Considerato che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 343, comma 2, e 100 cod. proc. civ.: L. aveva eccepito avanti alla Corte distrettuale che, stante il preventivo appello del P., C.M. doveva proporre il proprio gravame in via necessariamente incidentale, nelle modalità previste dall’art. 343, comma 1, cod. proc. civ. o notificando un atto introduttivo nel termine di venti giorni prima dell’udienza fissata; l’appellato, non avendo rispettato questo termine, doveva essere considerato decaduto dalla possibilità di impugnare. La Corte di merito, invece, ha ritenuto che l’impugnazione incidentale del Perboni avesse provocato l’insorgere in capo al C.M. di un nuovo e autonomo interesse a impugnare la sentenza nei confronti di L..
Una simile decisione – in tesi – ha fatto erronea applicazione del disposto dell’art. 343, comma 2, cod. proc. civ., perché, traendo argomento da una pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte che non solo era stata resa in applicazione di una disposizione diversa (l’art. 334 cod. proc. civ.), ma che individuava proprio nell’impugnazione principale la fonte dell’interesse a impugnare del coobbligato derivante dalla soccombenza, ha omesso di considerare che in realtà nessun nuovo ed autonomo interesse ad appellare era sorto dal gravame incidentale del Perboni. Peraltro, i principi applicati dalla decisione impugnata sono stati rivisti dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, che più di recente ha affermato che ove l’impugnazione incidentale abbia natura adesiva, è addirittura inapplicabile la disposizione di cui all’art. 334 cod. proc. civ. in tema di impugnazione incidentale tardiva in senso stretto.
4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 333, 334 e 343 cod. proc. civ., perché la Corte di merito, dichiarando tardivo l’appello incidentale proposto da C.M. nella comparsa depositata all’udienza del 26 gennaio 2012 e, viceversa, tempestivo l’appello incidentale proposto con citazione notificata nella stessa data, non ha considerato che, stante la natura incidentale dell’impugnazione, l’atto di citazione con cui la stessa era stata introdotta doveva essere notificato entro il termine previsto dall’art. 343, comma 1, cod. proc. civ. (vale a dire entro il 5 gennaio 2012).
4.3 Il terzo motivo di ricorso assume che la Corte di merito, nel riferirsi all’art. 334 cod. proc. civ., sia incorsa in un mero errore materiale, intendendo invece considerare il disposto dell’art. 343 cod. proc. civ. Diversamente opinando, la Corte distrettuale sarebbe incorsa in una patente violazione e falsa applicazione della norma enunciata, che non stabilisce il termine per la proposizione dell’appello incidentale, ma solo la possibilità per le parti convenute di proporre appello incidentale tardivo quando per esse è decorso il relativo termine o hanno prestato acquiescenza alla sentenza.
5. Il collegio ritiene di disporre la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
5.1 E’ noto che l'impugnazione proposta per prima determina la costituzione del rapporto processuale, nel quale devono confluire le eventuali impugnazioni di altri soccombenti, perché sia mantenuta l'unità del procedimento e sia resa possibile la decisione simultanea; ne consegue che, in caso di appello, le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale, anche se irritualmente avanzate nella forma dell'impugnazione principale, e debbono essere proposte nel termine previsto dall'art. 343, comma 1, cod. proc. civ. ovvero mediante comparsa di risposta da depositare in cancelleria almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione (v. Cass. 1671/2015, Cass. 10124/2009). Nel caso di specie è pacifico che il primo di atto di appello notificato avverso la sentenza del Tribunale di Varese fu quello proposto da Stefano P., con fissazione dell’udienza di prima comparizione per il 25 gennaio 2012, cosicché le impugnazioni incidentali dovevano essere necessariamente proposte, secondo le modalità alternative appena delineate, entro il 5 gennaio 2012, come precisa la sentenza impugnata.
5.2 La Corte di merito, una volta registrato che la costituzione di C.M. era avvenuta “direttamente all’udienza, quindi senza il rispetto dei termini di cui all’art. 334, comma 1, c.p.c.” (espressione che è chiaramente frutto di un errore materiale, dato che la norma che disciplina i termini dell’appello incidentale è l’art. 343, comma 1, cod. proc. civ.) rispetto all’impugnazione del P., ha ritenuto, facendo applicazione dell’art. 343, capoverso, cod. proc. civ. e con riferimento all’impugnazione incidentale del Perboni, che l’atto di citazione notificato da C.M. avesse natura di appello incidentale conseguente ad appello incidentale di parte diversa dall’appellante principale. Questa valutazione trova fondamento sull’esplicito richiamo alla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, in base al principio dell'interesse all'impugnazione, l'impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell'impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall'impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell'assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale (Cass., Sez. U., 24627/2007). La Corte distrettuale ha ritenuto che questi principi potessero essere applicati con riferimento non solo all’appello principale di un coobbligato, ma anche all’appello incidentale di un diverso coobbligato, che avrebbe determinato l’insorgere in capo al terzo coobbligato di un nuovo e autonomo interesse a impugnare, in conseguenza della possibile ulteriore restrizione del novero degli obbligati solidali. 5.3 Il primo problema posto dalle censure in esame sta nel fatto che il principio di diritto applicato dalla Corte di merito non appare univoco e incontroverso. Di una simile distonia la giurisprudenza di questa Corte ha già dato atto (si veda in questo senso Cass. 26139/2022) laddove ha rilevato che “in questo specifico ambito, in particolare, Cass., Sez. V, 16 novembre 2018, n. 29593, Rv. 651287-01, peraltro pure invocata dalla ricorrente principale, ha affermato che “In base al combinato disposto di cui agli artt. 334, 343 e 371 c.p.c., è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva (da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione) anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, e persino se la parte abbia prestato acquiescenza alla sentenza, indipendentemente dal fatto che si tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta nelle citate disposizioni, dovendosi individuare, quale unica conseguenza sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta tardiva, che essa perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto ammissibile l’appello incidentale tardivo avente ad oggetto la cartella esattoriale pur essendo contestata la pronuncia di primo grado dall’appellante principale sul capo relativo al ruolo)”. Detto principio si pone senz’altro in linea con un più risalente indirizzo, affermato, ormai tre lustri orsono, da Cass., Sez. Un., 27 novembre 2007, n. 24627, Rv. 600589-01, resa a composizione di contrasto, così massimata: “Sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale”. In quest’ambito, si registra però un più recente approdo interpretativo che non appare del tutto in linea con quello testé descritto: infatti, Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2020, n. 23903, Rv. 659289-02, ha affermato (regolando la giurisdizione) che “In tema di danno erariale, l’azione esercitata contro più soggetti solidalmente responsabili inserisce in un unico giudizio più cause scindibili e indipendenti; ne consegue che, proposto ricorso per cassazione da uno dei condebitori solidali, gli altri, per i quali sia ormai decorso il relativo temine, non possono giovarsi dell’impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., operando le forme e i termini stabiliti da questa norma esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, ossia per quella proveniente dalla parte ‘contro’ la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o per quella chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c.”. La decisione delle Sezioni Unite di questa Corte evocata dalla Corte di merito non sembra, quindi, aver risolto la questione, tant’è che la divergenza in precedenza esistente si è riproposta in seguito. Si tratta, dunque, di verificare se l'impugnazione incidentale tardiva sia ammissibile anche quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell'impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione sorge dall'impugnazione principale (la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell'assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale), oppure se la stessa possa essere esperita (tenuto conto del tenore letterale dell’art. 334, comma 1, cod. proc. civ. e del carattere riflesso, e non diretto, dell’interesse suscitato nell’obbligato solidale dall’impugnazione principale del coobbligato) soltanto dalla parte “contro” la quale è stata proposta l’impugnazione principale o da quella chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 cod. proc. civ..
5.4 Lo statuto dell’impugnazione incidentale è dettato dall’art. 343 cod. proc. civ., il cui secondo comma si riferisce ad “altra parte che non sia l’appellante principale”, quindi necessariamente a un appellante incidentale. Quel che conta, quindi, nell’impianto della norma, per articolare i termini di proposizione dell’appello incidentale, è la parte all’atto della quale si reagisce, se principale o diversa da quella principale. Il principio di cui la Corte d’appello ha fatto applicazione è stato fissato con riferimento all’art. 343, comma 1, cod. proc. civ. e con riguardo all’ipotesi in cui l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza. La Corte d’appello, tuttavia, ha ritenuto che simili principi potessero essere applicati con riferimento non solo all’appello principale di un coobbligato, ma anche all’appello incidentale di un diverso coobbligato (e dunque al secondo comma della norma citata), che avrebbe determinato l’insorgere in capo al terzo coobbligato di un nuovo e autonomo interesse a impugnare, in conseguenza della possibile ulteriore restrizione del novero degli obbligati solidali. Occorre quindi verificare non solo se il principio fissato da Cass., Sez. U., 24627/2007 possa essere confermato, ma anche se lo stesso possa essere applicato con riferimento all’interesse insorto a seguito di un’impugnazione non principale, ma incidentale tardiva. Pare necessario, inoltre, considerare se una simile impugnazione incidentale tardiva, ove ammissibile, possa essere introdotta non solo “nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa”, come prevede la norma, ma anche con autonomo atto di citazione, come avvenuto nel caso di specie.
5.5 Viene in considerazione, infine, un ultimo problema. C.M. ha presentato due impugnazioni, l’una (con comparsa di risposta depositata all’udienza del 26 gennaio 2012) reagendo all’impugnazione del P., l’altra (con atto di citazione notificato in pari data) insorgendo, secondo quanto ritenuto dalla Corte di merito, contro l’impugnazione incidentale del Perboni. Ora, nella fattispecie in esame l’impugnazione proposta in risposta all’appello principale del P. (per quanto adesiva rispetto a questa, in base alla sintesi dei relativi contenuti che si legge in sentenza) è stata ritenuta inammissibile perché tardiva, attraverso una statuizione che non è stata impugnata. Pare a questo collegio, allora, che si debba verificare se la seconda impugnazione incidentale fosse inammissibile in ragione della consumazione del diritto di impugnazione avvenuta con l’appello incidentale tardivo presentato a seguito dell’appello principale. Ciò in applicazione, nel particolare ambito per cui è causa, dell’orientamento (fissato da Cass. 12584/2018) a mente del quale è inammissibile l’appello incidentale tardivo che riproponga le medesime censure già presentate dalla stessa parte mediante l’appello principale, sebbene proposto prima che l’originario gravame sia dichiarato inammissibile, perché, qualora sia decorso il termine utile per l’impugnazione principale, non trova applicazione il principio desumibile dall’art. 358 cod. proc. civ., secondo cui la consumazione del diritto di impugnazione si verifica solo se, al momento dell’introduzione del nuovo gravame, sia già intervenuta la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità di quello precedente (si legge, in particolare, nell'ordinanza citata: “ai fini dell'applicabilità del predetto principio è infatti indispensabile che al momento della proposizione del nuovo gravame non sia ancora decorso il termine per l'impugnazione, nella specie, invece, scaduto fin da epoca anteriore al deposito dell'originario ricorso in appello, non assumendo rilievo, a tal fine, il rispetto del diverso termine stabilito dall'art. 343 c.p.c. per la proposizione dell'appello incidentale tardivo”). 6. In conclusione, i temi appena descritti rendono necessario il superamento della distonia tuttora persistente nella giurisprudenza di questa Corte e il chiarimento di alcuni aspetti ad essa correlati.
In termini sintetici, la questione resta ancorata ai seguenti interrogativi: i) se l'impugnazione incidentale tardiva sia ammissibile anche quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell'impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione sorge dall'impugnazione principale, oppure se la stessa possa essere esperita soltanto dalla parte “contro” la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o da quella chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 cod. proc. civ.; ii) se il principio fissato da Cass., Sez. U., 24627/2007, ove confermato, possa essere applicato anche con riferimento all’interesse insorto a seguito di un’impugnazione incidentale tardiva (introdotta, peraltro, con autonomo atto di citazione); iii) se, una volta dichiarata inammissibile l’impugnazione incidentale tardiva proposta reagendo all’impugnazione principale, debba considerarsi inammissibile, per consumazione del diritto di impugnazione, una seconda impugnazione incidentale presentata dalla stessa parte in reazione all’impugnazione incidentale di un differente coobbligato solidale. Pare, dunque, opportuno a questo collegio trasmettere gli atti al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374, comma 2, cod. proc. civ., affinché valuti se rimettere la questione alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
La Corte dispone rimettersi gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte. Così deciso in Roma in data 30 maggio 2023.