Giu In materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il termine dilatorio di cui all’art. 12, co. 7, l. n. 212/2000 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali di accesso
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - ORDINANZA 15 febbraio 2023 N. 4726
Massima
In materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il termine dilatorio di cui all’art. 12, co. 7, l. n. 212/2000 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali di accesso, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, purché le operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dall’ Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell’accertamento, non applicandosi il medesimo termine con riferimento ad un p.v.c. redatto a conclusione dell’accesso presso una terza società che integri, rispetto al contribuente, un atto istruttorio “esterno” rispetto al procedimento accertativo che l’ha attinto direttamente

Casus Decisus
1. L’Agenzia delle entrate notificò alla E. s.r.l. l’avviso d’accertamento T9503B603457, relativo all’Ires, all’Irap ed all’Iva di cui all’anno d’imposta 2006, con il quale, ai sensi dell’art. 39, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, contestò alla contribuente ricavi non contabilizzati, conseguenti ad operazioni commerciali formalmente imputate alla C.M.S. s.r.l. quale società cedente i relativi beni ed emittente le conseguenti fatture, ma in realtà, attesa la natura fittizia della predetta compagine, riconducibili alla E s.r.l. Avverso l’atto impositivo la contribuente ha proposto ricorso, che l’adita Commissione tributaria provinciale di Milano ha rigettato. Proposto appello dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Lombardia lo ha rigettato con la sentenza, di cui all’epigrafe. Contro tale decisione la contribuente ha quindi introdotto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - ORDINANZA 15 febbraio 2023 N. 4726 CIRILLO ETTORE

1.Con il primo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212; dell’art. 24 Cost. e degli artt. 115 e 167 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso d’accertamento, nonostante esso sia stato notificato alla contribuente unitamente al processo verbale di constatazione presupposto della Guardia di finanza di Borgomanero, senza il rispetto del termine legale dilatorio di 60 gg., dalla previa notifica dello stesso p.v.c., per la comunicazione di osservazioni e richieste da parte del contribuente.

2.Con il secondo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5 cod. proc. civ., l’omesso esame del fatto, controverso e decisivo, consistente nella contestuale notifica alla contribuente dell’accertamento e del p.v.c. presupposto della Guardia di finanza di Borgomanero, senza il rispetto del predetto termine legale dilatorio di 60 gg.

3.Con il terzo motivo del ricorso n.r.g. 8470/2016 si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.4 cod. proc. civ., l’omessa motivazione in ordine alla dedotta illegittimità dell’accertamento a causa del mancato rispetto del predetto termine legale dilatorio di 60 gg.

3.1. I primi tre motivi attingono la sentenza impugnata con riferimento all’identica questione, ovvero alla pretesa violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, per cui vanno trattati congiuntamente, sia pur argomentando innanzitutto sul primo e sul terzo, potenzialmente assorbenti.

Non è ammissibile, vigendo il limite della c.d. “doppia conforme”, di cui all’art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ. applicabile ratione temporis, rimettere in discussione, invocando l’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., come avvenuto con il secondo motivo, l’accertamento in fatto operato dalla CTR sugli elementi oggettivi, anche cronologici, della fattispecie concreta. Tanto più che, nel motivo, non sono indicate le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, come è invece necessario per l’ammissibilità dell’impugnazione (Cass. 22/12/2016, n. 26774). È quindi inammissibile il secondo motivo.

3.2. Il terzo motivo è infondato. Infatti, nella motivazione della sentenza d’appello si legge, sulla questione in esame, che l’eccepita nullità dell’atto impositivo, «in quanto notificato prima dello scadere del termine obbligatorio di 60 giorni», «è infondata, considerando che nell’avviso di accertamento si era fatto riferimento ad una segnalazione, e non ad un p.v.c..». Tale passo va letto in correlazione sia con quello esposto nell’antefatto, secondo cui l’avviso d’accertamento nei confronti della contribuente è stato emesso «su segnalazione della Guardia di finanza di Borgomanero»; sia con il passaggio successivo, da cui risulta che le indagini della Guardia di finanza di Borgomanero ( nel contesto delle quali erano state assunte anche le dichiarazioni del legale rappresentante della E. s.r.l., quale terzo informato dei fatti) erano state espletate nei confronti della CMS s.r.l., originando nei confronti della attuale ricorrente una mera segnalazione. Per quanto sintetica, la motivazione adottata sul punto dalla CTR esprime, in maniera logicamente comprensibile e non contraddittoria, la ratio decidendi , secondo la quale, relativamente all’attività della Guardia di finanza di Borgomanero, mancherebbe lo stesso presupposto dell’applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, ovvero lo svolgimento di operazioni di controllo nei confronti della E. s.r.l. La motivazione non è quindi inferiore al c.d. minimo costituzionale e non integra alcuna delle ipotesi di inesistenza di una motivazione effettiva di cui a Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053.

3.3. Quanto al primo motivo, deve innanzitutto rilevarsi che, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il vizio dell'avviso di accertamento derivante dall'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 non è rilevabile d'ufficio e deve essere contestato dal contribuente nel ricorso introduttivo, riguardando la violazione di una norma posta a difesa del diritto dello stesso contribuente al pieno dispiegarsi del contraddittorio con l'Amministrazione finanziaria (Cass. 18/07/2022, n. 22549). Pertanto, l’accertamento del vizio non può che limitarsi all’allegazione del contribuente che, nel caso di specie, ha espressamente configurato la violazione rispetto al p.v.c. della Guardia di finanza di Borgomanero dell’1 giugno 2011. Atto che aveva sì natura di processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, ma con riferimento alla verifica eseguita nei confronti della CMS s.r.l., mentre fungeva da mera segnalazione ed innesco per il successivo accertamento nei riguardi della E. s.r.l. Pertanto, già tale circostanza comporta l’esclusione dell’applicazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000, poiché, se è vero che il termine legale dilatorio decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale (Cass. 23/01/2020, n. 1497), occorre pur sempre che le operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dall’ Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell’accertamento (cfr. Cass. 22/11/2021, n. 35918); mentre, nel caso di specie, la verifica ed il p.v.c. in questione riguardavano una terza società e costituivano, nei confronti dell’attuale ricorrente, un atto istruttorio “esterno” rispetto al procedimento accertativo che l’ha attinta direttamente.

Può quindi formularsi il seguente principio di diritto: «In materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il termine dilatorio di cui all’art. 12, co. 7, l. n. 212/2000 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali di accesso, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, purché le operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dall’ Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell’accertamento, non applicandosi il medesimo termine con riferimento ad un p.v.c. redatto a conclusione dell’accesso presso una terza società che integri, rispetto al contribuente, un atto istruttorio “esterno” rispetto al procedimento accertativo che l’ha attinto direttamente.».

3.4. Tanto premesso, deve comunque aggiungersi che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l'Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini delle imposte non armonizzate, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cosiddette "a tavolino” (Cass., Sez. Un., 09/12/2015, n. 24823). Infatti, secondo consolidata giurisprudenza, le garanzie previste dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, operano esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente (Cass.19/10/2017, n. 24636; conformi, ex plurimis, da ultimo Cass. 16/11/2021, n. 34586; Cass. 11/09/2020, n. 18854). Nel caso di specie, con riferimento alle attività di cui al p.v.c. della Guardia di finanza di Borgomanero, la ricorrente neppure ha puntualmente dedotto che vi siano stati, nei suoi confronti, «accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali». Invero, risulta accertato nella sentenza di primo grado (come riprodotta, senza contestazioni, nel ricorso, alle pagg. 3 e s., che il legale rappresentante della ricorrente, è stato sentito dalla Guardia di finanza di Sesto San Giovanni in data 22 ottobre 2010 come persona informata sui fatti e che il giorno prima la stessa Guardia di finanza «aveva compiuto un accesso presso lo studio della professionista della E. al fine di rilevare i rapporti economici tra questa società e la CMS srl in liquidazione veniva redatto il relativo processo di operazioni compiute. Venivano esaminate le fatture ricevute dalla CMS … l’Ufficio ha agito in modo del tutto legittimo allegando all’avviso d’accertamento tutta la documentazione su cui si fonda la ripresa fiscale». Anche la sentenza d’appello riferisce di rapporti economici fra le due società «indagati e provati anche presso il professionista della stessa E. s.r.l.». A sua volta il ricorso, nell’ambito dei successivi motivi quarto e quinto, fa riferimento all’accertamento diretto compiuto nel verbale della Guardia di finanza di Sesto San Giovanni. Premesso che, come già rilevato, la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 non è stata eccepita con riferimento a tale distinto ed ulteriore verbale della Guardia di finanza, solo per completezza deve comunque rilevarsi che, essendo incontestato l’accertamento in fatto che l’accesso presso il professionista della contribuente (in ipotesi equiparabile a quello presso la sede aziendale, ove riguardi persona diversa dal contribuente, ma detentrice delle scritture contabili e sua mandataria: Cass. 16/11/2021, n. 34586), con il relativo verbale conclusivo riguardante la E. s.r.l., è avvenuto il 22 ottobre 2010, il termine legale di sessanta giorni decorrente da tale data (ovvero dal rilascio di copia del predetto verbale, conclusivo dell’accesso, senza che sia necessaria l'adozione di un'ulteriore verbale di contestazione delle violazioni successivamente riscontrate: Cass. 08/05/2019, n. 12094; Cass. 01/06/2022, n. 17818), sarebbe in ogni caso decorso già al momento dell’emanazione (e quindi anche della successiva notificazione) dell’atto impositivo qui sub iudice, emesso il 7 dicembre 2011, come accertato, senza contestazioni, nella sentenza di primo grado, trascritta nel ricorso.

Resta infine da rilevare che, quanto ai rilievi in materia di Iva, tributo armonizzato, una volta escluso, per le ragioni già rilevate, che, con riferimento al p.v.c. della Guardia di finanza di Borgomanero si verta in materia di «accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali» di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 (e, comunque, che il termine sia stato in ipotesi violato con riferimento al verbale della Guardia di finanza di Sesto), la pretesa violazione del contraddittorio preventivo, nel caso di accertamenti cd. “a tavolino”, richiede, ai fini della relativa declaratoria di nullità dell’atto impositivo, la prova di "resistenza", necessaria quando la normativa interna non sanzioni tale violazione con questa forma di invalidità. (Cass. 15/01/2019, n. 701; Cass. 05/05/2021, n. 11685; Cass. 30/06/2021, n. 18413). Nel caso di specie, la contribuente, ai fini della prova di “resistenza”, non ha comunque neppure assolto all'onere di enunciare, in concreto, le specifiche ragioni che avrebbe potuto far valere nel contraddittorio preventivo e che, valutate ex ante, avrebbero potuto impedire l’emanazione dell’atto impositivo. Va quindi rigettato il secondo motivo.

4.Con il quarto motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212; dell’art. 24 Cost. e degli artt. 115 e 167 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso d’accertamento, nonostante fosse fondato unicamente sulle dichiarazioni di terzi, senza ulteriori elementi indiziari ed «in presenza dell’accertamento diretto da parte della Guardia di finanza di Sesto San Giovanni dell’inesistenza dell’interposizione soggettiva contestata».

5.Con il quinto motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 e 167 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso d’accertamento, nonostante fosse fondato su «elementi indiziari che non accertano l’interposizione soggettiva della C.M.S. rispetto ad operazioni riferibili alla contribuente E., omettendo di valutare la prova contraria fornita dal verbale della Guardia di finanza di Sesto San Giovanni».

6.Con il sesto motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5 cod. proc. civ., l’omesso esame del fatto, controverso e decisivo, consistente nelle «circostanze che provano l’insussistenza di alcun coinvolgimento di E. srl nella frode prospettata».

7.Con il settimo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.4, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ, per l’omessa motivazione in ordine alle «dedotte circostanze che provano l’insussistenza di alcun coinvolgimento di E. nella frode prospettata». Nel corpo del mezzo si denuncia altresì che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe altresì deficitaria, integrando l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità.

8.Con l’ottavo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 e 167 cod. proc. civ., «in relazione alla ritenuta inesistenza ed inoperatività della società CMS s.r.l. presunta interposta».

9.Con il nono motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5 cod. proc. civ., l’omesso esame del fatto, controverso e decisivo, consistente nelle « ritenuta inesistenza ed inoperatività della società CMS s.r.l. presunta interposta», ovvero della «prova contraria» che la contribuente avrebbe offerto.

10. Con il decimo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.4, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ, per l’omessa motivazione in ordine alla « ritenuta inesistenza ed inoperatività della società CMS s.r.l. presunta interposta». Nel corpo del mezzo si denuncia altresì che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe altresì deficitaria, integrando l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità.

10.1. I motivi dal quarto al decimo del ricorso attingono la sentenza impugnata con riferimento all’identica questione sostanziale, ovvero all’accertamento dell’interposizione della C.M.S. s.r.l., in luogo dell’interposta ricorrente, nelle operazioni controverse, ed alla natura “cartiera” della società interposta. Sono ammissibili e fondati il settimo ed il decimo motivo, i quali, a prescindere dalla rubricazione formale, nel rispettivo corpo denunciano, in sostanza, l’assenza di una motivazione che raggiunga la soglia del c.d. minimo costituzionale. Infatti «La riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione.» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017 ). In particolare, in applicazione di tali principi, è stato chiarito che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito, pur indicando gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, non ne renda un'approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 07/04/2017, n. 9105; Cass. 05/08/2019, n. 20921).

Nel caso di specie, la sentenza impugnata, pur elencando una serie di elementi allegati a sostegno dell’atto impositivo, attribuisce agli stessi apoditticamente una rilevanza istruttoria che prescinde da argomentazioni sulla valutazione specifica di ciascuno dei dati e dal “collegamento” che sussisterebbe tra alcuni di essi. Così non è esplicitato e comprensibile quali sarebbero i “collegamenti” tra le due società, che deriverebbero dalla lettura dei due verbali e dalle fatture citati dalla CTR; né quali siano i “rapporti economici” che sarebbero stati « indagati e provati anche presso il professionista della stessa E. s.r.l.»; né comunque quali siano e quale direzione e contenuto avessero i «pagamenti di denaro in contante» emersi dalle indagini effettuate, a loro volta non specificate; né in cosa consisterebbero ed chi sarebbero imputabili le «numerose irregolarità» genericamente menzionate.

Nella sostanza, la motivazione resa dalla CTR si traduce, con riferimento all’accertamento di fatto cruciale per il thema decidendum, in una sorta di mero catalogo (peraltro generico) delle allegazioni poste dall’Ufficio a fondamento dell’atto impositivo, che non dà conto di un percorso logico e giuridico che abbia condotto il giudice d’appello ad una valutazione ( censurabile proprio perché non ricostruibile) dell’effettiva rilevanza indiziaria di ciascun elemento menzionato e di tutti i dati nel loro complesso. La natura meramente parvente della motivazione comporta pertanto l’accoglimento del settimo e del decimo motivo, con l’assorbimento dei restanti.

La sentenza impugnata va quindi cassata in parte qua, con rinvio al giudice del merito.

P.Q.M.

Accoglie l’ottavo ed il decimo motivo; rigetta il primo, il secondo ed il terzo; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 gennaio 2023