RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, si deduce la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 1225, 1326, 1350 e 1418 c.c., 117 e 127
d.lgs. n. 385 del 1993, perché la sottoscrizione della banca non è
richiesta ad substantiam al fine del perfezionamento del contratto
di conto corrente.
Con il secondo motivo, si deduce, in subordine, la violazione e la
falsa applicazione degli artt. 183, 184, 189 e 190 c.p.c., oltre ad
omesso esame di fatto decisivo, per avere la corte territoriale
ritenuto che la banca non avesse contestato le risultanze peritali,
mentre ciò essa ha fatto sin dalla prima udienza relativa all’esame
dell’elaborato, nonché nelle difese conclusionali.
2. – Il primo motivo è fondato, in quanto la sentenza impugnata ha
ritenuto nulli i contratti di conto corrente, con le relative
aperture di credito, a causa della mancata sottoscrizione dei primi
da parte dell’istituto di credito.
Tuttavia, la pronuncia delle Sezioni unite del 16 gennaio 2018, n.
898 ha risolto il contrasto che si era creato all’interno sezioni
semplici in ordine alla questione della nullità del
contratto-quadro di intermediazione finanziaria, qualora esso sia
stato sottoscritto solo dal cliente e non anche dalla banca.
Le S.U. hanno affermato il seguente principio di diritto:
«Il requisito della forma scritta del contratto quadro relativi ai
servizi di investimento, disposto dall’art. 23 del d.lgs. 24
febbraio 1998, n. 58, è rispettato ove sia redatto il contratto per
iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è
sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non
necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui
consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti
concludenti dallo stesso tenuti».
Al pari, nei contratti bancari, l’omessa sottoscrizione del
documento da parte dell’istituto di credito non determina la
nullità del contratto per difetto della forma scritta, prevista
dall’art. 117, comma 3, d.lgs. n. 385 del 1993; il requisito
formale, infatti, non deve essere inteso in senso strutturale,
bensì funzionale, in quanto posto a garanzia della più ampia
conoscenza, da parte del cliente, del contratto predisposto dalla
banca, la cui mancata sottoscrizione è dunque priva di rilievo, in
presenza di comportamenti concludenti dell’istituto di credito
idonei a dimostrare la sua volontà di avvalersi di quel contratto
(e plurimis, Cass. 6 settembre 2019, n. 22385; Cass. 18 giugno
2018, n. 16070; Cass. 6 giugno 2018, n. 14646).
Né ha pregio l’eccezione (in senso lato) di giudicato interno,
formulata nel controricorso, secondo cui il motivo attingerebbe
unicamente i contratti di conto corrente, e non le collegate
aperture di credito: al contrario, sia nella motivazione della
sentenza impugnata, sia nell’enunciazione del motivo di ricorso le
argomentazioni concernono i contratti di conto corrente, per
la essenziale ragione che la mancata sottoscrizione di questi
ad opera anche della banca – nell’assunto necessaria – sarebbe in
sé idonea a travolgere anche la validità dei collegati
finanziamenti. E ciò, per la regola secondo cui l’apertura di
credito deve essere stipulata per iscritto a pena di nullità, salvo
che essa sia già prevista e disciplinata nel contratto di conto
corrente, stipulato per iscritto, come stabilito dalla delibera
C.I.C.R. del 4 marzo 2003, in applicazione dell’art. 117, comma 2,
d.lgs. n. 385 del 1993.
3. – Il secondo motivo è assorbito.
4. – La sentenza impugnata va cassata, dunque,
in accoglimento del primo motivo, con rinvio alla Corte
d’appello di Roma, in diversa composizione, la quale esaminerà le
domande