LIBERTÀ PERSONALE (REATI CONTRO LA – ARTT. 605-609 DECIES)


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 20 dicembre 2016, n.53910
Ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all’art. 609-bis, ultimo comma, cod. pen., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità. |
CASUS DECISUS
La Corte d’Appello di Bari ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Foggia dell’8 ottobre 2007, riducendo la pena inflitta a G.R.M. per il delitto di cui all’art. 609-bis cod pen. in anni tre e mesi quattro di reclusione in ragione della diminuente del rito abbreviato, disattesa dal primo Giudice, in tal modo altresì sostituendo la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea per anni cinque e confermando nel resto le statuizioni del primo Giudice. Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione. |
TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 20 dicembre 2016, n.53910 - Pres. Amoroso – est. Cerroni Ritenuto in fatto
1. La Corte
d’Appello di Bari ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Foggia
dell’8 ottobre 2007, riducendo la pena inflitta a G.R.M. per il delitto di cui
all’art. 609-bis cod pen. in anni tre e mesi quattro di reclusione in ragione
della diminuente del rito abbreviato, disattesa dal primo Giudice, in tal modo
altresì sostituendo la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici
uffici con quella temporanea per anni cinque e confermando nel resto le
statuizioni del primo Giudice. 2. - Avverso la
sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione,
deducendo la violazione dell’art. 609-bis ultimo comma cod. pen., per il
mancato riconoscimento della minore gravità del fatto. In particolare,
secondo il ricorrente la Corte di Appello aveva non correttamente riportato il
fatto rispetto alla ricostruzione operata dal Tribunale di Foggia, il quale
aveva al contrario correttamente rilevato che l’imputato - che aveva
inizialmente richiesto l’elemosina, successivamente bloccando la portiera
dell’autovettura della donna - aveva toccato e palpeggiato le gambe di costei
tentando di baciarle; mentre, in esito ai tentativi della vittima di sottrarsi
alle attenzioni dell’aggressore, quest’ultimo l’aveva presa per la gola
tentando di baciarle le labbra. Al contrario, il Giudice di appello aveva
invece dato conto di baci a tali parti del corpo. Oltre a ciò, nella colluttazione che ne era
seguita la vittima si era liberata dell’aggressore con una semplice gomitata al
petto così potendo chiudersi nella propria autovettura, non subendo alcuna
apprezzabile conseguenza personale ed anzi, a comprova dell’assenza di
particolare pregiudizio, si era immediatamente rivolta alle forze dell’ordine
per informarle dell’accaduto, senza alcuna forma di vergogna e di chiusura
personale. 3. Il Procuratore
ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in
diritto
3. Il ricorso è
fondato e va accolto nei termini che seguono. 3.1. La norma di
cui all’art. 609-bis cod. pen. ('chiunque con violenza o minaccia o
mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti
sessuali...') appare connotata da un requisito soggettivo (la
finalizzazione al desiderio sessuale dell’agente) e da un requisito oggettivo
(ossia la concreta e normale idoneità del comportamento a compromettere la
libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale). 3.2. Al riguardo,
non è oggetto di contestazione la responsabilità del ricorrente, il quale ha
infatti solamente richiesto il riconoscimento del caso di minore gravità di cui
al comma 3 del medesimo articolo. Del pari non vi è seria ragione di doglianza
quanto alla materialità degli accadimenti (la ricostruzione operata dal
Tribunale d’altronde è pienamente sovrapponibile all’imputazione contestata,
mentre la narrazione della Corte appare sul punto lievemente differente ma
senza alcun pratico effetto, tant’è che in motivazione non vi è alcun accenno,
neppure implicito, ad eventuali difformità di fatto rispetto agli accertamenti
condotti in proposito nel primo giudizio). In ordine invece
all’invocato riconoscimento della fattispecie di cui al comma 3 dell’art.
609-bis cod. pen., la valutazione negativa della Corte territoriale si è
incentrata sull’insidiosità della condotta, atteso che la vittima era stata
colta di sorpresa mentre era intenta a consegnare all’odierno ricorrente il
denaro richiesto quale elemosina, nonché sull’intensità del dolo, desunto dalle
modalità dei toccamenti, ripetuti e tesi a costringere la vittima a ricevere
baci sulla bocca. 3.3. Ciò premesso,
la motivazione appare senz’altro illogica e carente, tra l’altro in contrasto
col ripetuto orientamento della Corte. Per quanto
concerne infatti la pretesa insidiosità della condotta, va ricordato che
l’elemento della violenza può estrinsecarsi, nel reato di violenza sessuale,
oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel compimento insidiosamente
rapido dell’azione criminosa tale da sorprendere la vittima e da superare la
sua contraria volontà, così ponendola nell’impossibilità di difendersi (Sez. 3,
n. 27273 del 15/06/2010, M., Rv. 247932), sì che essa costituisce solo uno degli
elementi costitutivi del reato (in ogni caso, peraltro, la vittima, ben lungi
dall’essere stata posta nell’impossibilità di difendersi, aveva reagito
immediatamente ai toccamenti), e non assume di per sé rilievo in ordine alla
gravità del fatto. Quanto al dolo, esso ha solamente disvelato la finalità
sessuale della condotta del ricorrente, laddove in ogni caso non appare chiaro
il legame strumentale tra toccamenti e baci sulla bocca. Vero è, in
proposito, che ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore
gravità di cui all’art. 609-bis, ultimo comma, cod. pen., deve farsi
riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo
i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla
vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in
relazione all’età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è
sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (Sez.
3, n. 6784 del 18/11/2015, dep. 2016, P.G., Rv. 266272; Sez. 3, n. 21623 del
15/04/2015, K., Rv. 263821). Ed al riguardo appare già difficile scorgere
elementi di conclamata gravità alla stregua di quanto osservato, laddove in
ogni caso non si è proceduto ad una valutazione globale del fatto ma è stato posto
l’accento su meri elementi costitutivi del reato (l’odierno ricorrente non
pretende infatti di essere assolto dall’imputazione ascrittagli). D’altronde va
altresì ricordato che, ai fini della configurabilità della circostanza
attenuante del fatto di minore gravità, deve farsi riferimento ad una
valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievi i mezzi, le
modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le
condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche
valutate in relazione all’età, così da potere ritenere che la libertà sessuale
sia stata compressa in maniera non grave, così come il danno arrecato alla
vittima anche in termini psichici (Sez. 3, n. 19336 del 27/03/2015, G., Rv.
263516). Infatti, dal
momento che l’attenuante in discussione non risponde ad esigenze di adeguamento
del fatto alla colpevolezza del reo, ma concerne la minore lesività del fatto
in concreto rapportata al bene giuridico tutelato, assumono particolare
importanza: la qualità dell’atto compiuto (più che la quantità di violenza
fisica), il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni
(fisiche e mentali) di quest’ultima, le caratteristiche psicologiche (valutate
in relazione all’età), l’entità della compressione della libertà sessuale ed il
danno arrecato alla vittima anche in termini psichici. In particolare, ai fini
del riconoscimento di questa attenuante devono essere 'valutati in
concreto l’impatto emotivo sulla vittima e le conseguenze sul suo sviluppo psico-fisico,
le modalità dei fatti, la loro durata nel tempo e l’invasività nella sfera
sessuale della vittima' (così, in richiamo, anche Sez. 3, n. 34236 del
12/07/2012, A., Rv. 253172), ciò in quanto la mitigazione della pena non
risponde all’esigenza di adeguamento alla colpevolezza del reo e alle
circostanze attinenti alla sua persona ma alla minore lesività del fatto, da
rapportare al grado di violazione del bene giuridico della libertà sessuale
della vittima (Sez. 3, n. 27272 del 15/06/2010, P., Rv. 247931). 3.4. In specie, al
contrario, la sentenza impugnata ha in realtà omesso di considerare e di
valutare, con congrua ed adeguata motivazione, quale sia stato il grado di
compromissione della libertà sessuale e quale il danno arrecato alla parte
offesa anche in termini psichici. La sentenza
impugnata, con le precisazioni già ricordate, ha infatti dato conto che il
fatto delittuoso si è concretizzato in un improvviso toccamento (di non più
contestata impronta sessuale) alle gambe, mentre nel corso della colluttazione
(e prima che una gomitata assestata dalla vittima al G. ponesse fine
all’episodio) il ricorrente prendeva alla gola la donna tentando di baciarla. Dal tenore della
decisione si desume che non vi è stato alcun contatto con le parti intime della
vittima, non è stato fatto uso di alcuno strumento idoneo all’offesa,
l’aggressione non appare essersi protratta per un tempo significativamente
lungo, la vittima è stata in grado di difendersi efficacemente da sola ed ha
immediatamente allertato le forze di polizia, né sono stati evidenziati seguiti
pregiudizievoli a carico della persona offesa. 4. Alcuna
valutazione risulta essere stata operata al riguardo, per cui in definitiva la
sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 609-bis, comma 3, cod. pen., con rinvio sul
punto ad altra sezione della Corte di Appello di Bari. Per contro va
dichiarata l’irrevocabilità della sentenza quanto all’affermazione di
responsabilità in relazione al reato contestato.
P.Q.M.
Annulla la
sentenza impugnata limitatamente al mancato riconoscimento dell’attenuante del
caso di minore gravità e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari
sul punto; Dichiara
irrevocabile la sentenza impugnata quanto all’affermazione di responsabilità
per il reato contestato. |