Pubblicato il 20/02/2023
N. 01745/2023REG.PROV.COLL.
N. 05291/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5291 del 2022, proposto
da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniele Granara,
con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Bartolomeo
Bosco n. 31/4
contro
Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, Corte D'Appello di -OMISSIS-, Tribunale di -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma (Sez. Prima), n. -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura, del Ministero della Giustizia, della Corte D'Appello di -OMISSIS- e del Tribunale di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022 il Cons. Maurizio Antonio Pasquale Francola e uditi per le parti l’avvocato Daniele Granara e l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La vicenda origina dalla querela sporta nei confronti dell’appellante per taluni fatti da quest’ultimo commessi nella qualità di socio della -OMISSIS-, ipotizzati come configurabili il reato di cui all’art. 640 c.p. (truffa) e per i quali, all’esito delle indagini preliminari svolte, la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di -OMISSIS- decideva di procedere, con la notifica di un decreto di citazione a giudizio, per il diverso delitto di insolvenza fraudolenta, di cui all’art. 641 c.p..
Il giudizio penale si concludeva con la pronuncia della sentenza del Tribunale Ordinario di -OMISSIS- di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato contestato all’imputato.
Nel frattempo, il CSM trasmetteva al Presidente della Corte d’Appello di -OMISSIS- gli atti delle indagini che avevano coinvolto l’appellante per le valutazioni di competenza ai sensi dell’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017. All’esito dell’istruttoria procedimentale condotta anche in contradittorio con l’appellante, il Presidente della Corte d’Appello di -OMISSIS- proponeva al Consiglio Giudiziario, in data 5 aprile 2019, l’adozione della misura della sospensione cautelare delle funzioni giudiziarie esercitate nella qualità di giudice onorario di pace ai sensi dell’art. 18 D.P.R. n. 198/2000.
In data 17 aprile 2019, la Sezione Autonoma della Magistratura Onoraria del Consiglio Giudiziario della Corte di Appello di -OMISSIS- condivideva la predetta proposta, a sua volta, proponendo al CSM la sospensione cautelare dell’appellante dalle funzioni giudiziarie onorarie.
Con deliberazione del 13 gennaio 2021, notificata il 20 gennaio 2021, il CSM disponeva la misura cautelare richiesta, sospendendo l’appellante dalle funzioni giudiziarie esercitate nella qualità di giudice onorario di pace.
Quest’ultimo ricorreva al T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, per sentire annullare, previa concessione della chiesta misura cautelare, il provvedimento disciplinare adottato nei suoi confronti per poi impugnare con motivi aggiunti il successivo decreto di sospensione cautelare dalle funzioni emanato dal Ministero della Giustizia.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, la Corte d’Appello di -OMISSIS- ed il Tribunale di -OMISSIS- si costituivano in giudizio opponendosi all’accoglimento del ricorso.
Con sentenza n. -OMISSIS-pubblicata il 23 dicembre 2021 e non notificata da alcuna delle parti in causa, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. I rigettava il ricorso, compensando le spese processuali.
Con appello notificato il 21 giugno 2022 e depositato il 27 giugno 2022, l’appellante impugnava la predetta pronuncia per domandarne la riforma riproponendo tutti i motivi di ricorso già dedotti nel giudizio di primo grado.
Con ordinanza cautelare n. -OMISSIS- il Collegio non accoglieva l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata proposta dall’appellante.
Si costituivano il Consiglio Superiore della Magistratura, il Ministero della Giustizia, la Corte d’Appello di -OMISSIS- ed il Tribunale di -OMISSIS- con memoria di mera forma.
All’udienza pubblica del 6 dicembre 2022, il Collegio, dopo avere udito i procuratori delle parti costituite presenti, tratteneva l’appello in decisione.
DIRITTO
I. – In via preliminare, in ragione della proposta impugnazione e della reiterazione di tutti i motivi dedotti in prime cure, il Collegio osserva che è riemerso l'intero thema decidendum del giudizio di primo grado, che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a..
Pertanto, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il Collegio prende direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020; Consiglio di Stato sez. IV, 27/12/2021, n.8633).
II. – I primi due motivi del ricorso introduttivo di primo grado possono essere congiuntamente esaminati, in quanto entrambi contraddistinti da censure di nullità per ragioni tra loro connesse.
II.1. – Con il primo motivo del ricorso introduttivo di primo grado si lamenta la nullità del provvedimento impugnato per difetto assoluto di attribuzione e violazione della riserva assoluta di legge di cui all’art. 108 co.1 Cost..
Secondo l’appellante, infatti, l’art. 10 co. 2 della L. 21 novembre 1991, n. 374, pur non prevedendo la possibilità della sospensione cautelare per i giudici onorari, espressamente statuiva l’applicabilità delle disposizioni in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, in quanto compatibili, al punto da indurre la Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite, a ritenere applicabili ai giudici di pace, come l’appellante, le richiamate disposizioni, salvo il limite della compatibilità, senza la necessità di un ulteriore intervento normativo preordinato ad assicurare l’estensione anche della sanzione disciplinare della sospensione cautelare, non sussistendo alcuna situazione particolare di impedimento o d’incompatibilità (Cassazione civile sez. un., 1 ottobre 1997, n.9616).
In seguito veniva promulgata la L. n. 468/1999 contemplante all’art. 22 un’espressa delega al Governo per l’emanazione, ai sensi dell’art. 17 co.1 L. n. 400/1988, di un regolamento di coordinamento ed attuazione delle disposizioni di cui al Capo I, statuenti modifiche, in generale, alla legge 21 novembre 1991 n. 374 ed, in particolare, alla disciplina della decadenza, della dispensa e delle sanzioni disciplinari (art. 7) prevista dall’art. 9 della predetta legge.
In attuazione dell’art. 22 L. n. 468/1999 è stato, quindi, emanato il d.P.R. 10 giugno 2000, n. 198, recante all’art. 17 un’apposita disciplina per i procedimenti disciplinari ed all’art. 18 un’espressa regolamentazione della sospensione cautelare dalle funzioni giudiziarie onorarie del giudice di pace, distinguendo due ipotesi: da un lato, la sospensione obbligatoria da disporre in caso di sottoposizione del giudice di pace a misura cautelare personale (co. 1, 2, 3); e, dall’altro, la sospensione facoltativa, prevedendo all’uopo un rinvio agli artt. 30 e 31 co.2 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, ossia alla disciplina prevista per i magistrati ordinari (co. 4).
Sennonché, in seguito, le disposizioni da ultimo menzionate sono state abrogate dall’art. 31 D.Lgs. n. 109/2006, con conseguente inapplicabilità ai giudici di pace delle nuove norme introdotte per i procedimenti disciplinari da istruire nei confronti dei magistrati ordinari, in quanto non espressamente richiamate dall’art. 18 d.P.R. 10 giugno 2000 n. 198.
Dopo di che, con il D.Lgs. n. 116/2017 è stata disposta una riforma organica della magistratura onoraria, prevedendosi, per quanto in questa sede di interesse, all’art. 33 l’abrogazione dell’art. 9 L. n. 374/1991 (rubricato “Decadenza, dispensa, sanzioni disciplinari”) ed all’art. 32 co. 11 e 12 un’apposita disciplina transitoria per i procedimenti disciplinari pendenti all’entrata in vigore della nuova normativa.
E poiché l’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017, contemplante la nuova regolamentazione dei procedimenti disciplinari da istruire nei confronti dei magistrati onorari, non prevede la sospensione cautelare dall’esercizio delle funzioni, il provvedimento adottato nei confronti dell’appellante sarebbe nullo per difetto assoluto di attribuzione.
II.2 – Con il secondo motivo del ricorso introduttivo di primo grado si lamenta la nullità del provvedimento impugnato per le medesime ragioni già dedotte con il primo motivo, poiché il potere di sospensione cautelare dall’esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie non potrebbe disporsi neanche in virtù del richiamato orientamento dalla Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite, enunciato con la pronuncia dell’1 ottobre 1997 n. 9616, considerato che il D.Lgs. n. 109/2006 ha abrogato gli artt. 30 e 31 co.2 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 richiamati dall’art. 18 co. 4 D.P.R. 198/2000, ossia dal regolamento attuativo dell’art. 22 L. 24 novembre 1999 n. 468 in relazione all’art. 10 co. 2 L. 21 novembre 1991 n. 374, statuente l’applicabilità ai giudici di pace delle disposizioni in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, in quanto compatibili, a sua volta, abrogato dall’art. 33 D.Lgs. n. 116/2017.
Secondo, infatti, l’appellante, il legislatore nel 2017 avrebbe deciso di non richiamare le disposizioni previste per i magistrati ordinari, dettando una disciplina organica ed autonoma per i giudici onorari, senza, però, prevedere la sospensione cautelare dalle funzioni giudiziarie onorarie, non essendo, all’uopo, ammissibili interpretazioni analogiche in ossequio alla riserva assoluta di legge prevista dall’art. 108 co.1 Cost..
II.3. – Il Collegio osserva che il mutamento del quadro normativo di riferimento ha determinato l’introduzione di una nuova disciplina preordinata a decretare una riforma organica della magistratura onoraria, in modo da dettare un complesso di regole quanto più uniforme possibile per le varie componenti esercenti la funzione giudiziaria onoraria ed ossia i giudici di pace (istituiti con la Legge 21 novembre 1991 n. 374), i giudici onorari di tribunale ed i viceprocuratori onorari presso i tribunali (istituiti in coincidenza con la soppressione delle preture e l’istituzione del giudice unico di tribunale ad opera del D.Lgs. n. 51/1998, artt. 42 bis e ss. R.D. n. 12/1941).
Il D.Lgs. n. 116/2017, infatti, detta una disciplina per tutte le componenti della predetta magistratura onoraria, prevedendo, per quanto di interesse in questa sede, all’art. 21 un’apposita regolamentazione delle sanzioni disciplinari applicabili, ed ossia la decadenza (qualora venga meno taluno dei requisiti necessari per essere ammesso alle funzioni ed ai compiti dell’incarico di magistrato onorario ricoperto), la dispensa (allorché si verifichi un impedimento per una durata superiore a sei mesi) e la revoca (in caso di accertata inidoneità ad esercitare le funzioni giudiziarie o i compiti dell’ufficio del processo).
L’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017 non prevede anche la sospensione cautelare dall’esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie.
Donde, il dubbio interpretativo in ordine all’eventuale persistenza o elisione per scelta del legislatore di siffatto potere.
II.3.1. – Sennonché, la nullità del provvedimento amministrativo per difetto di attribuzione ex art. 21 septies L. n. 241/1990 presuppone la totale assenza della norma attributiva del potere.
Come noto, l’invalidità del provvedimento di cui all'art. 21 septies L. n. 241/1990 citato ha carattere eccezionale e il difetto assoluto di attribuzione, quale causa di nullità del provvedimento amministrativo, ricorre soltanto in caso di cosiddetta carenza di potere in astratto, vale a dire quando l'Amministrazione esercita un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce, essendo tale vizio configurabile solo nei casi in cui un atto non possa essere radicalmente emanato da una autorità amministrativa, in quanto priva di alcun potere nel settore, neppure condividendone la titolarità con un'altra amministrazione, configurandosi altrimenti un’illegittimità per vizio di incompetenza (cfr. Consiglio di Stato sez. II, 14 gennaio 2022, n.272; Cons. Stato, Sez. VI, 31 ottobre 2013, n. 5266; Sez. IV, 18 novembre 2014, n. 5671; Sez. IV, 17 novembre 2015, n. 5228; Sez. V, 10 gennaio 2017, n. 45; Cons. Stato, IV, 19 dicembre 2007, n. 2273; id., V, 2 novembre 2011, n. 5843; id., VI, 27 gennaio 2012, n. 372; id., V, 30 agosto 2013, n. 4323).
II.3.2. – Nella fattispecie è vero che il D.Lgs. n. 116/2017 non contempla espressamente il potere di sospensione dall’esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie, ma è pur vero che il potere di cui si discute è di natura prettamente cautelare, ossia provvisorio e, come tale, soggiace alle logiche dei provvedimenti strumentali a soddisfare esigenze di carattere transitorio.
II.3.3. – Donde, la possibilità, in ossequio al principio di continenza, di desumerne l’esistenza da norme attributive di poteri più ampi, in quanto determinanti una definitiva e non transitoria regolamentazione del rapporto amministrativo intercorrente tra la P.A. e l’interessato che, nella circostanza, si rinviene nell’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017 nella parte in cui espressamente prevede la revoca del magistrato onorario dall’incarico ricoperto allorché, come ritenuto rilevante nella circostanza, abbia tenuto in ufficio o fuori una condotta tale da compromettere il prestigio delle funzioni attribuitegli.
Se, infatti, sussiste il potere di revocare l’atto di preposizione all’esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie, ossia il decreto di nomina del giudice di pace adottato dal Ministero della Giustizia previa deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura ai sensi (all’epoca) di quanto previsto dall’art. 4 bis co.1 L. 21 novembre 1991 n. 374 introdotto dall’art. 2 L. 24 novembre 1999 n. 468, non può che ritenersi sussistente, in quanto a fortiori contemplato in ossequio al principio di continenza, anche il (minore) potere di sospendere provvisoriamente e transitoriamente l’efficacia di siffatto atto per riscontrate e comprovate esigenze cautelari, deponendo in tal senso le seguenti ragioni.
II.3.4. – La prima, di natura teleologica, è identificabile con gli interessi pubblici e privati intercettati dal potere esercitato. Infatti, la sospensione cautelare dall’esercizio delle funzioni giudiziarie se, da un lato, tutela le evidenti esigenze pubbliche della collettività connesse all’attività giudiziaria esercitata dal Giudice di Pace, dall’altro, tutela anche il Giudice di Pace interessato dal provvedimento adottato, riconoscendogli una fase di quiescenza del rapporto intercorrente con l’Amministrazione della giustizia che potrebbe, una volta superate le ragioni cautelari poste a fondamento della sospensione decretata, anche risolversi con la prosecuzione dell’esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie in precedenza sospese, a differenza di quanto, invece, si prospetterebbe in caso di dichiarata carenza di potere in astratto.
Qualora, infatti, all’Amministrazione della giustizia fosse preclusa la possibilità di sospendere transitoriamente dall’incarico il Giudice di Pace coinvolto da fatti ritenuti di significativa rilevanza disciplinare in quanto idonei a compromettere il prestigio delle funzioni giudiziarie onorarie attribuite, non sarebbe possibile altra evenienza che l’immediata revoca del decreto ministeriale di nomina, con conseguente definitiva interruzione del rapporto ed impossibilità di decretarne un’eventuale futura prosecuzione se non a fronte di un annullamento d’ufficio o giurisdizionale che potrebbe anche mai avvenire. Diversamente, la sospensione degli effetti garantisce la salvaguardia dei preminenti interessi pubblici tutelati nella prospettiva di una futura e completa istruttoria da condurre nel rispetto del contraddittorio con l’interessato al fine di accertare la sussistenza dei presupposti per la prosecuzione o definitiva interruzione del rapporto amministrativo intercorrente tra la P.A. ed il destinatario del provvedimento cautelare.
II.3.5. – La seconda ragione, di carattere sistematico, è rinvenibile, invece, nella legge fondamentale del potere amministrativo, ed ossia nella L. n. 241/1990 che all’art. 21 quater riconosce, in generale, allo stesso organo che ha emanato il provvedimento amministrativo il potere di sospenderne l’esecuzione al ricorrere di gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, così rappresentando la sospensione dell’efficacia quale potere minore e connesso a quello (più ampio) di adozione di un certo provvedimento, in ragione dell’evidente connessione sussistente con la norma attributiva di quel determinato potere di amministrazione attiva, quest’ultima legittimando l’Autorità competente non soltanto formalmente ad esercitare il potere riconosciutogli, ma anche a consentirle un pieno governo delle conseguenze del potere esercitato, al punto da implicitamente ammettere financo la facoltà di sospendere l’efficacia del provvedimento tipico emanato.
Il Consiglio di Stato, infatti, ha da tempo affermato che (Consiglio di Stato sez. III, 25 agosto 2020, n.5196; Consiglio di Stato sez. III, 28 marzo 2019, n.2075; Consiglio di Stato sez. IV, 22 febbraio 2017, n. 823; sez. IV, 13 giugno 2013, n. 3276; sez. V, 18 dicembre 2012, n. 6507; sez. VI, 11 febbraio 2011, n. 905):
a) ai sensi degli artt. 7, comma 2, e 21 quater l. 7 agosto 1990 n. 241, la Pubblica Amministrazione dispone di un generale potere di natura cautelare e di durata temporanea, consistente nella sospensione degli effetti dell'atto amministrativo precedentemente adottato, al quale però si accompagna la necessità della previsione di un termine che salvaguardi l'esigenza di certezza della posizione giuridica della parte, così scongiurando il rischio di una illegittima sospensione sine die. Il suddetto parametro temporale risulta oggi rigidamente presidiato da una disposizione di chiusura, introdotta dall'articolo 6 comma 1 lettera c) della l. 124/2015 ed a mente della quale "La sospensione non può comunque essere disposta o perdurare oltre i termini per l'esercizio del potere di annullamento di cui all'articolo 21-nonies".
b) affinché il potere cautelare dell'Amministrazione possa ritenersi correttamente esercitato, come del resto previsto dall'art. 21 quater, comma 2, l. n. 241 del 1990, è indispensabile che sussistano gravi ragioni, cioè circostanze tali da rendere quanto meno inopportuno che un provvedimento emanato, non inficiato da vizi macroscopici o facilmente riconoscibili, continui a svolgere i propri effetti per evitare che questi possano definitivamente alterare e compromettere il substrato fattuale sul quale incide (Consiglio di Stato sez. III, 28/03/2019, n. 2075).
Con riguardo al caso in esame, il potere di sospensione cautelare dalle funzioni giudiziarie onorarie esercitate soddisfa i richiamati requisiti tanto sul piano teleologico, quanto sul piano eziologico, poiché tanto funzionale alla tutela delle medesime esigenze generali della collettività connesse all’Amministrazione della giustizia e garantite dall’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017, quanto strumentale rispetto al più ampio potere di revoca previsto dalla disposizione da ultimo menzionata, di cui costituisce un potere minore, peraltro, giustificabile anche nell’ottica del rispetto del principio di proporzionalità, eludendo il rischio che a fronte di esigenze cautelari meramente transitorie l’Amministrazione si determini con provvedimenti di definitiva revoca del decreto ministeriale di conferimento dell’incarico di Giudice di Pace.
Ed invero, con riferimento in generale alla sospensione facoltativa disposta a seguito di procedimento penale – a norma del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 91 (fra le altre, Cass. nn. 147/2013, 15941/2013, 26287/2013, 13160/2015, 9304/2017, 10137/2018, 20708/2018, 7657/2019, 9095/2020) – ed in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa (C.d.S., Ad plen. 28 febbraio 2002 n. 2) e costituzionale (Corte Cost. 6 febbraio 1973 n. 168), la Corte di Cassazione ha chiarito che la sospensione cautelare, in quanto misura interinale, ha il carattere della provvisorietà e della rivedibilità, nel senso che solo al termine e secondo l'esito del procedimento disciplinare si potrà stabilire se la sospensione preventiva applicata resti giustificata e debba sfociare nella destituzione o nella sospensione disciplinare, ovvero debba venire caducata a tutti gli effetti.
Può, dunque, concludersi che la mancata previsione nel D.Lgs. n. 116/2017 di un espresso potere di sospensione dall’esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie non può ritenersi indicativa della volontà del legislatore di escludere la possibilità di irrogare un siffatto provvedimento cautelare.
Donde, l’infondatezza dei primi due motivi esaminati, non essendo il provvedimento impugnato nullo per difetto di attribuzione.
III. – Con il terzo motivo del ricorso introduttivo si lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato per falsa applicazione dell’art. 18 d.P.R. n. 198/2000, degli artt. 21 e 22 D.Lgs. n. 109/2006, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., eccesso di potere per contraddittorietà estrinseca, poiché: 1) il Presidente della Corte d’Appello di -OMISSIS- non poteva proporre al Consiglio giudiziario l’esercizio di un potere di sospensione previsto da una norma regolamentare, ossia l’art. 18 d.P.R. n. 198/2000, non più applicabile in quanto attuativa di una legge ormai abrogata e, peraltro, richiamante una disposizione, ossia l’art. 31 R.G.L. n. 511/1946, a sua volta, abrogata; 2) non sarebbe, poi, ammissibile un’applicazione analogica dell’art. 18 d.P.R. n. 198/2000, essendo l’ordinamento dei magistrati sottoposto alla riserva assoluta di legge di cui all’art. 108 co.1 Cost.; 3) sussisterebbe una chiara contraddittorietà tra la proposta del Presidente della Corte d’Appello di -OMISSIS-, formulata ai sensi dell’art. 18 D.P.R. n. 198/2000, e la delibera del C.S.M., che, invece, ha ritenuto applicabili gli artt. 21 e 22 del D.Lgs. n. 109/2006 previsti per i magistrati ordinari in quanto espressione di un principio generale immanente al sistema a tutela dell’immagine della funzione giurisdizionale del corretto esercizio di essa, come tale estensibile anche alla magistratura onoraria.
III.1. – Con riguardo al primo profilo di illegittimità dedotto, il Collegio si riporta a quanto già argomentato in relazione al punto II, sussistendo un fondamento normativo del potere nell’occasione esercitato dall’Amministrazione giudiziaria e non risultando quindi violato il generale principio di tipicità e tassatività.
In secondo luogo, occorre precisare che l’art. 18 d.P.R. n. 198/2000 non può ritenersi abrogato dal D.Lgs. n. 116/2017.
Ed invero, sebbene i regolamenti di mera esecuzione ed attuazione siano suscettibili di sopravvenuta inefficacia in caso di abrogazione della normativa primaria di riferimento della quale costituiscono disciplina attuativa, il d.P.R. n. 198/2000 non può considerarsi un regolamento meramente attuativo delle disposizioni di cui al capo I della legge 24 novembre 1999 n. 468, essendo anche, come chiaramente desumibile dall’art. 1, una normativa di coordinamento della disciplina concernente i Giudici di Pace che, per quanto di interesse in questa sede, procedimentalizza all’art. 18 un potere già rinveniente il suo fondamento in una norma primaria costituita, in precedenza, dalla legge 21 novembre 1991 n. 374 ed oggi dall’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017.
Il che, di per sé, esclude la sopravvenuta inefficacia quale conseguenza dell’abrogazione delle disposizioni della legge 21 novembre 1991 n. 374 menzionate nell’art. 33 D.Lgs. n. 116/2017.
Né, peraltro, in quest’ultima norma si rinviene un espresso riferimento al d.P.R. n. 198/2000.
Pertanto, non può ritenersi il richiamato regolamento implicitamente abrogato dal D.Lgs. n. 116/2017.
Con riguardo, poi, a quanto affermato nella sentenza appellata in relazione alla ritenuta natura dinamica e sostitutiva del rinvio contemplato dall’art. 18 co. 4 d.P.R. n. 198/2000 agli artt. 30 e 31 R.D. n. 511/1946, con conseguente intendimento di un richiamo agli attuali artt. 21 e 22 D.Lgs. n. 109/2006, il Collegio condivide le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di prime cure, osservando, poi, che, quand’anche non si condividesse la tesi sostenuta dal T.A.R. Lazio, il potere cautelare sospensivo avrebbe, comunque, un suo fondamento normativo primario direttamente desumibile dall’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017, in quanto potere implicito strumentale rispetto all’espresso potere di revoca delle funzioni giudiziarie onorarie.
III.2. – Il che rileva anche ai fini della doglianza con la quale si lamenta l’incompatibilità della ritenuta applicazione analogica dell’art. 18 d.P.R. n. 198/2000 con la riserva di legge di cui all’art. 108 co.1 Cost., considerato, infatti, che il fondamento normativo del potere esercitato sarebbe desumibile dalla richiamata disposizione avente forza di legge e non da un regolamento.
L’art. 18 D.P.R. n. 198/2000, infatti, è una norma regolatrice del potere e non anche costitutiva del potere.
Pertanto, la censura è destituita di fondamento.
III.3. – Con riguardo, poi, alla dedotta contraddittorietà della motivazione degli atti a confronto, si osserva, da un lato, che il riferimento all’art. 18 D.P.R. n. 198/2000 contemplato nella proposta del Presidente della Corte d’Appello di -OMISSIS- non era erroneo per le anzidette ragioni, e, dall’altro, che il richiamo agli artt. 21 e 22 D.Lgs. n. 109/2006 previsto nella delibera del C.S.M. deve intendersi in senso indicativo dell’esistenza di un generale potere immanente al sistema che, in quanto preordinato alla tutela dell’immagine e del corretto esercizio della funzione giurisdizionale, “deve trovare applicazione in tutti i casi in cui vi sia il pericolo di lesione” (pag. 2 della delibera consiliare impugnata).
Né, peraltro, potrebbe pervenirsi a differente conclusione condividendo le censure dell’appellante, poiché, quand’anche il predetto richiamo agli artt. 21 e 22 D.Lgs. n. 109/2006 fosse ritenuto erroneo, il provvedimento impugnato non sarebbe, comunque, illegittimo in quanto espressione di un potere cautelare agevolmente desumibile dall’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017, in ragione del richiamo ai presupposti previsti per l’esercizio del potere di revoca, contemplando la delibera impugnata un chiaro riferimento alla citata disposizione normativa nella parte in cui al comma 5 statuisce che “La revoca è altresì disposta quanto il magistrato onorario tenga in ufficio o fuori una condotta tale da compromettere il prestigio delle funzioni attribuitegli”.
Pertanto, il terzo motivo è infondato.
IV. – Con il quarto motivo di ricorso si lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato per falsa applicazione dell’art. 18 d.P.R. n. 198/2000, degli artt. 21 e 22 D.Lgs. n. 109/2006, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., violazione degli artt. 1, 2, 3 L. n. 241/1990, eccesso di potere per travisamento, contraddittorietà estrinseca, sviamento, poiché: 1) il C.S.M. avrebbe erroneamente ritenuto l’appellante autore di condotte tenute in ufficio e fuori tali da compromettere il prestigio delle funzioni attribuitegli, al punto da meritare l’adozione delle sanzioni disciplinari di cui all’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017, per poi affermare la necessaria applicabilità delle disposizioni stabilite per i magistrati professionali a causa della mancata previsione di un’apposita disciplina per i giudici onorari; 2) nessuna condotta tenuta in ufficio sarebbe stata contestata all’appellante, essendo, semmai, da considerare rilevanti le condotte serbate al di fuori dell’ufficio; 3) erronea sarebbe l’affermazione secondo cui la società di cui l’appellante sarebbe socio ed amministratore di fatto avrebbe sede in un Comune (ossia quello di -OMISSIS-) compreso nel circondario di competenza dell’ufficio del Giudice di Pace di -OMISSIS-, presso il quale l’interessato esercita le sue funzioni giudiziarie onorarie, rientrando il Comune di -OMISSIS-, invece, nel circondario dell’ufficio del Giudice di Pace di -OMISSIS-.
IV.1. – Con riguardo al primo profilo di illegittimità dedotto, il Collegio osserva che l’impugnata delibera del C.S.M. ha correttamente dato atto della carenza di un’espressa disposizione normativa che, tuttavia, può essere superata dall’applicazione delle disposizioni concernenti gli illeciti disciplinari dei magistrati professionali in quanto espressione di un principio generale immanente al sistema e, dunque, estensibile anche alla magistratura onoraria, essendo volta a tutelare l’immagine della funzione giurisdizionale ed il corretto esercizio della stessa, dovendo, dunque, “trovare applicazione in tutti i casi in cui vi sia il pericolo di lesione”.
Il concetto espresso, infatti, non si traduce in un’applicazione analogica del D.Lgs. n. 109/2006 a casi in esso non rientranti, ma giustifica la mera attuazione di talune regole in quanto parametro di riferimento per l’esercizio di un potere di sospensione cautelare che, proprio poiché di carattere generale ed immanente al sistema, è insito nel più ampio ed espresso potere di revoca.
Non sussiste, dunque, la dedotta contraddizione nella motivazione del provvedimento impugnato, poiché il fondamento normativo del potere nell’occasione esercitato deve rinvenirsi pur sempre nell’art. 21 D.Lgs. n. 116/2017, dovendosi intendere il richiamo agli artt. 21 e 22 D.Lgs. n. 109/2006 meramente preordinato a mutuare le regole disciplinanti la sospensione dall’esercizio delle funzioni giudiziarie onorarie sul piano della specificazione delle gravi ragioni in presenza delle quali, ai sensi dell’art. 21 quater L. n. 241/1990, è possibile, in generale, il ricorso al potere cautelare.
IV.2. – Con riguardo, poi, alla contestazione secondo cui nessuna condotta tenuta in ufficio sarebbe stata contestata all’appellante, essendo, semmai, da considerare rilevanti le condotte serbate al di fuori dell’ufficio, il Collegio osserva che la circostanza è vera ma non decisiva, dal momento che il provvedimento cautelare è stato adottato per i fatti in relazione ai quali l’appellante è stato imputato nel processo conclusosi con la pronuncia del Tribunale ordinario di -OMISSIS- di non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
Pertanto, la doglianza, di per sé, non inficia la legittimità del provvedimento impugnato.
IV.3. – Analoghe considerazioni valgono anche in relazione all’ulteriore circostanza contestata, concernente l’erronea affermazione secondo cui la società della quale l’appellante sarebbe socio ed amministratore di fatto avrebbe sede in un Comune rientrante nell’ambito del circondario di competenza dell’ufficio del Giudice di Pace di -OMISSIS- presso il quale l’interessato esercita le sue funzioni giudiziarie onorarie, poiché, sebbene, come correttamente dedotto, il Comune di -OMISSIS- rientri, invece, nel circondario dell’ufficio del Giudice di Pace di -OMISSIS-, le esigenze cautelari di tutela avvertite dal C.S.M. non sono in modo alcuno inficiate.
La ragione, infatti, del provvedimento adottato si rinviene nella tutela della funzione giudiziaria in sé considerata e nel discredito alla medesima potenzialmente arrecato dalla condotta tenuta fuori dall’ufficio dall’appellante, non rilevando anche il profilo della localizzazione territoriale a fronte della non decisiva rilevanza per la delibera del C.S.M. impugnata che i fatti in questione siano stati commessi all’interno o meno del territorio rientrante nel circondario dell’ufficio presso il quale l’interessato svolgeva le funzioni di Giudice di Pace.
Il motivo, pertanto, è infondato.
V. – Con il quinto motivo di ricorso si lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato per falsa applicazione dell’art. 18 d.P.R. n. 198/2000, degli artt. 21 e 22 D.Lgs. n. 109/2006, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., violazione degli artt. 1, 2, 3 L. n. 241/1990, eccesso di potere per travisamento, contraddittorietà estrinseca, sviamento, poiché sarebbero state acriticamente recepite le ricostruzioni fattuali contemplate nel capo di imputazione del decreto di rinvio a giudizio, senza espletare un’accurata ed approfondita attività istruttoria, come, invece, sarebbe stato doveroso, tenuto conto che, per il reato contestato all’appellante non procedibile d’ufficio, sarebbe stata sporta una querela tardiva da parte di una persona non legittimata in quanto diversa da quella presuntivamente offesa, senza, poi, considerare l’estraneità dell’appellante rispetto ai fatti in questione, tenuto conto che il controverso rapporto contrattuale da cui è scaturita la vicenda è intercorso tra due società e che, peraltro, l’accusa sarebbe confutata dalla totale carenza di prova.
V.1. – Il proposto motivo palesa la finalità di dimostrare la dedotta carenza di istruttoria inficiante la legittimità dell’impugnato provvedimento mediante la prospettazione di talune eccezioni processual-penalistiche ed una ricostruzione dei fatti contestati che comproverebbero tanto l’innocenza dell’appellante in relazione all’accusa del reato di insolvenza fraudolenta a lui imputato, quanto l’omesso approfondimento di tutte le circostanze del caso da parte del Presidente della Corte d’Appello di -OMISSIS-, del Consiglio giudiziario e del C.S.M..