ossia l'inerzia del titolare, senza che rilevi l'erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (Cass. Sez. U, 10955/2002; Cass. 30303/2021, 15631/2016).
3.2. – Quanto all’inammissibilità del secondo mezzo, la questione non risulta dedotta in appello, e, quand’anche dedotta, non è stata esaminata dalla corte territoriale, sicché la ricorrente avrebbe semmai dovuto denunziare un vizio di omessa pronuncia.
4. E’ invece fondato il terzo motivo, non essendo condivisibile l’affermazione del giudice d’appello secondo cui il terzo datore di pegno, solo perché allertato dal creditore sulle difficoltà in cui versa il debitore, avrebbe “l’onere di informarsi” sul momento esatto in cui questi deciderà di escutere la garanzia reale, considerato, per un verso, che il suo diritto di rivalsa non potrebbe nemmeno essere azionato prima che il creditore abbia effettivamente riscosso il ricavato dalla vendita dei beni oggetto del pegno e, per l’altro, che non è detto che a tale informazione egli possa accedere agevolmente in via autonoma, laddove essa pertenga a un rapporto negoziale tra creditore e debitore (come il rapporto di c/c), cui egli è estraneo. Non risponde dunque a logica, prima ancora che a diritto, affermare che il terzo datore di pegno abbia la possibilità giuridica di esercitare l’azione di rivalsa prima di aver avuto certezza, tramite quietanza o altro atto equivalente del creditore, non solo che questi sia stato effettivamente pagato, ma anche in quale misura, con ciò che ne deriva ai fini della prescrizione dell’azione.
4.1. – In linea generale, con la costituzione di un proprio bene in pegno il terzo assume una obbligazione senza debito, poiché il creditore del debitore originario non diventa anche suo creditore, né egli assume la veste di obbligato solidale (Cass. 7978/2011). A seguito della prestazione della garanzia reale, all'originario rapporto contrattuale tra il debitore principale e il creditore si affianca un autonomo rapporto contrattuale tra il terzo 6 di 9 datore di pegno e il creditore, senza che si origini un’obbligazione solidale tra debitore e terzo datore. Rispetto alle garanzie personali, le differenze sono molteplici e foriere di effetti. In particolare, mentre il fideiussore assume la contitolarità passiva dell’obbligazione ed è tenuto ad adempierla in favore del creditore garantito solo a fronte dell'inadempimento del debitore principale, il terzo datore di pegno non assume alcuna obbligazione se non quella di “dare” il proprio bene, ancor prima che si verifichi l'inadempimento del debitore principale, affinché su di esso possa eventualmente soddisfarsi il creditore di quest’ultimo. Per quanto rileva in questa sede, la prelazione pignoratizia comporta dunque l’adempimento di un debito altrui, che non si realizza mediante un atto di pagamento del garante (come avviene invece nella fideiussione e comunque nelle obbligazioni solidali, ove dal pagamento del condebitore scaturisce il suo diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori), bensì mediante la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene costituito in pegno (nel caso di specie, con la vendita dei titoli), attraverso il prelievo della somma dovutagli e il conseguente pagamento, totale o parziale, del debito originario (Cass. 17477/2012, 17046/2016).
4.2. – Sul piano esecutivo, l’art. 2797 c.c. prevede, in tema di pegno regolare che prima di procedere alla vendita del bene costituito in pegno il creditore, a mezzo di ufficiale giudiziario, deve intimare al debitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che in mancanza si procederà alla vendita; l'intimazione deve essere notificata anche al terzo che abbia costituito il pegno; entro 5 giorni costoro possono proporre opposizione alla vendita, non solo per vizi procedurali, ma anche per sollevare eccezioni di merito relative al rapporto obbligatorio a garanzia del quale fu concesso il pegno, ex art. 615 c.p.c. (Cass. 27277/2008); se entro 5 giorni dall'intimazione non è proposta opposizione o se questa è rigettata, il creditore può far vendere la cosa al pubblico incanto o, se la cosa ha un prezzo di mercato, anche a prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata.
4.3. – Tale disciplina è però derogabile dalle parti, le quali possono non solo convenire forme diverse da quelle prescritte per la vendita (cfr. Cass. Sez. U, 1333/1976, per cui la notificazione a mezzo ufficiale giudiziario può essere surrogata da altro mezzo che consenta comunque la certezza di ricezione del destinatario), ma anche – più radicalmente – dispensare il creditore dall'intimazione al debitore e al terzo garante, oltre che dal rispetto del termine per l'opposizione, il cui unico scopo consiste quindi nel consentire al debitore e al terzo datore del pegno di adempiere spontaneamente o di opporsi alla vendita, senza che l'omissione di tali forme faccia venir meno la riferibilità della vendita alla realizzazione della garanzia pignoratizia, purché essa sia il risultato dell'accordo intervenuto in proposito tra le parti per il soddisfacimento del creditore (Cass. 13998/2008; conf. Cass. 8721/2011, secondo cui l'accordo intervenuto tra una banca ed il terzo datore di pegno per la vendita di titoli dati in garanzia e il trasferimento del ricavato sul conto corrente del debitore principale, a riduzione del debito garantito, non comporta lo spossessamento della cosa data in garanzia e l'estinzione del pegno, con conseguente irrevocabilità del pagamento a seguito del fallimento del terzo garante).
4.4. – In ogni caso, con riguardo alla posizione del terzo datore di pegno, la dottrina più avvertita segnala che il creditore pignoratizio dovrebbe procedere alla vendita usando il grado di comune diligenza nell'interesse del primo, cui dovrebbe anche il rendiconto e la rimessa dell'eventuale residuo del prezzo ricavato. Difatti, mentre nel caso dell'espropriazione forzata il terzo datore di pegno è parte del procedimento espropriativo e quindi acquisisce sicuramente conoscenza dell'estinzione dell'obbligazione per effetto della vendita, qualora il creditore proceda alla vendita ai sensi dell'art. 2797 c.c. il terzo datore di pegno viene semplicemente avvertito dell’intimazione rivolta al debitore, senza che ciò gli attribuisca conoscenza del momento della vendita.
4.5. – E’ solo dal pagamento del creditore garantito, realizzato nelle forme appena viste, che origina il diritto di rivalsa del terzo datore di pegno verso il debitore principale, o la surrogazione di diritto ex art. 1203 n. 3 c.c. (Cass. 6073/1985, 8 di 9 18522/2007), la quale ha luogo «a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo».
4.6. – Quando questa Corte – proprio in forza del principio per cui «la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere» (art. 2935 c.c.) – ha affermato che, nelle obbligazioni solidali ex art. 2055 c.c., la prescrizione del diritto di regresso deve decorrere dal pagamento, e non dal giorno dell'evento dannoso (Cass. 21056/2004, 25698/2019), così come nel patto di manleva il diritto di rivalsa non può decorrere prima che il manlevato abbia subito le conseguenze patrimoniali negative oggetto del cd. patto di manleva (Cass. 37709/2021), lo ha fatto con riferimento a ipotesi nelle quali colui che intende agire in regresso o rivalsa è sicuramente a conoscenza del pagamento (per averlo personalmente effettuato) ovvero delle conseguenze patrimoniali negative (per averle direttamente subite).
4.7. – Nel caso dell’escussione del pegno, invece, la stessa struttura del contratto, che si perfeziona con la consegna del bene, fa sì che il terzo datore, avendolo consegnato al creditore, non è in condizione di percepire autonomamente – al di fuori, cioè, di un’informazione datagli dal creditore o da altri – il momento in cui questi ha proceduto alla vendita del bene (in cui pure, in astratto, si determinano le conseguenze negative sul suo patrimonio), né tantomeno la misura della soddisfazione così conseguita, elementi entrambi necessari per agire in rivalsa contro il debitore.
5. – Ebbene, nella vicenda in esame, solo con la comunicazione del 15 febbraio 2000 (ricevuta il successivo 19 febbraio) CariGE ha reso edotta CRF dell’avvenuta escussione del pegno e della somma ricavata, ponendola così in condizione di esercitare in concreto l’azione di rivalsa nei confronti di G.B. s.p.a., mentre la precedente comunicazione del 3 febbraio 2000, ivi richiamata, rappresentava un semplice avviso dell’avvenuta revoca dell’affidamento bancario in c/c, cui sarebbe in tesi potuto conseguire anche il pagamento da parte della debitrice, senza necessità di escussione del pegno. 9 di 9 Quella comunicazione del 15 febbraio 2000 integra dunque gli estremi di una “quietanza di pagamento”, o comunque la comunicazione della soddisfazione conseguita del creditore, e della sua entità, entrambi necessari ai fini dell’esercizio dell’azione di rivalsa.
6. – Va dunque affermato il seguente principio di diritto: “La prescrizione dell’azione di rivalsa spettante al terzo datore di pegno decorre dal momento in cui egli acquisisca compiuta conoscenza, su comunicazione del creditore, ovvero del debitore o di terzi, della intervenuta escussione del pegno e dell’ammontare del ricavato che ha consentito la soddisfazione, totale o parziale, del creditore”.
7. All’accoglimento del terzo motivo conseguono l’assorbimento del quarto, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che si atterrà all’enunciato principio di diritto e provvederà anche sulle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i primi due e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16/06/2023