Giu La regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 16 giugno 2021 N. 1722
Massima
La regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo (Cass. n. 3652 del 13/02/2020).

Casus Decisus
Nel giudizio di separazione personale tra A.R. e D.C.A., la Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza depositata il 30/12/2016, in parziale riforma della decisione di primo grado emessa dal Tribunale di Castrovillari, ha disposto l'affido condiviso del figlio L.A. (n. l'(OMISSIS)) con collocazione prevalente presso la madre, ampliando i tempi di permanenza del figlio presso il padre; ha confermato l'assegnazione della casa coniugale ad A. tenuto conto del prioritario interesse del figlio, rigettando la richiesta di divisione della stessa avanzata da D.; ha ridotto da Euro 450,00 ad Euro 350,00 mensili, il contributo al mantenimento del minore, oltre alla partecipazione al 50% delle spese straordinarie, e da Euro 150,00 ad Euro 100,00 mensili, l'assegno di mantenimento per la moglie, entrambi oltre rivalutazione ISTAT; ha confermato la sanzione pecuniaria in danno di D., in considerazione dell'accertato inadempimento da parte sua agli obblighi di mantenimento, che non potevano ritenersi soddisfatti da dazioni volontarie. D. ha proposto ricorso per cassazione con sei mezzi, corroborato da memoria; A. ha replicato con controricorso e svolto ricorso incidentale con un mezzo.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 16 giugno 2021 N. 1722 Genovese Francesco Antonio

1.1. Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza impugnata ex art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia in ordine alla richiesta di declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, per non essere stato espletato nel grado l'ascolto del minore, reso obbligatario dal D.Lgs. n. 154 del 2013, nonostante fosse stato richiesto.

1.2. Il motivo è infondato.

Con consolidato principio questa Corte ha affermato che "In tema di provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l'audizione del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo, in relazione al quale incombe sul giudice che ritenga di ometterlo un obbligo di specifica motivazione, non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, ma anche qualora opti, in luogo dell'ascolto diretto, per quello effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che solo l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda". (Cass. n. 1474 del 25/01/2021). Nel caso in esame, la Corte di appello ha proceduto all'ascolto del minore: pertanto, il motivo di appello risulta implicitamente accolto, mediante lo svolgimento dell'incombente, e perciò la decisione risulta immune dal vizio denunciato.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti e la nullità del provvedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia e violazione dell'art. 112 c.p.c., in merito alla domanda avanzata dal ricorrente di provvedere alle necessità del figlio mediante il mantenimento diretto. Il ricorrente si duole che la Corte distrettuale non abbia esaminato tale richiesta e non abbia valorizzato le emergenze istruttorie (prova testimoniale e dichiarazioni rese dallo stesso figlio in sede di audizione) comprovanti che egli già provvedeva al mantenimento in via diretta. Con la memoria, a sostegno del suo assunto, ha riferito di essere stato assolto dal reato di cui all'art. 570 c.p. (inosservanza degli obblighi di mantenimento) perchè il fatto non costituisce reato.

2.2. Il motivo è infondato.

2.3. Come già affermato da questa Corte, il coniuge - divorziato o separato - ha diritto ad ottenere, iure proprio, dall'altro coniuge, il contributo per mantenere il figlio minorenne o maggiorenne convivente, non in grado di procurarsi autonomi mezzi di sostentamento (Cass. n. 11863 del 25/06/2004) e l'affidamento congiunto del figlio ad entrambi i genitori - previsto dall'art. 6 della legge sul divorzio (1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 11), analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi - è istituto che, in quanto fondato sull'esclusivo interesse del minore, non fa venir meno l'obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendo per converso escluso che l'istituto stesso implichi, come conseguenza "automatica", che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze, principio confermato nelle nuove previsioni della L. 8 febbraio 2006, n. 54, in tema di affidamento condiviso (Cass. n. 26060 del 10/12/2014; Cass. n. 16376 del 29/7/2011; Cass. n. 18187 del 18/8/2006), posto che, in concreto, è il genitore convivente ad anticipare le spese ordinarie per il mantenimento del figlio ed a provvedervi nella quotidianità attraverso la necessaria programmazione che connota la vita familiare (Cass. n. 24316 del 28/10/2013; Cass. n. 25300 del 11/11/2013), contrariamente a quanto sembra assumere il ricorrente a premessa implicita della doglianza. Invero, "L'obbligo di mantenimento del minore da parte del genitore non collocatario deve far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, secondo uno standard di soddisfacimento correlato a quello economico e sociale della famiglia di modo che si possa valutare il tenore di vita corrispondente a quello goduto in precedenza." (Cass. n. 16739 del 06/08/2020).

2.4. La Corte distrettuale ha considerato puntualmente le condizioni economiche delle parti, i tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore, le esigenze correlate alla crescita del minore, la situazione di palese conflittualità tra le parti e, con motivazione esaustiva, ha rideterminato - peraltro riducendolo - l'assegno di mantenimento; in tal modo, con statuizione conforme agli anzidetti principi, ha implicitamente respinto la domanda di contribuzione diretta, incompatibile con la decisione assunta.

2.5. Nè può ravvisarsi un omesso esame dei fatti concernenti dazioni e pagamenti diretti ad opera di D., posto che questi, da un lato, sono stati espressamente rammentati e valutati dalla Corte distrettuale come sintomatici di sollecitudine spontanea e cura del padre nei confronti del minore e, dall'altro, sono stati ritenuti insufficienti ed inidonei a giustificare la revoca della sanzione irrogata per il mancato versamento dell'assegno di mantenimento che, come anzi detto, risponde all'esigenza di garantire con continuità la provvista economica per far fronte alle spese ordinarie cui provvede il genitore collocatario ed è incompatibile con l'occasionalità di contribuzioni dirette e non concordate.

2.6. Nessun rilievo, infine, assume la sentenza di assoluzione in sede penale "perchè il fatto non costituisce reato", sia perchè non risulta essere definitiva, sia perchè - come si evince dalla formula assolutoria - ha escluso il carattere doloso della condotta, ma non la condotta in sè.

3.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell'art. 337 ter c.c., e dell'art. 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo -protocollo addizionale n. 7; oltre che la nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria. Il ricorrente si duole che la Corte di appello, pur avendo disposto l'affidamento condiviso del figlio e riconosciuto le sue capacità genitoriali, non abbia significativamente ampliato in misura congrua i tempi di visita del padre, avendo - contraddittoriamente - affermato che doveva essere garantita al minore la bigenitorialità piena.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.3. va premesso che il regime legale dell'affidamento condiviso, tutto orientato alla tutela dell'interesse morale e materiale della prole, deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio, tuttavia nell'interesse di quest'ultimo il giudice può individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale (Cass. n. 19323 del 17/09/2020; Cass. n. 9764 del 08/04/2019). Per tale ragione, la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo (Cass. n. 3652 del 13/02/2020).

3.4. La decisione impugnata risulta adottata in conformità a questi principi, tanto che la Corte distrettuale ha ricalibrato il diritto di visita del padre, ampliandolo, e la censura si traduce in una inammissibile richiesta di rivalutazione del merito, formulata in termini del tutto astratti.

4.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 336 bis c.c., e art. 38 bis disp. att. c.c., e delle Linee guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minore. A parere del ricorrente la Corte di appello aveva proceduto all'ascolto del minore senza rispettare le modalità secondo le quali tale incombente doveva essere espletato, andando così ad inficiare l'attendibilità delle dichiarazioni di L.A. che - a suo parere non si era sentito libero di esprimersi. In particolare, si duole che sia stato ascoltato in una stanza angusta, senza essere preventivamente avvisato sui motivi del suo coinvolgimento, per un tempo breve (sei minuti), alla presenza dei difensori delle parti e che era stato consentito al difensore di controparte di porre delle domande, assumendo, tuttavia, che ciò non risultava dal verbale.

4.2. Il motivo è inammissibile perchè carente sul piano della specificità.

4.3. Il requisito di specificità e completezza del motivo di ricorso per cassazione è diretta espressione dei principi sulle nullità degli atti processuali e segnatamente di quello secondo cui un atto processuale è nullo, ancorchè la legge non lo preveda, allorquando manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento del suo scopo (art. 156 c.p.c., comma 2) (Cass. n. 4741 del 04/03/2005; Cass. n. 6184 del 13/03/2009): ne consegue che, qualora il ricorrente censuri la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, deve specificare, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione (Cass. n. 9888 del 13/05/2016) e deve indicare con precisione, per non incorrere nel vizio di genericità della doglianza, gli elementi di fatto che consentano di controllare la decisività dei vizi dedotti (Cass. n. 2140 del 31/01/2006) e la tempestiva prospettazione degli stessi nel corso della fase di merito per escludere la novità della questione dedotta. Nel caso in esame, la denuncia della violazione procedimentale avrebbe dovuto essere accompagnata, quanto meno, dalla annotazione in sede di verbalizzazione dell'ascolto della critica portata alle modalità dell'ascolto o - se questo non fosse avvenuto alla presenza del difensore - dalla richiesta motivata di una nuova audizione formulata al giudice del merito che aveva proceduto all'atto istruttorio, ove la stessa fosse stata disattesa. Invero, il rispetto dell'esigenza di specificità non cessa di essere necessario per il fatto che, com'è noto, la Corte di Cassazione, essendo sollecitata a verificare se vi è stato errore nell'attività di conduzione del processo da parte del giudice del merito, abbia la possibilità di esaminare direttamente l'oggetto in cui detta attività trovasi estrinsecata, cioè gli atti processuali, giacchè per poter essere utilmente esercitata tale attività della Corte presuppone che la denuncia del vizio processuale sia stata enunciata con l'indicazione del (o dei) singoli passaggi dello sviluppo processuale nel corso del quale sarebbe stato commesso l'errore di applicazione della norma sul processo, di cui si denunci la violazione, in modo che la Corte venga posta nella condizione di procedere ad un controllo mirato sugli atti processuali in funzione di quella verifica. L'onere di specificazione in tal caso deve essere assolto tenendo conto delle regole processuali che presiedono alla rilevazione dell'errore ed alla sua deducibilità come motivo di impugnazione. Viceversa, la censura sembra prospettare la personale opinione del ricorrente circa l'espletamento dell'incombente, senza che sia stato trascritto alcun passaggio degli atti dell'appello (verbale, memorie, conclusioni, etc.) da cui sia possibile evincere che la questione venne tempestivamente sollevata ed in che termini sottoposta alla cognizione della Corte distrettuale, con evidenti ricadute sull'ammissibilità della stessa.

5.1. Con il quinto motivo di denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e dell'art. 337 sexies c.c., in merito al rigetto della domanda di assegnazione della casa familiare previa suddivisione della stessa, avanzata dal ricorrente.

5.2. Il motivo è inammissibile.

5.3. Va premesso che, in tema di separazione personale dei coniugi, il giudice può limitare l'assegnazione della casa familiare ad una porzione dell'immobile, di proprietà esclusiva del genitore non collocatario, anche nell'ipotesi di pregressa destinazione a casa familiare dell'intero fabbricato, solo nel caso in cui l'unità abitativa sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia o sia comunque agevolmente divisibile (Cass. n. 22266 del 15/10/2020) e ove tale soluzione, esperibile in ragione del lieve grado di conflittualità coniugale, agevoli in concreto la condivisione della genitorialità e la conservazione dell'"habitat" domestico dei figli minori (Cass. n. 8580 del 11/04/2014).

5.4. Il ricorrente, nel proporre la censura, insiste nell'ipotesi di divisione dell'appartamento, nonostante ne sia stata esclusa sin dal primo grado la concreta divisibilità, senza nemmeno allegare l'assenza di conflittualità, peraltro chiaramente evincibile - al contrario - dal pervicace rifiuto di assolvere all'obbligo di versamento dell'assegno di mantenimento per il figlio, culminato anche in un processo penale e nell'irrogazione di una sanzione civile. Ne consegue che nessuna delle condizioni idonee a consentire una possibile deroga a quanto rettamente disposto dalla Corte di appello ai sensi dell'art. 337 sexies c.c., viene utilmente illustrata, come era suo onere, dal ricorrente. Nè risponde ai criteri normativi e giurisprudenziali prima rammentati la proposta di suddivisione temporanea dell'immobile fino all'indipendenza del figlio, a cui fa riferimento il ricorrente nel motivo, in maniera del tutto indeterminata. Infine, va osservato che la pronuncia della Corte di appello, laddove ha escluso che potesse procedersi al giudizio di divisione del bene in comunione, integra un obiter dictum privo di concreto rilievo.

6.1. Con il sesto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 156 c.c., e art. 337 ter c.c., comma 4, oltre che la nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria in merito alla quantificazione dell'assegno di mantenimento per la moglie e per il figlio. A parere del ricorrente la Corte distrettuale non avrebbe considerato che A. godeva del vantaggio economico riveniente dall'assegnazione della casa familiare, economicamente valutabile; la motivazione sarebbe, inoltre, contraddittoria perchè, pur avendo ritenuto che la disparità economica tra le parti era minima, la Corte di appello non aveva adeguatamene ridotto gli assegni di mantenimento posti a suo carico.

6.2. Il motivo è inammissibile perchè sollecita il riesame del merito, posto che la Corte di appello, con giudizio in fatto e in diritto, congruamente e logicamente motivato, ha tenuto conto dell'assegnazione della casa familiare e della contrazione dei redditi del ricorrente (fol. 10 della sent. imp.), sia pure non nella misura da questi auspicata.

7.1. Con il ricorso incidentale A. ha denunciato l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, riferito alla statuizione con la quale è stato ridotto l'importo degli assegni di mantenimento previsti in favore suo e del figlio. La ricorrente si duole della valutazione delle risultanze istruttorie relative alle condizioni reddituali e patrimoniali delle parti compiuta dal giudice del gravame e critica la minore o la maggiore valorizzazione di alcuni elementi (riduzione del reddito del marito, dopo la separazione - contribuzioni dirette al figlio, sotto forma di acquisto di capi di vestiario e dazioni in danaro), nonchè la mancata considerazione di alcune circostanze ritenute decisive (tra cui, disponibilità da parte del marito di uno studio professionale, la prossima cessazione dell'obbligo di rimborso di un finanziamento da lui sottoscritto, mancato versamento dell'assegno di mantenimento per tutta la durata del giudizio di primo grado) e sostiene che la omessa valutazione di tali circostanze integri il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

7.2. Il motivo è inammissibile perchè sollecita la rivalutazione del merito per le medesime considerazioni svolte al par. 6.2.

8. In conclusione, il ricorso principale va rigettato, il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile. In ragione della reciproca soccombenza, le spese di giudizio vanno compensate. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi rispettivamente proposti, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, (Cass. Sez. U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

- Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; - Compensa le spese di giudizio tra le parti; - Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;

- Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell'art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2021. Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021