ECONOMIA PUBBLICA, INDUSTRIA E COMMERCIO (REATI CONTRO LA -ARTT. 499-518 C.P.)


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 10 aprile 2017, n.17905
Il reato ex art. 515 cod. pen. prevede, quale elemento oggettivo, la condotta di chi, esercitando un’attività commerciale, consegni all’acquirente una cosa mobile diversa da quella oggetto del contratto ovvero avente caratteristiche tali da farla intendere, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita. Non vi è dubbio che è condotta idonea ad integrare gli estremi del reato in questione la cessione di un prodotto alimentare non suscettibile di essere legittimamente commercializzato, ove ne sia stata in qualche modo contraffatta, sia attraverso la falsificazione sia attraverso la soppressione, la indicazione della data di scadenza. (Fattispecie in cui l’imputato aveva cancella la data di scadenza sui barattoli contenenti prodotti ortofrutticoli destinati alla vendita e presenti nei locali della impresa da lui condotta. |
CASUS DECISUS
La Corte di appello di Salerno, con decisione del 18 settembre 2015, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Mercato San Severino, il precedente 4 aprile 2013, aveva dichiarato la penale responsabilità di L.M. in ordine al reato di tentata frode in commercio, realizzato attraverso la cancellazione della data di scadenza sui barattoli contenenti prodotti ortofrutticoli destinati alla vendita e presenti nei locali della impresa da lui condotta, condannandolo, pertanto, alla pena di giustizia. Ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto. |
TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 10 aprile 2017, n.17905 - Pres. Andreazza – est. Gentili Ritenuto in fatto
La Corte di
appello di Salerno, con decisione del 18 settembre 2015, ha confermato la
sentenza con la quale il Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Mercato
San Severino, il precedente 4 aprile 2013, aveva dichiarato la penale
responsabilità di L.M. in ordine al reato di tentata frode in commercio,
realizzato attraverso la cancellazione della data di scadenza sui barattoli
contenenti prodotti ortofrutticoli destinati alla vendita e presenti nei locali
della impresa da lui condotta, condannandolo, pertanto, alla pena di giustizia. Ha interposto
ricorso per cassazione il prevenuto rilevando che il ragionamento attraverso il
quale la Corte era giunta alla conferma della penale responsabilità
dell’imputato era fondato su elementi erronei; il primo dei quali era
costituito dalla falsità del rilievo secondo il quale i prodotti erano stati
acquistati dal prevenuto allorché era già decorsa la data di scadenza. Da tale dato
erroneo la Corte aveva fatto discendere la destinazione alla frode in commercio
dei prodotti in questione. Ancora il
ricorrente ha rilevato che non vi era stata un’alterazione del prodotto in
quanto non era stata sostituita una diversa data di scadenza a quella
originaria, ma era stata semplicemente cancellata quest’ultima. Peraltro, ad
avviso del ricorrente, la fattispecie non integrerebbe neppure gli estremi del
tentativo, potendosi al massimo parlare di atti preparatori come tali ancora
non punibili. Infine, ha
aggiunto il ricorrente, la motivazione della sentenza era anche contraddittoria
ed illogica nella parte in cui in essa si è ritenuta idonea la pena irrogata in
funzione della entità dei prodotti in ipotesi contraffatti, che non sarebbero
come in capo di imputazione 360.000 barattoli ma meno di 3.000, ed in funzione
della ritenuta massiccia attività predisposta, che non risulterebbe agli atti
essendo stati adibiti alla cancellazione della indicazione solo occasionalmente
alcuni operai non impegnati in altra attività in quanto si era verificata
un’avaria del macchinario ove abitualmente costoro prestavano la loro opera.
Considerato in
diritto
Il ricorso è
inammissibile. Con il primo
motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la tenuta logica e comunque la
adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui fa
derivare la dimostrazione della esistenza del reato a lui contestato dalla
circostanza, che si assume erronea, che i prodotti alimentari di cui al capo di
imputazione erano stati acquistati allorché già era maturata la data della loro
scadenza. L’argomento non ha
pregio. Va, infatti,
considerato che; secondo la stessa ricostruzione del fatto operata da parte del
ricorrente, l’imponente quantità di scatolame oggetto di acquisto da parte del
L. fu da costui comperata fra la fine del mese di novembre e l’inizio del mese
di dicembre dell’anno 2007, quindi in assoluta prossimità della data di
scadenza dei prodotti in questione, fissata al 31 dicembre di quello stesso
anno, tanto che la materiale acquisizione del prodotti stessi, cioè il loro
arrivo presso la sede della impresa gestita dal prevenuto, intervenne dopo la
predetta data. Non può, pertanto,
rilevarsi alcuna sostanziale illogicità nel ragionamento seguito dai giudici
del merito che hanno desunto dalla indicata scansione temporale degli eventi,
corroborata nella sua valenza dimostrativa dal fatto che il L. abbia
contraffatto la data di scadenza di una parte dei prodotti stessi, l’esistenza
di un disegno criminoso consistente nella acquisizione, verosimilmente a
condizioni di estremo favore, di prodotti alimentari in scadenza, in previsione
della loro vendita, anche successivamente alla data in cui essi potevano essere
lecitamente commercializzati, previa cancellazione della indicazione
cronologica della validità dei prodotti stessi. Non troverebbe,
infatti, alcuna giustificazione sotto il profilo della corretta conduzione
commerciale dell’impresa non solo l’acquisizione di una così imponente quantità
di merce in prossimità della data di incommerciabilità, di tal che non poteva
ragionevolmente presumersi che la stessa sarebbe stata esitata prima di detta
scadenza, ma anche la accettazione della fornitura una volta che la scadenza de
qua già era maturata, cioè allorché già era fatto compiuto il dato della
incommerciabilità del prodotto. Sotto il profilo
dedotto, pertanto, nessuna aporia logica è riscontrabile nel ragionamento
seguito dai giudici del merito, i quali hanno, anzi, attribuito alla condotta
del L. l’unica spiegazione logica plausibile. Passando al
secondo motivo di impugnazione, con il quale il ricorrente deduce la
insufficienza, ai fini della integrazione del reato contestato, anche nella
sola forma tentata, della mera condotta di cancellazione della data di scadenza
dei prodotti alimentari, rileva la Corte che anche siffatto argomentare non ha
pregio alcuno. Va al riguardo
premesso, in linea generale, che la violazione contestata al prevenuto, nella
sua forma perfezionatasi come reato 'consumato', prevede, quale
elemento oggettivo del reato, la condotta di chi, esercitando un’attività
commerciale, consegni all’acquirente una cosa mobile diversa da quella oggetto
del contratto ovvero avente caratteristiche tali da farla intendere, per
origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o
pattuita (cfr. art. 515 cod. pen.). Come è, pertanto,
agevole desumere attraverso l’analisi testuale della norma che si assume
violata, il reato de quo può realizzarsi sia nel caso in cui l’oggetto della
traditio all’acquirente sia una cosa mobile sostanzialmente diversa da quella
pattuita (si tratta della ipotesi concettualmente definita in materia
civilistica attraverso la espressione aliud pro alio), sia nel caso in cui
l’oggetto materiale della compravendita non abbia le caratteristiche che ne
hanno reso possibile la individuazione come tale in sede di trattative da parte
del compratore o che, comunque, siano state, anche in termini impliciti,
prospettate dal venditore al momento della offerta in vendita (in tal senso una
siffatta ipotesi apparirebbe richiamare, equiparandola alla precedente sub
specie penali, la fattispecie, distinta invece sotto il profilo civilistico
rispetto a quella dell’alud pro alio, disciplinata dagli artt. 1490 e ss cod. civ.
dei vizi o della mancanza di qualità nella cosa venduta). Va, tuttavia,
precisato che, ai fini della integrazione dell’illecito in questione, il quale
deve essere caratterizzato dalla necessaria utilizzazione di uno strumento
fraudolento, occorre che il cedente abbia, attraverso appunto una opera di
mistificazione della realtà, fatto apparire, a differenza del vero, che il bene
in questione corrisponda, per natura o per caratteristiche, a quello offerto o
pattuito in vendita (in tal senso, costituendo solo illecito amministrativo la
vendita di prodotti sia pur alimentari scaduti, ove a tale condotta non si
associ una qualche attività volta a ingannare l’acquirente in relazione a detta
caratteristica del prodotto: Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 maggio
1998, n. 5372; a siffatto orientamento si era in precedenza contrapposto altro
orientamento, secondo il quale, essendo costituita la condotta tipica del reato
in questione dalla consegna di una cosa diversa per origine, provenienza,
qualità o quantità da quella oggetto del contratto, indipendentemente dal fatto
che l’agente abbia usato particolari accorgimenti per ingannare il compratore o
dalla circostanza che quest’ultimo potesse facilmente, applicando normale
attenzione e diligenza, rendersi conto della difformità tra merce richiesta e
consegnata, sarebbe dato irrilevante, ai fini della sussistenza del reato il
fatto che la confezione in cui il prodotto oggetto di compravendita è contenuto
rechi tuttora le indicazioni dalle quali sia dato desumere l’intervenuta
scadenza del periodo entro il quale essa va consumata: Corte di cassazione,
Sezione III penale, 30 luglio 1994, n. 2291; in tal modo, però, si osserva,
viene di fatto esautorato completamente l’elemento della frode e della
conseguente deceptio dell’acquirente che, viceversa, appare determinante ai
fini della rilevanza penale della condotta). Ciò posto, non vi
è dubbio che, laddove il bene oggetto della compravendita sia un prodotto
alimentare, sia che si voglia ritenere la fattispecie integrare un vero e
proprio aliud pro alio sia che si voglia ritenere che si tratti di una mancanza
di qualità, è condotta idonea ad integrare gli estremi del reato in questione
la cessione di un prodotto di tal genere non suscettibile di essere
legittimamente commercializzato, ove ne sia stata in qualche modo contraffatta,
sia attraverso la falsificazione sia attraverso la soppressione, la indicazione
della data di scadenza. Tale è la presente
fattispecie nella quale, come segnalato nella rubrica contestata al L. , lo
stesso ha dato disposizione affinché fosse cancellata dai barattoli di merce da
lui detenuta la indicazione della, trascorsa, data di scadenza. La circostanza
che, a quanto risulta, ancora non fosse intervenuto materialmente l’atto di
vendita, lungi dall’escludere la rilevanza penale della condotta, consente la
individuazione della fattispecie tentata, posto che, costituendo momento
consumativo del reato de quo la effettiva consegna all’acquirente della merce
alterata, la predisposizione della alterazione e la destinazione al commercio
della stessa - e non è ragionevolmente possibile revocare in dubbio che lo
scatolame di cui alla contestazione fosse stato dal L. acquistato altrimenti
che allo scopo di porlo in vendita, non foss’altro perché diversamente non
avrebbe avuto alcuna ragione la disposizione impartita ai propri dipendenti di
procedere alla cancellazione della data di scadenza dei prodotti in discorso -
appaiono senza dubbio costituire, contrariamente a quanto ritenuto dal
ricorrente, atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione del reato
in questione, atteso che ci si trova di fronte ad un’ipotesi tipica di
tentativo incompiuto in cui cioè sono stati posti in essere da parte
dell’agente atti preparatori per la realizzazione del reato, valorizzabili
nella loro rilevanza penale in ragione della indubbia univoca loro direzione
verso la realizzazione della condotta tipica, mancata quest’ultima per fatto
del tutto indipendente dalla volontà dell’agente (nel senso della integrazione del
tentativo di frode in commercio in una fattispecie quale quella ora in
questione: Corte di cassazione, Sezione III penale 9 marzo 2011, n. 9276; idem
Sezione III penale, 25 novembre 2010, n. 41758; idem Sezioni unite penali, 21
dicembre 2000, n. 28). Quanto, infine,
alla censura riferita alla motivazione sulla entità della pena irrogata,
essendo stata questa determinata in ragione alla entità dei prodotti ed alla
massiccia attività predisposta a finalità fraudolenta, rileva la Corte che,
salva la valutazione discrezionale del giudice del merito in relazione alla
dosimetria della sanzione, non è dato riscontare alcuna carenza motivazionale
nella decisione della Corte territoriale posto che, anche a voler accedere alla
tesi del ricorrente secondo la quale dovrebbero essere considerati solo i
prodotti in relazione ai quali la contraffazione, per soppressione, della data
di scadenza già si era realizzata, la quantità di essi, si tratta di tremila
barattoli, evidenzia una sistematicità di condotta tale da consentire la
individuazione dei profili di gravità evidenziati in sede di merito e
correttamente valutati in detta sede in occasione della quantificazione della
sanzione irrogata. Alla dichiarazione
di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle ulteriori spese processuali e della somma di Euro 1500,00 in favore della
Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese del presente grado di
giudizio nei confronti della costituita parte civile, liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1500,00 in favore della Cassa delle ammende,
oltre al pagamento in favore della parte civile costituita Associazione ADOC
Napoli e Campania delle spese sostenute nel grado e liquidate in complessivi
Euro 3.500,00, oltre accessori di legge. |