In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571).
CONSIDERATO CHE
1. – Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. deducendo, in sintesi, che il giudice del gravame non aveva esaminato i motivi di appello con i quali si era argomentato in ordine, da un lato, alla dovutezza della dichiarazione ICI, - qual correlata all’acquisita natura edificatoria delle aree ed al conseguente mutamento della base imponibile del tributo loro riferibile, - e, dall’altro, all’effetto giuridico conseguito, in termini di mutamento della destinazione urbanistica delle aree, dall’approvazione della variante al P.R.G., con conseguente immediata integrazione di una suscettibilità edificatoria.
Il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 7, c. 5, assumendo il ricorrente che il giudice del gravame aveva disapplicato la deliberazione di G.C. n. 206 del 2009, - con la quale era stato determinato il valore delle aree edificabili dietro specifica relazione di stima, - senza identificarne il vizio di illegittimità e senza considerare che, una volta approvata la variante al PRG, i terreni ripresi a tassazione avevano acquisito una loro capacità edificatoria, così come del resto già rilevato dal giudice amministrativo (sentenza del CGA, n. 933 del 16 dicembre 2012).
Col terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 2, c. 1, lett. b), ed al d.l. n. 223 del 2006, art. 36, c. 2, conv. in l. n. 248 del 2006, sull’assunto che, una volta conseguita la potenzialità edificatoria loro impressa dall’approvazione della variante al PRG, i terreni in contestazione andavano qualificati come edificabili ai fini dell’applicazione del tributo, indipendentemente dall’approvazione regionale della variante e dall’adozione del (pur previsto) piano attuativo (di lottizzazione).
Il quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione di legge con riferimento alla l. n. 212 del 2000, art. 7, ed al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, c. 5, sull’assunto che il valore delle aree edificabili, - così come determinato dalla delibera di Giunta (n. 206 del 2009), e dalla presupposta relazione di stima, entrambe allegate all’avviso di accertamento, - era stato unitariamente determinato alla stregua di una valutazione complessiva, con ciò senza alcuna distinzione rinvenibile in relazione alle singole particelle di terreno.
Soggiunge la ricorrente che la stessa contribuente, in quanto promotrice della variante adottata, era a piena conoscenza di tutti i presupposti impositivi in quanto parte del procedimento amministrativo urbanistico nel cui corso aveva depositato (anche) proprie consulenze.
2. – Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.
2.1 – Come, difatti, reso evidente dai (sopra ripercorsi) contenuti decisori della sentenza impugnata e, quindi, dagli stessi contenuti della censura in esame, il giudice del gravame ha definito la lite contestata su di una ratio decidendi che, - seppur non scevra da aporie ed ambiguità concettuali, - è stata incentrata sulla esclusione della edificabilità di terreni il cui valore non poteva, peraltro, correlarsi alle dinamiche di un «libero mercato immobiliare». Non sussiste, quindi, la denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto il giudice del gravame ha definito l’appello sulla base di una qualificazione giuridica della fattispecie, e di ragioni decisorie, incompatibili con la prospettazione di parte che, pertanto, è stata implicitamente disattesa (Cass., 6 novembre 2020, n. 24953; Cass., 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass., 14 gennaio 2015, n. 452; Cass., 25 settembre 2012, n. 16254; Cass., 17 luglio 2007, n. 15882; Cass., 19 maggio 2006, n. 11756).
3. – Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, - che vanno congiuntamente esaminati perché avvinti da una medesima quaestio iuris di fondo, - sono fondati e vanno accolti.
3.1 – Come deduce il ricorrente, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11 quaterdecies, comma sedicesimo, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell'art. 36, comma secondo, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, - che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma primo, lettera b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, - l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev'essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi (Cass. Sez. U., 28 settembre 2006, n. 25506 cui adde, ex plurimis, Cass., 10 marzo 2020, n. 6702; Cass., 7 agosto 2019, n. 21080; Cass., 3 aprile 2019, n. 9202; Cass., 2 marzo 2018, n. 4952; Cass., 5 agosto 2016, n. 16485; Cass., 5 marzo 2014, n. 5161; Cass., 16 novembre 2012, n. 20137; Cass., 11 aprile 2008, n. 9510). La Corte ha, però, ripetutamente rimarcato (anche) che, ai fini della determinazione del valore imponibile, è indispensabile che la misura del valore venale in comune commercio sia ricavata in base ai parametri vincolanti previsti dall'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992, che, per le aree fabbricabili, devono avere riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli oneri per gli eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche; pertanto, poiché tali criteri normativamente determinati devono considerarsi tassativi, il giudice di merito, investito della questione del valore attribuito ad un'area fabbricabile, non può esimersi dal verificarne la corrispondenza, tenuto conto dell'anno di imposizione, ai predetti parametri, con una valutazione incensurabile in sede di legittimità, qualora congruamente motivata (v., Cass., 12 luglio 2021, n. 19811; Cass., 30 maggio 2017, n. 13567; Cass., 15 giugno 2010, n. 14385). E detti criteri di determinazione della base imponibile dell’ICI (d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, c. 5), - seppur correlati ad una nozione di area edificabile che dev'essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi, - impongono, ad ogni modo, di tener conto della maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello bene in comune commercio (Cass. Sez. U., 28 settembre 2006, n. 25506 cui adde, ex plurimis, Cass. Sez. U., 29 ottobre 2020, n. 23902; Cass., 10 marzo 2020, n. 6702; Cass., 3 aprile 2019, n. 9202; Cass., 15 giugno 2016, n. 12377; Cass., 5 marzo 2014, n. 5161). Se, poi, è ben vero che il procedimento di stima deve mirare all’accertamento del «valore commerciale complessivo» dell’area edificabile, ciò non di meno non perdono di rilevanza i differenti livelli di edificabilità delle parti che compongono l'area medesima, laddove detto valore complessivo «può essere espresso ricorrendo ad indici medi di edificabilità riferiti all'intera area, in considerazione del rapporto tra spazi riservati a costruzioni e spazi riservati ad infrastrutture e servizi di interesse generale» (Cass., 27 marzo 2019, n. 8545; Cass., 7 maggio 2010, n. 11176; Cass., 23 luglio 2008, n. 20256).
3.2 - Con riferimento, poi, alle delibere adottate ai sensi del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 59, la Corte, con consolidato orientamento interpretativo, ha rimarcato che dette delibere, - con le quali il Comune predetermina periodicamente per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, - svolgono una funzione analoga a quella dei cosiddetti studi di settore, costituenti una diretta derivazione dei redditometri, o coefficienti di reddito e di ricavi, previsti dal d.l. n. 69 del 1989, convertito in L. n. 154 del 1989, ed atteggiantisi come mera fonte di presunzioni hominis, vale a dire supporti razionali offerti dall'amministrazione al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti (Cass., 4 agosto 2022, n. 24297; Cass., 3 maggio 2019, n. 11643; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27572; Cass., 12 giugno 2018, n. 15312; Cass., 13 marzo 2015, n. 5068; Cass., 24 gennaio 2013, n. 1661; Cass., 30 giugno 2010, n. 15555; Cass., 27 luglio 2007, n. 16702; Cass., 3 maggio 2005, n. 9137). Delibere, queste, che, - in ragione della loro natura (non imperativa) e funzione (probatoria), - possono essere utilizzate anche con riferimento ad annualità anteriori a quella della loro adozione (Cass., 12 giugno 2018, n. 15312; Cass., 13 marzo 2015, n. 5068; Cass., 7 maggio 2010, n. 11171; Cass., 3 maggio 2005, n. 9135) e che non precludono la rideterminazione della base imponibile dell'imposta «ove l'amministrazione venga in possesso di informazioni specifiche idonee a contraddire quelle desunte dai valori delle aree circostanti aventi analoghe caratteristiche» (Cass., 3 maggio 2019, n. 11643).
3.3 – A fronte, allora, di un siffatto complessivo quadro regolatorio il giudice del gravame ha risolto la lite contestata operando (improprio) riferimento all’istituto della disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo laddove veniva diversamente in rilievo, - una volta adottata la variante al piano regolatore generale con conseguente edificabilità di aree la cui destinazione urbanistica era, per l’appunto, mutata, - la verifica di concludenza, ed affidabilità, della valutazione economica espressa nella deliberazione adottata dall’Ente rispetto ai criteri di determinazione del valore venale dei terreni (art. 5, c. 5, cit.), tenuto conto, dunque, (anche) dei dati oggetto di rilevazione con riferimento alla destinazione urbanistica prevista ed alla stessa maggiore o minore prossimità dell’intervento edificatorio.
4. – Anche il quarto motivo di ricorso deve trovare accoglimento.
4.1 – Una volta che, come anticipato, il valore complessivo delle aree in tassazione aveva formato oggetto di predeterminazione (ai sensi del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 59), il profilo che involgeva l’affidabilità di una siffatta determinazione finiva per operare sul piano, come si è detto, del suo effettivo riscontro probatorio, piano, questo, affatto diverso da quello motivazionale che, diversamente, involge un requisito di struttura dell’atto impositivo. La Corte ha, difatti, ripetutamente statuito che l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’”an” ed il “quantum” dell’imposta, restando riservati nell'eventuale successiva fase contenziosa l'onere dell'Ufficio di fornire la prova della sussistenza in concreto dei presupposti per l'applicazione del criterio prescelto, e la possibilità per il contribuente di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571).
5. – L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia che, in diversa composizione, procederà al motivato riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 novembre