PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (REATI CONTRO LA -ARTT. 314-356 C.P.)


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - SENTENZA 25 novembre 2019, n.47879
Ai fini della configurabilità del reato di oltraggio previsto dall'art. 341-bis cod. pen. è necessario che l'azione si svolga in presenza di almeno due persone, tale essendo il requisito numerico minimo perché possano ravvisarsi "più persone". Una volta che sia provata la presenza di più persone, è sufficiente la mera possibilità della percezione da parte dei presenti dell'offesa rivolta al pubblico ufficiale, atteso che già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazione di cui fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie. |
TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - SENTENZA 25 novembre 2019, n.47879 - Pres. Diotallevi – est. Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il
provvedimento in epigrafe, la Corte d'appello di Perugia in parziale riforma
della sentenza emessa dal Tribunale di Perugia in data 26 gennaio 2016, ha
ridotto a mesi quattro di reclusione la pena inflitta in primo grado per il
reato di cui all'art. 341-bis cod. pen. ed ha confermato nel resto la
decisione, con la quale l'imputato è stato condannato, perché offendeva in
luogo pubblico l'onore ed il prestigio del Vice Brig. Ti. Gi. nell'esercizio
delle sue funzioni (in particolare, all'uscita dallo stadio dopo una partita di
calcio, Ra. sputava in terra in direzione del militare e, dopo che questi
l'aveva invitato a cessare qualsivoglia provocazione, proferiva al suo
indirizzo l'espressione 'ma tu sei ubriaco, tu sei ubriaco'). 1.1. A sostegno
della decisione, la Corte distrettuale ha rilevato come la responsabilità
penale del prevenuto risulti provata alla luce delle testimonianze dei Vice
Brig. So. e Ri., colleghi della persona offesa presenti all'accaduto, in
assenza di riscontri idonei a corroborare la ricostruzione alternativa proposta
dall'imputato. Il Giudice del gravame ha aggiunto che risultano indimostrati i
pregressi episodi di acredine tra l'imputato e la persona offesa ventilati
dalla difesa e che non sono emersi elementi per far ritenere l'espressione del
Ra. giustificata alla luce di una provocazione posta in essere da parte del
Vice Brig. Ti., risultando, pertanto, inapplicabile la causa di non punibilità
di cui all'art. 393 bis cod. pen. Tanto premesso, la
Corte d'appello ha ritenuto fondato il motivo in punto di trattamento
sanzionatorio e, rilevata l'eccessiva gravità della pena inflitta in primo
grado, l'ha ridotta nei termini sopra indicati. 2. Nel ricorso a
firma del difensore di fiducia, No. Ra. chiede l'annullamento del provvedimento
per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod.
proc. pen. 2.1. Inosservanza
o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 521 e 129,
comma 2, cod. proc. pen. e 133 cod. pen. A sostegno del
motivo, il ricorrente evidenzia, da un lato, come la contestazione di oltraggio
a pubblico ufficiale di cui al decreto che dispone il giudizio concerna
esclusivamente l'utilizzo dell'espressione 'ma tu sei ubriaco, tu sei
ubriaco' e non anche il mero antefatto penalmente irrilevante dello
sputare, di tal che l'estensione del giudizio di penale responsabilità anche in
relazione a tale condotta sostanzia una chiara violazione del principio di
necessaria correlazione fra contestazione e sentenza, dunque del diritto di difesa
e del principio dell'equo processo. Dall'altro lato, la difesa rimarca come non
vi sia comunque prova dell'episodio dello sputo. 2.2. Inosservanza
o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 341-bis cod.
pen. e 3 Cost. nonché mancanza o insufficienza della motivazione. Al riguardo, il
ricorrente evidenzia, da una parte, come la Corte d'appello abbia erroneamente
stimato irrilevanti i precedenti contrasti tra la persona offesa e l'imputato,
in quanto tali da inquadrare l'espressione utilizzata dal Ri. come lesiva, non
del prestigio e della funzione esercitata, ma -eventualmente - soltanto
dell'onore della singola persona offesa; dall'altra parte, come l'espressione
ritenuta oltraggiosa non sia a ben vedere idonea ad offendere i beni giuridici
tutelati dalla norma, alla luce dell'evoluzione del costume e ai conseguenti
orientamenti giurisprudenziali. Infine, rimarca come manchi l'elemento del
compimento di un atto di ufficio. 2.3. Inosservanza
o erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 341-bis cod.
pen. e vizio di motivazione, per avere la Corte di merito omesso di considerare
che la condotta contestata non veniva percepita da soggetti estranei alle forze
dell'ordine, non potendosi evincere la prova della percezione dalla mera
circostanza che il fatto avvenisse in uno stadio alla fine di una partita. 2.4. Inosservanza
o erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 393-bis cod.
pen. e vizio di motivazione, per avere i giudici della cognizione erroneamente
escluso gli estremi dell'atto arbitrario ex art. 393-bis cod. pen. 2.5. Inosservanza
o erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 133 cod. pen.,
per avere la Corte distrettuale, per un verso, omesso di ponderare l'effettiva
gravità dei fatti, alla luce delle circostanze del caso concreto e della
personalità dell'imputato; per altro verso, applicato una pena superiore al
minimo edittale senza esplicitarne le ragioni. Considerato in
diritto 1. Il ricorso è
inammissibile per le ragioni di seguito esposte. 2. All'evidenza
destituito di fondamento è il primo motivo con cui il ricorrente denuncia la
violazione del principio di necessaria correlazione fra contestazione e
sentenza con riguardo alla condotta dello sputare all'indirizzo del pubblico
ufficiale, che precedeva la frase offensiva 'ma tu sei ubriaco, tu sei
ubriaco'. 2.1. Mette conto
di rammentare preliminarmente come la violazione del principio invocato dalla
difesa ricorre allorquando il giudice pronunci condanna in relazione ad una
fattispecie concreta, nella sua dimensione storico-fattuale, diversa da quella
descritta nel decreto che dispone il giudizio ovvero risultante all'esito delle
contestazioni suppletive. Secondo l'insegnamento di questa Suprema Corte,
espresso anche a Sezioni Unite, per aversi mutamento del fatto occorre infatti
una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie
concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in
modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui
scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che
l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va
esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione
e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione
è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l’iter del processo,
sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine
all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv.
248051). 2.2. Sulla scorta
delle sopra delineate coordinate ermeneutiche, nessuna violazione del principio
di correlazione tra accusa e sentenza è ravvisabile nel caso in oggetto. Ed
invero, dalla lettura dell'imputazione, emerge per tabulas la contestazione in
fatto dell'indicata condotta - quale antefatto della frase offensiva e segmento
integrante il complessivo comportamento oltraggioso in danno del militare -, di
tal che non è revocabile in dubbio che Ra. abbia potuto svolgere appieno le
proprie difese anche in relazione ad essa. 3. Al pari
inammissibile è il secondo rilievo mosso con il primo motivo, in quanto, per un
verso, risulta meramente reiterativo di una doglianza già dedotta in appello senza
alcun confronto con la compiuta e lineare motivazione svolta dai Giudici della
cognizione, con ciò omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica
argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del
11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838); per altro verso, è teso a sollecitare
una rilettura delle emergenze processuali, non consentita in questa Sede (ex
plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). 3.1. Ad ogni modo,
la Corte territoriale ha bene argomentato le ragioni per le quali abbia
ritenuto comprovata la materialità del sopra delineato antefatto, con
considerazioni aderenti alle emergenze dell'incartamento processuale
(dichiarazioni rese dai testi presenti all'accaduto), lineari e conformi a
logica e, pertanto, incensurabili in questa Sede (v. pagine 3 e seguenti della
sentenza impugnata). 4. Analoghe
considerazioni valgono con riguardo al secondo motivo, con cui il ricorrente
contesta l'integrazione della fattispecie evidenziando, da un lato, l'assenza
di offensività nella frase profferita all'indirizzo della persona offesa - in
quanto, a suo avviso, inidonea ad offendere i beni giuridici tutelati dalla
norma, alla luce dell'evoluzione del costume e ai conseguenti orientamenti
giurisprudenziali -; dall'altro lato, la riconducibilità della vicenda a
pregresse ruggini fra l'imputato e la persona offesa, mancando ad ogni modo il
requisito del compimento di un atto di ufficio. 4.1. Oltre a
tradursi in un'acritica riproposizione delle medesime doglianze già sottoposte
al vaglio del Giudice del gravame - con conseguente loro aspecificità -, il
motivo risulta all'evidenza destituito di fondamento, là dove la Corte
territoriale, per un verso, ha escluso che sia provata in fatto la ventilata
acredine tra le parti; per altro verso, ha convincentemente argomentato la
natura offensiva del complessivo contegno del prevenuto nel mentre il
Carabiniere era intento al compimento di un atto d'ufficio, id est lo
svolgimento del servizio d'ordine pubblico in occasione di una manifestazione
sportiva (v. pagina 3 della sentenza impugnata). 5. Palesemente
destituita di fondamento è la terza doglianza con cui la difesa contesta che
l'offesa possa essere stata percepita da soggetti estranei alle forze
dell'ordine. 5.1. Secondo la consolidata
giurisprudenza di questa Corte regolatrice, ai fini
della configurabilità del reato di oltraggio previsto dall'art. 341-bis cod.
pen. è necessario che l'azione si svolga in presenza di almeno due persone
(Sez. 6, n. 16527 del 30/01/2017, Ciotti, Rv. 270581), tale essendo il
requisito numerico minimo perché possano ravvisarsi 'più persone'. Una volta che sia provata la presenza di più persone,
ai fini della configurabilità del reato di oltraggio di cui all'art. 341-bis
cod. pen. è però sufficiente la mera possibilità della percezione dell'offesa
da parte dei presenti. (Sez. 6, n. 29406 del 06/06/2018, Ramondo, Rv. 273466),
atteso che già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può
compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo
ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica
amministrazione di cui fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie (Sez.
6, n. 15440 del 17/03/2016, Saad, Rv. 266546; Sez. 6, n. 19010 del 28/03/2017,
Trombetta, Rv. 269828). 5.2. Delle sopra delineate coordinate ermeneutiche ha
fatto buon governo la Corte distrettuale nel dare risposta all'omologa
deduzione mossa dal Ra. in appello, nella parte in cui ha correttamente
rilevato come - secondo la pacifica ricostruzione storico-fattuale (compiuta
sulla base delle convergenti dichiarazioni rese dai testi oculari acquisiti al
processo) - la vicenda sub iudice si svolgesse nel momento in cui l'imputato ed
altri spettatori iniziavano a defluire dallo stadio, di guisa che, sulla scorta
della regula iuris suddetta, una volta accertata la presenza di più persone,
risultava consequenziale la possibilità di percezione dell'offesa da parte dei
presenti (v. pagine 3 e 4 della sentenza impugnata). 6. Quanto al quarto
motivo, inappuntabile è il passaggio argomentativo col quale la Corte
distrettuale ha stimato insussistenti i presupposti per l'invocata causa di non
punibilità ex art. 393-bis cod. pen., motivatamente escludendo la materialità
della prospettata provocazione (richiamato sul punto quanto già osservato sub
paragrafo 4.1). Ciò a tacer del
fatto che siffatta causa di giustificazione presuppone necessariamente
un'attività ingiustamente persecutoria del pubblico ufficiale, il cui
comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie modalità di esplicazione
dell'azione di controllo e prevenzione demandatagli nei confronti del privato
destinatario (Sez. 6, n. 16101 del 18/03/2016, Bonomi e altro, Rv. 266535), che
neanche il ricorrente delinea essersi realizzata nella specie. 7. E'
inammissibile anche l'ultimo motivo di ricorso concernente il trattamento
sanzionatorio. 7.1. Va invero
rammentato al riguardo che, come più volte affermato da questa Corte, la
determinazione della pena entro il minimo e il massimo edittale rientra tra i
poteri discrezionali del giudice di merito ed è pertanto insindacabile nella
sede di legittimità allorché non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento
illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013,
Ferrano Rv. 259142). Arbitrio ed irragionevolezza che non sono certamente
ravvisabili nel discorso giustificativo svolto dal Giudice a quo a fondamento
della pena inflitta in sentenza, là dove la Corte d'appello ha espressamente
indicato le ragioni per le quali la pena-base non potesse coincidere col minimo
edittale a causa dei precedenti penali del reo, procedendo nondimeno alla
riduzione del trattamento sanzionatorio applicato dal primo Giudice alla luce
delle modalità del fatto e delle circostanze del caso concreto (v. pagina 5
della sentenza impugnata). 8. Dalla
declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese
del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare
in duemila Euro. P.Q.M. dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. |