1.Con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza in relazione all'articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., per violazione dell'articolo 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., ed evidenzia l'irriducibile contraddittorietà del provvedimento impugnato laddove accoglie le doglianze dell'appellante in relazione al metodo adottato per il risarcimento del danno da deprezzamento del bene sottoposto a fermo amministrativo illegittimo, e laddove afferma che il primo giudice abbia errato nel valutare "gli effetti reali subiti dalla persona danneggiata" senza specificare quali siano i vizi della sentenza di primo grado. Sostiene il ricorrente che il giudice di primo grado aveva convenuto sulla sua ricostruzione, individuando gli eventuali effetti dannosi nella privazione dell'esercizio del diritto di proprietà per un arco di tempo di sei anni sull'automobile, la quale, rimanendo inutilizzata per lungo tempo, subiva inesorabilmente un degrado dal punto di vista della funzionalità e del valore economico.
La Corte d'appello, al contrario, pur dando atto che il vincolo sul veicolo è stato apposto il 27 settembre 2004 ed è stato rimosso soltanto il 20 settembre 2010 soltanto a seguito di due diffide inviate dal ricorrente, afferma che il danno non era stato correttamente quantificato e che esso, in mancanza di prova, non doveva essere risarcito. 2. Anche con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza e la violazione dell'articolo 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. laddove il provvedimento impugnato richiama il danno da fermo tecnico e i criteri di liquidazione utilizzati per tale situazione, escludendo la risarcibilità del danno per via equitativa ed escludendo che esso possa ritenersi un danno in re ipsa. Sottolinea di non avere affatto chiesto il ristoro delle spese sostenute per l'utilizzo di altre autovetture ma di aver chiesto i danni conseguenti al deprezzamento della propria autovettura, oggetto di un illegittimo provvedimento di fermo per quasi sei anni.
3. Anche con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione dell'articolo 132, secondo comma, numero 4 c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c.: il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per irriducibile contraddittorietà laddove ritiene che il danno dovesse essere parametrato alla perdita subita per la mancata utilizzazione del veicolo e non alla perdita di valore del bene, riscontrabile in sede di alienazione. Il ricorrente sottolinea che al momento dell'atto introduttivo della causa l'autovettura era stata già da lui alienata e che, sulla scorta della valutazione di essa ottenuta al momento della vendita, aveva chiesto il risarcimento del danno in misura pari alla diminuzione del relativo valore, agevolmente quantificabile prendendo in considerazione la differenza tra il valore originario del veicolo e il ricavato della vendita.
4. Infine, con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza per violazione dell'articolo 116 cpc e degli art. 2043 e 1218 cc perchè essa non riconosce il risarcimento del danno da fatto illecito o quantomeno da comportamento illegittimo dell'ente concessionario pur avendo comunque ritenuto illegittima ed anche illecita la procedura di iscrizione del fermo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.I quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto illustrano, sotto diverse prospettive, un'unica censura, sotto il duplice profilo della violazione di legge e della assoluta contraddittorietà della motivazione: il ricorrente si duole che la Corte d'appello, pur avendo affermato che si è di fronte a un atto illegittimo ed illecito del concessionario della riscossione (che ha provveduto alla iscrizione del fermo, in data 27 settembre 2004, nonostante il giudice avesse, con il provvedimento di sospensione del preavviso di fermo, interrotto l'iter procedimentale destinato alla efficace e legittima costituzione del fermo amministrativo sospeso, e lo ha mantenuto fino al 2010, provvedendo alla cancellazione solo a seguito di diffide del proprietario), ha rigettato la domanda di risarcimento ritenendo non fosse stato provato il danno, non avendo l'attore - appellato fornito la prova di aver sostenuto spese per sostituire il veicolo in esame.
2. I motivi sono fondati, non in relazione al denunciato vizio di motivazione ma per violazione di legge: nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione il ricorso è infondato, in quanto la corte d'appello ha esaminato la domanda attorea e l'ha rigettata perché ha ritenuto non provata la sussistenza dei danni da questa reclamati.
3. La corte d'appello è invece incorsa in violazione di legge là dove, ai fini della prova del danno da illegittimo fermo amministrativo del mezzo, si è limitata a trasporre, automaticamente, alla fattispecie concreta, i criteri di liquidazione del danno indicati da questa Corte a proposito della situazione di danno da fermo tecnico del veicolo, non coincidente sotto il profilo fattuale e dell'area del danno risarcibile
4. Il danno da fermo amministrativo illegittimo coincide con una situazione di materiale indisponibilità del bene, a fronte della quale varie sono le voci di danno delle quali può essere chiesto il risarcimento. Si tratta, come in ogni ipotesi di illegittima sottrazione della materiale disponibilità di un bene, non di un danno in re ipsa, ma di un danno la cui esistenza ed il cui ammontare sono sottoposti agli ordinari oneri probatori, che possono essere soddisfatti anche con il ricorso alle presunzioni, dalle quali si può trarre conferma della volontà della parte di godere materialmente del proprio bene secondo il suo uso normale.
Se il ricorrente si fosse limitato a chiedere il risarcimento del danno per aver dovuto provvedere altrimenti, negli anni in cui si è protratta l'indisponibilità del bene, al proprio autotrasporto, in difetto di una prova delle spese sostenute, sarebbe stato legittimo da parte della corte d'appello il rigetto della domanda per mancata prova del danno, in applicazione dell'ormai consolidato orientamento di legittimità per cui, da Cass. n. 20260 del 2015 in poi, si afferma che il danno da "fermo tecnico" di veicolo incidentato non è in re ipsa, ma esso deve essere allegato e dimostrato e la relativa prova non può avere ad oggetto la mera indisponibilità del veicolo, ma deve sostanziarsi nella dimostrazione o della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo, ovvero della perdita subita per la rinuncia forzata ai proventi ricavabili dall'uso del mezzo (nello stesso senso, da ultimo, Cass. n. 27389 del 2022 e Cass. n. 5447 del 2020). Ma il danno patrimoniale il cui risarcimento è stato chiesto nel caso di specie non era limitato alla lamentata indisponibilità del bene, bensì era riferito in principalità alla documentata perdita di valore del mezzo a causa della prolungata indisponibilità: questa componente del danno emergente, se nel caso del fermo tecnico per incidente, di durata circoscritta, è normalmente trascurabile, nel caso della perdita di disponibilità di un autoveicolo protrattasi per anni emerge in tutta la sua tangibilità, e, ove provata ( e nel caso di specie il ricorrente aveva allegato il valore dell'autovettura al momento del fermo, e ne aveva documentato il prezzo di vendita, effettuata non appena aveva recuperato la disponibilità materiale e giuridica del bene con l'eliminazione del fermo amministrativo), deve essere riconosciuta.
Il ricorso è pertanto accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata alla Corte d'Appello di Catanzaro in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Catanzaro in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 31 gennaio 2023