Giu Schema di decreto delegato per la riforma del sistema dei controlli e delle sanzioni in relazione allo svolgimento di attività economiche
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. CONSULT. ATTI NORMAT. - PARERE 12 marzo 2024 N. 440
Massima
Il Consiglio di Stato evidenzia la necessità: i) di circoscrivere in modo logico e continente le deroghe all’applicazione della nuova disciplina; ii) di mettere a sistema le nuove disposizioni con la legge fondamentale sul procedimento (n. 241 del 1990), con la legge generale sulle sanzioni amministrative (n. 689 del 1981) e con i correlati principi costituzionali ed eurounitari (Engel criteria); iii) di prevenire la privatizzazione, sia pure parziale, del sistema dei controlli; iv) di dettagliare nonché rendere trasparenti e condivisi i criteri di applicazione di algoritmi e intelligenza artificiale.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. CONSULT. ATTI NORMAT. - PARERE 12 marzo 2024 N. 440

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 12 marzo 2024


 

NUMERO AFFARE 00316/2024

OGGETTO:

Presidenza del consiglio dei ministri – Ministro per la pubblica amministrazione.


 

Schema di decreto legislativo recante semplificazione dei controlli sulle attività economiche, in attuazione della delega al Governo di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 5 agosto 2022, n. 118;

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 231 in data 28 febbraio 2024, con la quale il Ministero della pubblica amministrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giovanni Grasso;


 

Premesse.

1.- Con nota prot. n. 231 del 28 febbraio 2024, il capo dell’ufficio legislativo del Ministero della pubblica amministrazione, d’ordine del Ministro, ha trasmesso, ai fini della acquisizione del prescritto parere, lo schema di decreto legislativo recante “semplificazione dei controlli sulle attività economiche, in attuazione della delega al Governo di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 5 agosto 2022, n. 118”.

2.- A corredo della richiesta, sono stati trasmessi:

a) il testo dello schema di decreto legislativo, validato e ‘bollinato’ dal Ragioniere generale dello Stato;

b) la “relazione illustrativa”, munita del visto del Ministro e della pedissequa richiesta di parere ex articolo 36 r.d. 21 aprile 1942, n. 444;

c) la “analisi dell’impatto della regolamentazione” (AIR) di cui all'art. 14, commi 3 e 7 della legge n. 246/2005, accompagnata dalla relativa “valutazione” espressa dal “Nucleo di valutazione” (NUVIR), con nota prot. VIII 49/24 del 27/2/2024 1;

d) la “relazione tecnica” di cui all'art. 11-ter della legge n. 468/1978, munita di ‘bollinatura’;

e) la “analisi tecnico-normativa”, redatta in guisa informale;

f) il parere espresso, in data 31 agosto 2023, dal Garante per la protezione dei dati personali;

g) l’intesa, sancita dalla Conferenza unificata con atto n. 7/CU del 25 gennaio 2024;

h) i contributi e dalle osservazioni formulate dalle associazioni di categoria.

Successivamente, sono stati altresì trasmessi gli “atti di concerto” espressi dal Ministro delle imprese e del made in Italy (con nota prot. 4821.del 4 marzo 2024), dal Ministero dell’economia e delle finanze (con nota prot. n. 1103 del 7 marzo 2024), dal Ministro dell’interno (con nota prot. n. 3899 del 6 marzo 2024) e dal Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (con nota prot. 114177 dell’8 marzo 2024).

3.- Nel corso della adunanza del 12 marzo 2024, su istanza del Ministro richiedente, la Sezione ha audito, in occasione della trattazione del parere, il capo dell’Ufficio legislativo del Ministero della pubblica amministrazione, dott. Francesco Radicetti, all’uopo delegato dal Ministro, che ha provveduto ad illustrare i punti salienti dell’intervento normativo.

Il procedimento normativo.

3.- Lo schema di decreto legislativo in esame è preordinato a dare attuazione alla delega di cui all’articolo 27 della legge 5 agosto 2022, n. 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021), che:

a) ne individua (al comma 1) la complessiva finalità (incentrata sulla “semplificazione degli adempimenti e delle attività di controllo” sulla “ripresa e il rilancio delle attività economiche”) e gli specifici obiettivi (eliminazione degli adempimenti non necessari; semplificazioni di quelli necessari; coordinamento e razionalizzazione della programmazione; promozione della collaborazione; trasparenza degli obblighi e degli adempimenti);

b) ne fissa i principi di riferimento ed i criteri direttivi;

c) ne scandisce (al comma 2) la tempistica e ne prefigura le modalità procedimentali.

4.- Per l’attuazione della delega (nel rispetto del termine di ventiquattro mesi, decorrenti dal 23 agosto 2022) sono previste le seguenti scansioni procedimentali:

a) la “proposta” del Ministro per la pubblica amministrazione, del Ministro dello sviluppo economico (ora: Ministro delle imprese e del made in Italy), del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale (ora: Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), del Ministro dell'economia e delle finanze e degli altri Ministri “competenti per materia”;

b) l’”audizione” delle associazioni imprenditoriali, degli enti rappresentativi del sistema camerale e delle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale;

c) l’“intesa”, acquisita in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

5.- Osserva la Sezione che la “proposta” dei Ministri competenti (che rientra nel novero degli “adempimenti del procedimento per i quali, in quanto siano “prescritti dalla legge di delegazione”, l’articolo 14, comma 1 della legge 23 agosto 1988, n. 400 impone specifica e puntuale evidenziazione nel corpo del “preambolo”):

a) integra, sotto il profilo formale, l’atto di impulso che prepara ed attiva la successiva “deliberazione” del Consiglio dei ministri sui “testi dei decreti aventi valore o forza di legge” (cfr. articolo 5, comma 1 lettera c) legge n. 400/1988, in relazione all’articolo 2, comma 3 lettera c);

b) rappresenta, sotto il profilo sostanziale, l’esito subprocedimentale delle acquisizioni effettuate, delle istruttorie compiute, delle valutazioni operate e delle determinazioni assunte, trasfuse in uno “schema” di provvedimento normativocorredato dalla documentazione di supporto e destinato, come tale, al vaglio ed alla approvazione consiliare (arg. ex articolo 17-bis, comma legge n. 241/1990).

5.1.- L’attribuzione espressa, da parte della legge delega, di un potere di proposta congiunto (cioè a dire intestato, in guisa equiordinata e senza alcun ordine di primazia, ad una pluralità di Ministeri) implica, perciò – trattandosi di attribuzione di ordine competenziale, integrativa di un parametro di legalità formale: cfr. articolo 1, comma 1 legge n. 241/1990 – il duplice (e vincolante) corollario:

a) che, relativamente alle modalità di articolazione del procedimento, lo “schema” di provvedimento normativo – sottoposto, come tale, alla approvazione, prima preliminare e poi definitiva, del Consiglio dei Ministri – deve costituire il frutto di una dialettica e cooperativa elaborazione delle autorità coproponenti, e non già di una sola (o solo di qualcuna) di esse;

b) che – avendo la legge delega imposto il coinvolgimento di diversi Ministeri, nella evidente considerazione della necessaria convergenza, nella articolata trama normativa, di una pluralità ed eterogeneità di ambiti di materie, di competenze e di correlativi interessi pubblici di attribuzione – non si legittima, in via di principio, né una abdicazione all’esercizio del potere (che è anche dovere) di elaborare (congiuntamente o, comunque, in guisa convergente) la proposta attuativa, né la surrogazione del concorso propositivo con la postuma (ed oltretutto ‘secca’ ed ‘inarticolata’, e con ciò contenutisticamente inespressiva) manifestazione di un mero “concerto” o di un semplice “nulla-osta”.

Importa, invero, rammentare che la proposta (come fatto palese dall’espressivo tratto etimologico) per definizione precede lo ‘schema’ di testo di cui è latrice; il concerto è, per contro, atto di una sequela procedimentale in cui sulla “decisione preliminare” previamente assunta ed elaborata dall’autorità concertante – ed i cui effetti costitutivi sono, ratione materiae, provvisori, in quanto lasciati alla successiva integrabilità co-decidente specificamente “settoriale –, è in tal guisa chiamata ad esprimere la propria condivisione, in termini di “assenso” o “accordo”, l’autorità concertata, comunque titolare del sopra specificato ius variandi (arg., ancora, ex articolo 17-bis l. n. 241/1990).

5.2.- Ciò posto, va rilevato che, nella specie, lo schema di decreto legislativo all’esame non è il frutto di una proposta congiunta dei Ministri normativamente coinvolti, ma della iniziativa del solo Ministro per la pubblica amministrazione, laddove: a) il Ministro delle imprese e del made in Italy e il Ministro dell'economia e delle finanze (insieme al Ministro dell’interno e al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) hanno formalizzato il loro (postumo ed anodino) concerto; b) il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica neppure il concerto.

Il vizio è di rilievo. E non si tratta – è necessario rimarcare – di vizio meramente formale: la mancata partecipazione, nella fase formativa, delle Amministrazioni settorialmente competenti ha, in concreto, svuotato l’ordito normativo – il cui incisivo tratto di trasversalità è a fondamento della indicazione, di ordine appunto competenziale (cfr. articolo 97, comma 3 Cost.), della legge delega – di ogni specifico riferimento alla complessa ed articolata trama dei controlli, alla luce delle normative vigenti.

In questa prospettiva, il mancato concorso alla elaborazione e formulazione della proposta equivale ad una attribuzione non esercitata.

6.- Occorre, d’altra parte, evidenziare che la legge 5 agosto 2022, n. 118 recupera, sotto i profili di interesse, l’obiettivo di “semplificazione dei controlli sulle imprese” a suo tempo previsto dall’articolo 14 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, come convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 (recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”), il quale aveva prefigurato un ambizioso programma di delegificazione, anch’esso ispirato ai principi “della semplicità, della proporzionalità dei controlli stessi e dei relativi adempimenti burocratici e della effettiva tutela del rischio”.

L’iniziativa – che aveva condotto alla elaborazione di apposite “linee guida”, approvate in sede di intesa sancita nella Conferenza unificata del 24 gennaio 2013 – non ha avuto seguito, verisimilmente in ragione, tra l’altro, del sopravvenuto disfavore per lo strumento del regolamento di delegificazione e della correlata assenza di una tempistica attuativa.

Con la nuova legge, il medesimo obiettivo è riproposto e riattualizzato, con la più incisiva opzione della delegazione legislativa, ancorata ad una scandita tempistica (che prevede anche la adozione di decreti integrativi e correttivi nei dodici mesi successivi all’approvazione: cfr. articolo 1, comma 5).

Resta, nondimeno, confermato, nel nuovo contesto (come è, tra l’altro, fatto palese dall’espresso e confermativo richiamo anche ai “criteri di cui all'articolo 20, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59”) il necessario coinvolgimento, che ne ribadisce la non defettibile centralità dell’apporto propositivo, dei “Ministri competenti per materia”, accanto al Ministro per la pubblica amministrazione e al Ministro per le imprese.

7.- Per il profilo in esame, la Sezione non può, in definitiva, non rimarcare – di là dal merito, per il quale si formulano comunque le osservazioni generali che seguono – la genesi non adeguata dell’iniziativa normativa.

Osservazioni generali.

8.- L’articolo 1 (Ambito di applicazione e definizioni) perimetra l’oggetto dell’intervento, escludendo dal relativo ambito di applicazione (oltre alla attività ispettiva e di controllo operata dalle autorità amministrative indipendenti, che non rientrano nel novero delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, richiamato al comma 1) i controlli: afiscalibantimafiac) di polizia economico-finanziariad) di sicurezza e difesa nazionalee) disposti per garantire la “continuità delle relazioni internazionali”.

Si tratta di un ambito di settori “esclusi” – cui devono aggiungersi, altresì, quelli rientranti nella competenza delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli gli enti locali, cui l’articolo 27, comma 4 della legge n. 188 si limita ad imporre l’obbligo ordinamentale di conformazione ai principi – per alcuni dei quali (segnatamente: quelli correlati a non meglio definite “esigenze di sicurezza e difesa nazionale” o di “continuità delle relazioni internazionali”) si segnala un deficit di tipizzazione foriero di incertezza, circa la (intera) sfera applicativa della regolazione in esame, incertezza che non pare del tutto conforme alla ratio giustificatrice della legge delega. La relativa indeterminatezza del riferimento – peraltro correlato ad interessi a forte caratterizzazione politica – per quanto legittimata dalla plausibile sottrazione di “eccezionali” interessi rafforzati alla logica di semplificazione e di compliance, non è esente dal rischio di una modulabile integrazione (ed estensione) a posteriori.

8.1.- Importa, altresì, segnalare che la (generica e comprensiva) salvezza delle “disposizioni di attuazione di obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea”, scolpita al comma 4, pare in grado di innestare, sul complessivo intervento, un criterio fortemente limitativo, in ragione della notoria circostanza che l’esercizio dell’attività economica è diffusamente e trasversalmente interessato dalla convergenza della normativa nazionale e di quella di matrice euro-comune.

Posto, peraltro, che i principi di semplificazione, di razionalizzazione e di efficientamento che si mira ad introdurre, non sono affatto estranei alla normativa di fonte europea – soprattutto nella prospettiva del valorizzato canone di proporzionalità, che gioca un ruolo fondamentale, quando si abbia riguardo alla proiezione specifica in termini sanzionatori della materia dei controlli sull’attività economica – l’esclusione in parola avrebbe potuto essere circoscritta con maggiore puntualità e con riferimento a più specifici e circostanziati profili ostativi.

In effetti, su un piano di riflessione sistematico-ordinamentale, proprio la generalizzata e pregiudiziale esenzione dal quadro regolatorio della semplificazione dei settori comunque interessati dalla disciplina europea, si pone in contraddizione con la stessa direttiva, disegnata dalla legge delega, di orientare le attività di controllo (intese, in senso lato e comprensivo, come “strumento di governo del sistema”) ad un’ottica “non solo repressiva”, ma anche “collaborativa” [(cfr. articolo 27, comma 1, lettere e) ed f)], privilegiando “meccanismi di promozione dell’ottemperanza”, di “dialogo” e di “valorizzazione dei comportamenti virtuosi”.

L’alternativa tra compliance e repressione si colloca infatti – come più avanti meglio si avrà modo di osservare – non solo sul crinale delle modalità dell’attività controllo (accessiispezioniverifiche, confronti), ma – più ancora – a valle della stessa, relativamente alle misure sanzionatorie (sia meramente pecuniarie che interdittive, repressive, ripristinatorie o conformative, spesso incidenti ancor più delle prime sulla sopravvivenza operativa delle imprese) che l’amministrazione procedente è tenuta ad adottare (anche, e si potrebbe dire, soprattutto) nel rispetto degli obblighi fissati a livello europeo all’esito di un controllo negativo.

Sicché il principio di proporzionalità – declinato, in conformità alla elaborazione operatane dalla stessa giurisprudenza europea, quale “regola del mezzo più mite” – è destinato non solo a supportare una verifica di necessità (nell’an) e di adeguatezza (nel quomodo) dei controlli, ma anche a modulare e conformare i meccanismi sanzionatori, di là della mera valorizzazione, in chiave esimente, dell’errore scusabile (di suo già prevista, in generale, dall’articolo 3, comma 2 della l. n. 689/1981, sul quale v. le osservazioni formulate infra).

Importa, con ciò, sottolineare che la c.d. dottrina Engel, e il principio di proporzionalità in materia sanzionatoria governano, per così dire, in special modo proprio il diritto euro-unitario; se ne può desumere che, pertanto, non si ponga, o non si dovrebbe porre in radice, nella materia dei controlli – ma, ancor più, delle misure sanzionatorie, “penali” in senso lato – un problema organico di “eccettuazione” del diritto euro-unitario dagli intenti di alleggerimento dei costi di compliance; cioè, esimendo da tale impulso in definitiva euro-radicato, proprio tale stesso sistema, - correttamente e complessivamente inteso nella sua sistematica delle fonti, inscindibilmente integrata con quelle nazionali -, quale creato in apice dai trattati e, progressivamente, dalle decisioni della Corte di giustizia euro-unitaria. E ciò proprio perché gli stessi principi della legge delega, nel complesso, appaiono prioritariamente applicativi dello stesso diritto euro-unitario.

8.2.- Le esposte considerazioni trovano conferma anche nella più recente giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr., tra le altre e da ultimo, Corte cost. n. 40/2023, che si è pronunziata sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del d.lgs. n. 297/2004, recante applicazione nell’ordinamento interno del regolamento CEE n. 2081/92, relativo alla protezione delle “indicazioni geografiche protette e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari”).

La Corte – proprio ribadendo la “matrice europea” della materia della “regolazione del sistema di registrazione, tutela e valorizzazione dei prodotti connotati da qualità peculiari, la cui reputazione è dovuta all’ambiente geografico d’origine, nonché alle specifiche modalità di produzione” – ha censurato la “disarmonia” dell’apparato sanzionatorio correlato al sistema dei controlli, ritenuto in contrasto “con il principio di proporzionalità delle sanzioni”. E ciò in quanto pure per le sanzioni amministrative – quand’anche correlate alla efficace ed effettiva salvaguardia del rispetto, da parte degli operatori economici, della normativa europea – si prospetta la generale “esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato. Ciò discende, appunto, dal dovere di assicurare l’attuazione del principio di proporzionalità, il quale, in questo ambito, trae il proprio fondamento nell’art. 3 Cost. in combinato disposto con le norme costituzionali che tutelano i diritti di volta in volta incisi dalla sanzione” (cfr. il punto 5.2 del Considerato in diritto).

Il richiamo giova, in definitiva e di là da considerazioni più puntuali e specifiche, a rimarcare, secondo la formulata osservazione, come una “esenzione” correlata alla mera incidenza (o rilevanza) della disciplina europea, nei termini operati con l’articolo in esame, appaia ampiamente non giustificata.

In ultima analisi, fermo restando che l’adeguamento ai citati obblighi di recepimento normativo euro-unitario, non risulta in sé (o quantomeno non dovrebbe essere) posto in discussione dal tenore dei criteri e finalità della delega normativa da attuare, il richiamo eccettuativo ad una caratteristica (multilivello) “sistemica” e, ormai, immanente, delle nostre fonti di normazione, rischia di convertirsi nella sottolineatura di una continua “instabilità”, rispetto a un variegato, e spesso complesso, ius superveniens (anche in termini di pronunce della Corte di giustizia); ciò appare meritevole di un più meditato sforzo di coerenza e di presa d’atto di una realtà concreta ben consolidata e non posta in dubbio, nel por mano in modo esauriente a quella che, per contro, si propone di essere una “legge di riferimento”; si tratta quindi di una fonte, in assunto, che trova nel suo carattere di affermata novità semplificatoria la sua funzione, per così dire, “rassicurante” e agevolatrice delle attività di impresa (si tratta, nel caso, di coniugare la tutela di interessi ormai essenzialmente normativizzati a livello Ue, con la simultanea preferenza “produttivistica” che riviene dalla affermazione dell’attività economica in libero mercato, dentro la cornice dei trattati).

9.- L’articolo 2 (Semplificazione degli adempimenti amministrativi non necessari o non proporzionati) mira ad attuare la legge delega, nella parte in cui ha previsto, tra i principi e criteri direttivi [cfr. articolo 27, comma 1 lettere a) e b)]:

a) la (preliminare) individuazione, con finalità discretiva, degli “adempimenti necessari” (in ragione della perdurante rilevanza degli “interessi pubblici” settoriali, in quanto ritenuti meritevoli di “tutela”) e, residualmente, degli “adempimenti non necessari”;

b) la (consequenziale e coerente) conservazione dei primi (peraltro, orientata alla loro “semplificazione” alla luce di un canone di “proporzionalità”, cioè di adeguatezza tra mezzi e fini) e, reciprocamente, l’“eliminazione” dei secondi, insieme alle “corrispondenti attività di controllo”.

9.1.- Osserva la Sezione che già la rubrica dell’articolo in esame sembra, sintomaticamente, tradire la riassunta indicazione programmatica, prefigurando una logica di “semplificazione” sia relativamente gli “adempimenti amministrativi non necessari” (i quali, in via di principio, dovrebbero essere, in realtà, non semplicemente adeguati, ma eliminati), sia relativamente gli adempimenti (meramente) “non proporzionati”.

In realtà, deve notarsi che, nel quadro programmatico dischiuso dalla delega, si parla di “semplificazione” in due accezioni distinte, secondo che sia evocata la semplificazione “del sistema dei controlli” (nel qual caso, con ogni evidenza, anche la eliminazione di controlli non necessari realizza una ‘semplificazione’ del complessivo quadro regolatorio) ovvero (come è nel caso dell’articolo in esame) la semplificazione “degli adempimenti amministrativi”: la prima attiva una logica selettiva discretiva (tra controlli necessari e controlli non necessari, rispettivamente da salvaguardare e da eliminare), la seconda declina invece una disciplina operativa, quale regola dell’azione amministrativa.

9.2.- Di là da ciò, l’obiettivo della delega viene perseguito con un articolato meccanismo programmatico, in base al quale:

a) in tempi piuttosto stringenti e verisimilmente incongrui (centoventi giorni), ogni amministrazione è tenuta ad operare (sulla scorta di uno “schema standardizzato” affidato alla preliminare elaborazione del Dipartimento per la funzione pubblica) un “censimento dei controlli” di propria competenza, sulla base delle “disposizioni vigenti”, destinato alla pubblicazione, con finalità conoscitive e di trasparenza, sul proprio sito istituzionale (comma 1);

b) con “cadenza triennale” (comma 4), ogni amministrazione è tenuta ad effettuare, altresì, una “ricognizione straordinaria” – che, in realtà, in ragione della cadenzata periodicità, assume piuttosto il tratto di una ricognizione ordinaria – dei controlli “operati nell’ultimo triennio”, con evidenziazione dei relativi “esiti” (comma 2, prima parte);

c) l’esito di tale ricognizione è, in prima battuta, un “rapporto sullo stato dei controlli”, destinato al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di una “verifica”, rimessa (non del tutto congruamente) a quest’ultimo, “della necessità di mantenimento o mutamento” (comma 2, seconda parte);

d) sulla base di tale attività (di “analisi, valutazione e verifica”), il Dipartimento è quindi tenuto ad elaborare, peraltro senza una definita scansione temporale, un “documento […] di sintesi” che – con finalità di “segnalazione” – trasmette alla Presidenza del consiglio, al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero delle imprese e del made in Italy nonché (tramite il Ministro) al Parlamento (comma 3).

9.3.- Osserva la Sezione che, con il descritto meccanismo, non si attua, in realtà, la semplificazione prefigurata dalla legge delega, ma la si differisce dilaziona in un tempo non definito, attraverso una (in sé certamente non inutile, ed anzi senz’altro strumentalmente necessaria) attività cognitiva documentale, destinata, sul piano formale-normativo, meramente a sollecitare la (futura e, di suo, eventuale) iniziativa legislativa (del Governo o, recta via, del Parlamento).

Ancorché obiettivamente complessa ed impegnativa, tale attività (intrinsecamente istruttoria) avrebbe in realtà dovuto, nello spirito della legge delega, precedere ed orientare una immediata semplificazione del sistema dei controlli sull’attività economica, realizzando l’eliminazione degli adempimenti non necessari e l’adeguamento di quelli necessari, nella prospettiva di “rendere” più efficaci, efficienti e coordinati i controlli. Ed in tale ottica, ciò rende vieppiù conto del senso di una proposta, quale prevista dalla legge-delega, che incardinasse la fase propositiva congiuntamente presso più ministeri (ritenuti dal legislatore maggiormente esponenziali della tematica da trasporre nella disciplina delegata) in una sorta di coordinato impulso “genetico” che, oltretutto, la stessa delega prevedeva che coinvolgesse, in modo sostanziale, in fase di elaborazione mediante concerto, un’ulteriore area di Ministeri le cui sfere di attribuzioni intersecassero la materia in modo rilevante.

In altri termini, è – di nuovo – significativo, nella prospettiva già sopra illustrata, che lo schema di decreto legislativo avrebbe dovuto costituire il frutto di una proposta (non a caso) pluristrutturata, contenutisticamente elaborata dai Ministri “competenti per materia”, alla luce – quindi – di un’analisi e di una valutazione degli interessi pubblici settorialmente rilevanti, di cui ciascun Ministero ha il dominio e la cognizione.

Ne è discesa, in definitiva, una semplificazione debole, per più di un profilo (con le eccezioni che si diranno) meramente prospettica: con il rischio – di cui è sintomatica spia il tratto meramente qualitativo e generico della analisi di impatto della regolazione che accompagna, senza il supporto di dati, segnatamente ricognitivi del campo d’applicazione, riferimenti e calcoli di vantaggi e costi prospettici, lo schema di decreto – di connotare l’intervento normativo quale in certo modo declamatorio, non essendoci, di fatto, effettive certezze né sull’an, né sul quando, né sul quomodo della reale ed effettiva semplificazione prefigurata.

D’altra parte, va soggiunto, questa è una conseguenza di una categorizzazione in termini di “controlli” della materia qui in rilievo, quasi trascinando (secondo una scelta “sintetica” del legislatore delegante) la logica concettuale, non coincidente, che contraddistingue i controlli intersoggettivi e interorganici che si svolgono all’interno dell’organizzazione pubblica complessivamente intesa.

Questa logica, appunto, trova peraltro la sua difficoltà regolatoria nel rifrangersi della (sempre più) articolata disciplina delle attività economiche, “a valle, - data la varietà dei settori di mercato e degli interessi sensibili diversificati tutelati dalle varie discipline settoriali, anzitutto euro-unitarie -, in una gran mole di limiti legali e norme imperative che impingono sull’attività economica. E ciò, presupporrebbe, pregiudizialmente, la determinazione di una gerarchia ordinatrice (di valori, costituzionali e euro-unitari) delle linee di sviluppo di un diritto che, non solo risulta più sostanziale (cioè di governo e indirizzo conformativo, appunto, di disparati settori di attività non necessariamente soggetti alle stesse esigenze) che “procedimentale”, ma che, ed è questo un punto essenziale, è anche essenzialmente afflittivo-sanzionatorio, (come sopra già enucleato).

Questo approccio determina, nell’impostazione dell’attuale schema normativo, appunto, - nella difficoltà di sintetizzare la sua ampia irradiazione su disparati interessi e materie -, come sua conseguenza concettuale e giuridico-sistematica, il pericolo, evidenziato dal testo attuale, del passaggio in una tecnica regolatoria - e, prima ancora ricognitiva, (appunto procedimento tipico per procedimento tipico) - estremamente analitica, se non eccessivamente ambiziosa.

Ciò in quanto si rischierebbe di dover affrontare, in ardui termini adattativi, ogni singola normativa settoriale sanzionatoria che contiene anche, inevitabilmente, nel suo dispiegarsi accertativo e sequenziale, un segmentato e differenziato aspetto procedimentale; tale approccio analitico da un lato, vincola ad un successivo sforzo regolatorio, in prima battuta, considerevole sul piano quantitativo e, simultaneamente, incerto sul piano della sua compiuta realizzazione ed armonizzazione (considerati anche i segnalati problemi di delimitazione della sfera di applicazione generale più sopra segnalati). Per altro verso, non risulta valorizzato il tratto unificatore, - il più rilevante in definitiva nella stessa considerazione oggettiva della ratio fondamentale della legge delega -, dell’applicazione delle varie misure afflittive che conseguono all’accertamento compiuto nell’esercizio di molteplici e simultanee attività di polizia c.d. amministrativa.

In sostanza, dato anche il tenore delle singole disposizioni che di seguito verranno esaminate, una volta valorizzato tale tratto unificatore, ci si può porre piuttosto nell’ottica, debitamente concertata tra i vari ministeri coinvolti, di una revisione adeguatrice, ma organica e stabile, del sistema delineato dalla ben nota legge n.689 del 1981, sia alla luce della (finora mai compiuta appieno) sua armonizzazione con l’applicazione diffusa della legge generale sul procedimento (n.241 del 1990 e sue, numerose, modifiche, in funzione, sovente, di arresti procedimentali consolidatisi nei decenni), sia, ancor più, - ed in modo risolutivo rispetto alla preoccupazione dell’interferenza con le fonti euro-unitarie, vigenti e potenzialmente subentranti, (preoccupazione che conduce alla già segnalata criticità di una norma generalmente e genericamente “eccettuatrice”) -, in senso adeguativo rispetto al diritto euro-unitario, segnatamente in tema di proporzionalità e riconoscibiltà di garanzie (dottrina Engel), quale venutosi a creare fino ad oggi, (e, va detto, in senso progressivamente e concretamente espansivo della sua ratio “garantista”, qui in rilievo per l’aspetto dei costi delle imprese in termini di compliance e di sostenibilità).

9.4.- A guisa di rilievo marginale, si osserva, in ogni caso:

a) che, al comma 4, l’indicazione della cadenza triennale per il “costante aggiornamento dello stato dei controlli” dovrebbe, per coerenza, riguardare non solo “la procedura di cui al comma 2” (riferita alla ricognizione straordinaria), ma anche quella, ad essa consequenziale, di cui al comma 3 (relativamente alla elaborazione e trasmissione del documento di sintesi);

b) che, al comma 5, in relazione alla introduzione (con un nuovo articolo 23-bis nel corpo del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33di un obbligo di pubblicazione periodica sul sito istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”, la previsione di un aggiornamento “almeno a cadenza biennale” potrebbe essere, con un migliore coordinamento, sostituita con una cadenza triennale, in coerenza con i tempi delle periodiche ricognizioni straordinarie di cui ai commi precedenti.

10.- Con l’articolo 3 (Sistema di identificazione e valutazione del livello di rischio “basso”) viene introdotto – sull’assunto, chiarito nella relazione illustrativa, che “la gestione del rischio costituisce, anche a livello internazionale, uno standard di riferimento imprescindibile per la valutazione dei livelli di “affidabilità” delle attività economiche” – un sistema di identificazione e gestione del rischio, cui gli operatori economici possono accedere su base volontaria, cui consegue il rilascio di un “report certificativo” di c.d. “basso rischio” (sottoposto a periodica verifica) da parte di organismi di certificazione accreditati: report il cui possesso, fatte salve ipotesi particolari, genera un alleggerimento dei controlli sulle attività.

Segnatamente, tale certificazione – destinata all’inserimento nel “fascicolo informatico” di impresa (cfr. articolo 4) – genera il diritto ad essere sottoposti a controlli con un intervallo “non inferiore ad un anno” (cfr. articolo 5, comma 4).

10.1.- Si è inteso, in tal guisa, dare attuazione al principio di cui all’articolo 27, comma 1 lettera d) della legge delega, che sollecita alla “programmazione dei controlli”, relativamente a “contenuti, modalità e frequenza” anche “sulla base del possesso di certificazioni del sistema di gestione per la qualità ISO o di sistemi equivalenti o dell'adozione da parte degli operatori economici di adeguati sistemi e modelli per l'identificazione e la gestione dei rischi”.

Importa, nondimeno, osservare che – a fronte di un’utilità nel complesso di non significativo impatto (consistente nella programmazione “ordinaria” dei controlli – per ciascuno dei cinque “ambiti omogenei” per i quali è possibile, anche distintamente, conseguire la certificazione di “basso rischio” – con cadenza non infraannuale) – agli operatori economici è imposto, sia pure su base volontaria, un costo correlato non solo al rilascio del “report certificativo”, ma anche ai periodici audit rimessi agli organismi di certificazione “per verificare il mantenimento della conformità alla norma di riferimento”.

In tal modo, l’esito che, in definitiva, ne discende è quello di una (limitata) sottrazione ai controlli pubblici ad opera delle autorità di settore, compensata dall’assoggettamento a “controlli” da parte di organismi privati accreditati, con l’assunzione dei relativi oneri. Di fatto, una sorta di parziale e segmentaria privatizzazione dei controlli, per i quali anche l’elaborazione delle “norme tecniche” e delle “prassi di riferimento” è rimessa alla elaborazione di soggetti formalmente privati, sia pure con la “ratifica” del prospettico recepimento con regolamento ministeriale (comma 2).

L’esito, quand’anche lo si ritenga non divergente, non è peraltro imposto dalla legge delega. La quale è, se mai, orientata alla mera valorizzazione in bonam partem:

a) per un verso, delle certificazioni di qualità già in possesso (ad altri e più comprensivi fini) degli operatori economici (le quali, in base al nuovo testo, sono per contro destinate a rappresentare solo uno degli elementi da prendere in considerazione ai fini della certificazione di “basso rischio” da parte dei nuovi organismi di certificazione: cfr. comma 3, lettera a);

b) per altro verso, all’adozione, nel contesto delle misure di organizzazione interne all’impresa, di sistemi modelli di gestione del rischio (secondo un paradigma conforme, a un dipresso, al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, correttamente evocato nel preambolo).

10.1- A ciò occorre aggiungere che – in base alla previsione del comma 3, lettera b) – si opera il riferimento a certificazioni (anche queste destinate ad essere “rilasciate sotto accreditamento”) riconducibili “agli obiettivi dell’agenda ONU 2030” ed “ai principi ESG (Environmental, Social, Governance)”.

Si tratta, ad avviso della Sezione, di riferimenti che non sembrano trovare aggancio nei criteri direttivi della legge delega e che introducono strumenti di misurazione di standard ambientali, sociali e di governance per molti versi ancora in fase di sviluppo e di definizione, ed oltretutto idonei ad incidere in modo importante, sia pure nella ribadita prospettiva meramente volontaria e premiale, sui costi complessivi della compliance, particolarmente impattanti sulle piccole e medie imprese.

11.- L’articolo 4 (Fascicolo informatico di impresa e obblighi di consultazione del soggetto che effettua i controlli) sancisce un rafforzamento dell’utilizzo del fascicolo informatico d’impresa, previsto dall’articolo 2, comma 2, lettera b), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, che diviene strumento di supporto alla programmazione, al coordinamento ed allo svolgimento delle attività di controllo.

Il divieto, posto a carico delle amministrazioni, di “richiedere la produzione di documenti e informazioni già disponibili nel fascicolo informatico o comunque già in loro possesso” risulta presidiato “sanzioni di cui all’articolo 18-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”, nonché dalla facoltà di segnalazione, da parte degli interessati, alla Agenzia per l’Italia digitale (AGID), che – ove accerti la sussistenza della violazione denunciata – pubblica la segnalazione su apposita area del proprio sito istituzionale, espungendo (come richiesto dal Garante per il trattamento dei dati personali, in applicazione del principio di minimizzazione) il nominativo del segnalante e i dati personali eccedenti.

11.1.- Si tratta, sotto un primo profilo, di disposizioni di principio già previste con disposizioni di carattere generale (cfr. articolo 18 legge n. 241/1990; articolo 43 d.P.R. n. 445/2000), che, nel contesto in esame – a dispetto di una certa enfasi che emerge dall’analisi di impatto della regolamentazione, che la riconduce ad una delle “più significative innovazioni”, alla luce del principio comunitario c.d. once only – vengono semplicemente ribadite, in ossequio alla legge delega.

Importa, nondimeno, segnalare che il richiamo all’articolo 18-bis della legge n. 82 del 2005 (che prevede e scandisce, al suo interno, una pluralità di sanzioni di diversa natura) non appare del tutto coordinato, soprattutto in relazione alla previsione della legge delega, che ammette esclusivamente l’introduzione di “sanzioni disciplinari in caso di inadempienze”, a carico dei soggetti responsabili (cfr. articolo 27, comma 1 lettera l) legge n. 118 del 2022).

12.- L’articolo 5 (Principi generali del procedimento di controllo delle attività economiche) declina e scandice i “principi generali” dell’attività di controllo.

A dispetto, anche qui, di una certa enfasi che ne accompagna l’enunciazione, si tratta in significativa misura di principi già diffusamente presenti ed operanti, in quanto previsti o desumibili da normative generali, nell’ordinamento: sicché la loro reiterazione, laddove non sia accompagnata da specifiche e contestualizzate misure di implementazione, rischia di risultare – al cospetto di una direttiva di concreta (ed incisiva) riduzione dei controlli non necessari e di semplificazione dei residui e non sopprimibili adempimenti, ispirata ad una logica di graduata proporzionalità orientata dal contesto procedimentale – per un verso superflua o, peggio ancora, suscettibile di attivare una sorta di gold plating.

Così deve dirsi, per esempio, del “principio della fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta”; dei “principi di efficacia, efficienza e proporzionalità”; o anche del criterio del “minimo sacrificio organizzativo per il soggetto controllato”, correlato alla minimizzazione delle richieste documentali; del “principio del contraddittorio” o del “principio di trasparenza”.

Si tratta, beninteso, di principi importanti e qualificanti: che, tuttavia, sollecitano, nella prospettiva della legge delega, l’introduzione di concreti sviluppi in strumenti operativi volti a “rendere” (così l’articolo 27, comma 1 l. n. 118/2022) effettivamente più efficaci, efficienti ed adeguati i controlli sulle attività economiche.

Tale punto complessivo, come altri di cui si dirà, peraltro, si riallacciano a quanto si è cercato di precisare, - circa la rilevanza operativa coessenziale, se non prevalente, dell’aspetto sanzionatorio, (non solo afflittivo-pecuniario ma anche, incisivamente, conformativo e ripristinatorio) insito, inevitabilmente, nell’affrontare il tema dei “controlli” sull’attività economica -, ai precedenti punti 8 e 9.3., ultima parte.

12.1.- Con questa avvertenza, e con maggior dettaglio, va certamente apprezzata (comma 1) la previsione [del resto, attuativa dalla legge delega: cfr. comma 1 lettera h)] dell’adozione e pubblicazione, sui siti istituzionali delle amministrazioni controllanti, di “apposite linee guida”, anche in termini di riscontro a frequently asked questions eventualmente emergenti dal “dialogo e confronto” con gli stakeholders.

Meno intellegibile è, tuttavia, il valore giuridico di tali linee guida: e cioè se costituiscano meri strumenti o indicatori (conoscitivi ed orientativi) di compliance o – come in qualche misura emerge dalla indicazione della legge delega – più vincolanti (nel senso di auto-vincolanti, in un’ottica semplificatoria delle legittime aspettative e dei costi correlati, stabilizzabili ex ante della platea degli operatori economici destinatari) “strumenti standardizzati”, atti a formalizzare “processi e metodi relativi ai controlli”, orientati “alla gestione dei rischi”.

12.2.- Parimenti apprezzabile (comma 3) la direttiva generale alla programmazione temporale dei controlli “ordinari” (e dei relativi “accessi ispettivi”) in correlazione alla “gravità del rischio” settoriale (con previsione dell’intervallo annuale minimo per i soggetti in possesso del “Report di basso rischio”): nondimeno – in assenza di un meccanismo atto, a vario titolo, a sanzionare il mancato rispetto del “principio” – esso si stempera in una mera sollecitazione di massima, posto che la programmazione è già un’implicita (e necessaria) direttiva all’azione amministrativa.

12.3 - Peraltro, ne sono espressamente “eccettuati” – oltre alle situazioni in cui, ragionevolmente, l’immediatezza del controllo si impone volta a volta in ragione di una specifica richiesta dell’autorità giudiziaria; di una circostanziata denunzia di terzi; di emergenti situazioni di rischio e di verifica, non intermittente, della sicurezza sui luoghi di lavoro – anche i “casi previsti dal diritto dell’unione europea”. La genericità e vaghezza del richiamo – unita alla realistica considerazione che difficilmente l’esercizio di attività economiche si sottrae alla diffusa e pervasiva incidenza della normativa euro-comune – finisce per dilatare in misura significativa l’ambito delle eccezioni al principio.

Il rilievo si salda, d’altra parte, con la pregiudiziale esclusione dall’ambito dell’intervento normativo di tutte “le disposizioni di attuazione di obblighi derivanti da diritto dell’Unione europea”, di cui si è detto supra, in relazione all’articolo 1, comma 4. Con il che, per un verso, non si tratta (solo) di attività “eccettuata” dal vincolo programmatorio, ma – più radicalmente – di settori “estranei” all’intervento normativo, che ne risulta perciò, sotto un più incisivo profilo, significativamente ridimensionato.

12.4 - Si apprezza, ancora, il divieto (comma 5) di ispezioni contestuali (cioè contemporanee), quando non siano il frutto di una concordata (e, come tale, concentrata e collaborativa) iniziativa congiunta di più amministrazioni interessate.

Il vincolo asseconda la direttiva della legge delega [articolo 27, comma 1 lett. c)] di evitare (non solo “duplicazioni”, ma anche) “sovrapposizioni” dei controlli, alla luce di un bilanciamento tra l’efficace tutela degli interessi pubblici e il diritto degli operatori economici a non subire “ritardi al normale esercizio dell’attività di impresa”.

Vero è, peraltro, che per un verso le esclusioni oggettive (per i controlli fiscali, quelli antimafia, di polizia economico-finanziaria, di sicurezza e difesa nazionale etc.) e, per altro verso, le esenzioni di cui all’articolo 5, comma 3 (che sollecitano, in ogni caso, accessi ed ispezioni “immediate”, per definizioni non cadenzabili) ridimensionano significativamente, con i rilievi già formulati, la concreta operatività del principio.

12.5.- Il comma 6 – attuando la direttiva della legge delega ad una programmazione della “frequenza dei controlli” che tenga conto “dell'esito delle verifiche e delle ispezioni pregresse” [articolo 27, comma 1 lett. d)] – sancisce un esonero semestrale nel caso di accertamento della conformità agli obblighi ed adempimenti imposti dalla disciplina di riferimento.

Si tratta, importa osservare, di un ‘vantaggio’ tutto sommato di scarso impatto e di poco momento, verosimilmente poco idoneo ad attivare una logica di effettiva “riduzione” dei controlli, tenendo per giunta conto che (di là dalla obiettiva brevità del lasso temporale semestrale):

a) l’esonero riguarda solo, naturalmente, i “medesimi controlli”, senza condizionare l’attività delle altre amministrazioni controllanti;

b) il limite non coinvolge né i settori “esclusi”, né le attività “eccettuate”, nel senso qui chiarito;

c) viene salvaguardato, anche sotto il profilo in questione, l’ambito diffuso delle disposizioni di matrice euro-comune, rispetto alle quali, - circa la loro integrabilità sistematica nella materia, non ostativa ed attuale riguardo alla linearità di soluzioni adottabili stabilmente, (ove tale diritto euro-unitario sia correttamente assunto nei sensi qui precisati) -, si è detto appunto, in precedenza.

12.6.- Il comma 7 declina, insieme, il principio del “contraddittorio” e il principio di “proporzionalità”, anche con riferimento agli esiti eventualmente sanzionatori. Si tratta anche qui – come si è osservato – di principi in realtà già operanti in virtù di previsioni di ordine generale ed a forte integrazione, già compiuta, del diritto euro-unitario; ciò che ne rende pleonastica una generica valorizzazione, cui si aggiunge il rischio (in considerazione del tratto restrittivo della formulazione della norma rispetto alle matrici legislative già vigenti) di attivare una forma di gold plating.

12.7.- Al principio del contraddittorio (più ancora, in verità, che a quello di trasparenza), si correla anche la previsione del comma 8, in base alla quale l’accesso ispettivo deve essere – salvi i casi di controlli immediatiurgentiimprevisti, destinati come tali ad operare “senza preavviso – obbligatoriamente preceduto dalla indicazione dell’elenco “della documentazione necessaria alla verifica ispettiva”, che l’operatore controllato ha l’onere di sottoporre al vaglio ed alla verifica dell’autorità.

Si tratta di una previsione di specie rispetto al generale obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, previsto, con più articolato contenuto informativo, dagli articoli 7 e 8 della legge n. 241/1990. Non sembra inopportuno, perciò, introdurre una clausola di salvezza della disciplina generale, così da scongiurare il rischio, verisimilmente indesiderato, di compressione o riduzione delle ordinarie garanzie partecipative.

Si osserva, inoltre, che il termine di cinque giorni (sia pure con l’attenuazione indotta dall’avverbio “almeno”) appare, specialmente per i controlli più complessi, piuttosto stringente, sicché si può suggerire di sostituirlo con un più elastico e modulabile “termine congruo”.

12.8.- Il comma 9 fa salva la disciplina del registro unico dei controlli ispettivi sulle imprese agricole (RUCI), prevista dal decreto del Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali 22 luglio 2015.

Tale registro – che rappresenta uno strumento settoriale di supporto all’attività di controllo delle imprese agricole – integra un archivio informatico che recepisce, per ogni controllo, data; anno di riferimento; ente competente; ente esecutore; nominativo del controllore; impresa agricola controllata; settore; tipologia; documentazione controllata o riproduzione elettronica dei verbali; esiti; estremi dei verbali o riproduzione elettronica dei verbali.

Nel registro affluiscono i dati concernenti i controlli effettuati da parte di organi di polizia, organi di vigilanza, organismi pagatori, nonché da organismi privati autorizzati allo svolgimento di controlli a carico delle imprese agricole.

Alla luce della interferenza – anche sotto il profilo della interoperabilità dei sistemi informativi – con la nuova disciplina, appare opportuno introdurre, ferma la salvezza della disciplina settoriale, più specifiche previsioni di coordinamento.

13.- L’articolo 6 (Violazioni sanabili e casi di non punibilità per errore scusabile) prevede – in attuazione della direttiva alla introduzione di diffide o “altri meccanismi di promozione dell'ottemperanza alla disciplina a tutela di interessi pubblici”, in un’ottica “non solo repressiva, ma anche conoscitiva” – dei meccanismi volti a ridurre, ove possibile, l’irrogazione di sanzioni per violazioni formali o di minore gravità, prevedendo la possibilità, al ricorrere dei presupposti, di rimuovere gli effetti lesivi della violazione in luogo del pagamento della sanzione pecuniaria. Si valorizza, altresì, l’ipotesi dell’errore scusabile quale condotta inidonea a far sorgere la responsabilità in capo all’agente, ai sensi dell’articolo 3, della legge n. 689 del 1981.

Sul punto, si osserva che lo “spontaneo adeguamento” – per evitare l’attivazione delle procedure sanzionatorie – deve avvenire “entro il termine di quindici giorni dalla data di notificazione dell’atto di diffida”. Ancorché si tratti di violazioni ‘minori’, sembra opportuno suggerire di valutare l’introduzione di un più flessibile “termine congruo”, che consenta all’amministrazione controllante di modulare l’ingiunzione alle peculiarità della situazione concreta.

Entrambe le previsioni, - in materia di errore scusabile così come in tema di preventivo esperimento di una fase di diffida con assegnazione di un congruo termine di adeguamento conformativo ed escludente/attenuante la sanzione prevista a regime -, vanno obiettivamente coordinate con le previsioni procedimentali generali della più volte citata legge n. 689 del 1981. Ciò conferma la estrema rilevanza, - proprio nell’ottica in bonam partem assunta dalla legge delega, rispetto alla preservazione della continuità aziendale, e produttiva in generale -, della prevalente proiezione incisiva e sanzionatoria dei “controlli” qui in rilievo; e, dunque, segnala a fortiori l’esigenza di una revisione adeguatrice che possa prendere come suo punto di partenza le norme della legge medesima (in specie, precisando, nel contesto sempre più articolato, e variabile nel tempo, di sopravvenute disposizioni di origine euro-unitaria, sempre da leggere alla luce del principio di proporzionalità, l’àmbito dell’errore scusabile e la preferenza “legale”, quindi stabilmente generalizzata, per la fase di diffida con termine per l’adeguamento spontaneo, prima di giungere all’irrogazione di misure afflittive in senso stretto).

Il comma 5 prevede che il soggetto controllato non sia responsabile quando le violazioni sono commesse per errore non determinato da colpa. La regola non fa che ripetere, in realtà, la previsione generale di cui all’articolo 3, comma 2 della l. n. 689/1981, in materia di elemento soggettivo delle sanzioni amministrative, sicché si tratta di previsione superflua (in ordine alla quale suona piuttosto enfatico l’assunto di una specifica codificazione di una ipotesi di sanabilità dell’errore). Diversamente agirebbe, in senso attuativo della legge delega, e seguendo il tipo di approccio suggerito in questa sede, proprio nel segnalato contesto di complessità e stratificazione dinamica del diritto euro-unitario, una precisazione, realisticamente adeguatrice, in bonam partem, - cioè tenendo conto, ancora una volta, del principio di proporzionalità e ragionevolezza rispetto alle condotte esigibili -, circa l’elemento della colpevolezza e della correlata scusabilità, a fronte di attività di interpretazione, e prima ancora di “presa di conoscenza” delle norme sopravvenute che, spesso, travalicano le capacità “ordinariamente diligenti” degli operatori economici interessati.

14.- L’articolo 7 (Meccanismi di dialogo e collaborazione) prevede – in attuazione dell’articolo 27, comma 1 lettera e) – un meccanismo di dialogo tra amministrazioni e operatori economici, disponendo che, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione delle fonti normative riguardanti fattispecie di carattere generale o difformità applicative nell’ambito del territorio nazionale, relative a obblighi e adempimenti che sono oggetto dei controlli, le associazioni nazionali di categoria di cui all’articolo 4 della legge 11 novembre 2011, n. 180, possono interpellare l'amministrazione centrale competente, prospettando una soluzione motivata.

Si segnala che la salvezza dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente) è, per un verso, superflua, per altro verso fuorviante, posto che la disciplina in esame non si applica ai controlli fiscali, che ne sono espressamente esclusi.

Al comma 2, in luogo di “Controlli sulle imprese” occorre scrivere “Controlli sulle attività economiche” (cfr. articolo 2, comma 5).

La clausola di invarianza finanziaria introdotta al comma 3, per quanto rispondente alle indicazioni della legge delega, appare obiettivamente incongrua, essendo per un verso irrealistico immaginare l’attivazione di un’attività di dialogo e cooperazione con gli operatori economici senza risorse dedicate, per altro verso tale da lasciar ritenere che tempestività e qualità/quantità delle risposte non siano obbligatoriamente migliorabili.

15. Gli articoli 8 (Formazione) e 9 (Utilizzo di soluzioni tecnologiche nelle attività di controllo) prevedono, rispettivamente, la definizione di un piano specifico di formazione del personale, da erogare attraverso la Scuola nazionale dell’amministrazione, con specifico riguardo alla “digitalizzazione degli strumenti di programmazione e svolgimento dei controlli”, e le disposizioni di incentivazione all’utilizzo delle tecnologie informatiche in tutte le fasi dei controlli, ivi compreso il ricorso a sistemi di intelligenza artificiale.

In proposito, si segnala la sostanziale incongruenza, sia pure indotta dal limite della delega (e trasfusa nella finale clausola di invarianza, di cui all’articolo 10), di prevedere operazioni di significativo impatto organizzativo sostanzialmente a costo zero. Inoltre, il ricorso ai sistemi di intelligenza artificiale – che valorizzano “approcci di apprendimento automatico o basati sulla logica e sulla conoscenza” – richiede la strutturazione di adeguate garanzie, non limitate alla “tracciabilità” del funzionamento del sistema ed alla generica “conoscibilità ai soggetti controllati”, ma estese ad una più incisiva salvaguardia della effettività del contraddittorio ed una meno generica prefigurazione delle conseguenze della violazione dei formalismi algoritmici.

Conclusioni.

16. – Alla luce dei rilievi che precedono, è avviso della Sezione che lo schema di decreto legislativo all’esame evidenzi – sia relativamente agli adempimenti procedimentali (quanto alla non adeguata formalizzazione della proposta congiunta), sia relativamente ai contenuti (quanto alle prefigurate modalità di semplificazione piuttosto programmata che effettivamente realizzata) – profili di criticità relativamente alla corrispondenza alle direttive della legge di delegazione.

P.Q.M.

nei sensi di cui in motivazione è il parere della Sezione.


 

 
   

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

Giovanni Grasso

Luciano Barra Caracciolo

 

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO

Cesare Scimia