che, con l’unico complesso motivo di censura, il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 26, l. n. 335/1995, 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), 21, l. n. 6/1981, e 1, d.lgs. n. 103/1996, per avere la Corte di merito ritenuto che egli dovesse iscriversi presso la Gestione Separata INPS in relazione all’attività libero-professionale di ingegnere svolta in aggiunta a quella di lavoratore dipendente, nonostante che per tale attività fosse tenuto a versare all’INARCASSA il contributo integrativo;
che questa Corte ha ormai consolidato l’orientamento secondo cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’INARCASSA, rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirato l’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (così, tra le più recenti, Cass. nn. 5826 del 2021, 20288 del 2022 e 10286 del 2023, tutte sulla scorta di Cass. nn. 30344 del 2017 e 32166 del 2018);
che, con sentenza n. 238 del 2022, la Corte costituzionale, nel prendere atto che tale interpretazione del tessuto normativo è ormai assurta al rango di diritto vivente, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate al riguardo dal Tribunale di Rieti, in funzione di giudice del lavoro, per contrasto con gli artt. 3 (anche in riferimento all’art. 118, comma quarto), 23 (anche in riferimento all’art. 41), e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo;
che, nel richiamare sul punto argomentazioni già svolte nella sentenza n. 104 del 2022, la medesima Corte costituzionale non ha mancato di ricordare che i rilievi del giudice a quo, fondati sull’incertezza dell’interpretazione dell’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, e sull’asserita imprevedibilità dell’orientamento giurisprudenziale maturato dopo Cass. n. 30344 del 2017, cit., pur non integrando, nella specie, una specifica questione di legittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica, evocavano il problema della tutela dell’affidamento scusabile, riposto – prima dell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 – dai professionisti nell’interpretazione restrittiva della citata disposizione che era stata accolta dalla giurisprudenza anteriore all’entrata in vigore della norma interpretativa, aggiungendo tuttavia che tale affidamento non rilevava nel giudizio a quo, concernendo esso “unicamente un periodo successivo alla norma di interpretazione autentica” (così Corte cost. n. 238 del 2022, cit., § 7 del Considerato in diritto);
che, come ricordato dianzi, nello storico di lite, la presente fattispecie concerne viceversa contributi dovuti per l’anno 5 2009, dunque relativi ad un periodo anteriore all’entrata in vigore della norma interpretativa;
che, con riguardo alla categoria professionale degli avvocati del libero foro, assoggettata in parte qua ad un regime previdenziale analogo a quello previsto per la categoria degli architetti e ingegneri, la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 104 del 2022, ha rilevato che il legislatore, pur fissando legittimamente, con l’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011, cit., un precetto normativo che la disposizione interpretata era fin dall’inizio idonea ad esprimere, “avrebbe dovuto comunque tener conto, in questa particolare fattispecie, di tale già insorto affidamento in una diversa interpretazione”, dichiarando conseguentemente l’illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011, cit., “nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui all’art. 22 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore”;
che la sentenza n. 104 del 2022 appartiene prima facie al novero delle sentenze c.d. additive, in cui – come si è autorevolmente rilevato in dottrina – l’addizione normativa costituisce l’effetto dell’integrazione tra la norma impugnata ed un’altra norma, implicita nell’ordinamento per necessità imposta dalla Costituzione e la cui applicazione nel rapporto controverso era tuttavia impossibile a causa di un’indebita limitazione o esclusione operata dal legislatore; che, potendo conseguire l’eliminazione di tale esclusione o limitazione solo alla sentenza di accoglimento della Corte costituzionale, deve escludersi che ad essa possa pervenirsi per via di interpretazione c.d. conforme o costituzionalmente orientata;
che, al riguardo, va ribadito che un’interpretazione costituzionalmente orientata presuppone che al significante testuale della disposizione di legge possano annettersi più significati normativi, di cui uno conforme a Costituzione (così da ult. Cass. n. 7249 del 2023), mentre qui, all’evidenza, non v’è che un solo significato possibile, costituito dalla perdurante esclusione operata dall’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011, della rilevanza dell’affidamento insorto nei professionisti in relazione all’interpretazione restrittiva del disposto dell’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, che, secondo il giudice delle leggi, era stata fatta propria da questa Corte di legittimità con le sentenze nn. 14069 del 2006, 3622 del 2007 e 13218 del 2008;
che, del pari, dev’essere esclusa la possibilità di un’interpretazione analogica della norma dell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011, cit., così come risultante dalla pronuncia additiva del giudice delle leggi, atteso che il ricorso all’analogia legis presuppone, ai sensi dell’art. 12 prel. c.c., la sussistenza di una lacuna nell’ordinamento che concerna la regolamentazione della fattispecie concreta sub iudice (così, tra le tante, Cass. nn. 9852 del 2002 e 2656 del 2015, nonché, da ult., Cass. S.U. n. 38596 del 2021), ciò che qui, ovviamente, non è dato rinvenire; che, d’altra parte, il carattere estremamente circoscritto della norma dell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011, per come risultante dalla pronuncia additiva del giudice delle leggi, ne renderebbe di per sé inconfigurabile un’applicazione analogica, vietando l’art. 14 prel. c.c. di applicare le norme che fanno eccezione a regole generali oltre i casi e i tempi in esse considerati; che, pertanto, questa Corte ha motivo di dubitare, in riferimento all’art. 3 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011, cit., nella parte in cui non prevede che anche gli ingegneri e gli architetti, che non possono iscriversi all’INARCASSA per essere contemporaneamente iscritti presso altra gestione previdenziale obbligatoria, ex art. 21, l. n. 6/1981, e che siano pertanto tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore;
P. Q. M.
La Corte dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), nella parte in cui non prevede che gli ingegneri e gli architetti, che non possono iscriversi all’INARCASSA per essere contemporaneamente iscritti presso altra gestione previdenziale obbligatoria, ex art. 21, l. n. 6/1981, e che siano pertanto tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore; dispone la sospensione del presente giudizio; ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione, al Pubblico ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei ministri;
ordina, altresì, che la presente ordinanza venga comunicata dal Cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;
dispone l’immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14.6.2023.