LIBERTÀ PERSONALE (REATI CONTRO LA – ARTT. 605-609 DECIES)


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 12 dicembre 2016, n.52380
1. Il consenso del minore al rapporto sessuale, pur se inidoneo ad escludere la configurabilità del reato di violenza sessuale, può essere valutato dal giudice al fine di riconoscere la circostanza attenuante della "minore gravità". 2. Ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all'art. 609-bis, ultimo comma, cod. pen., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'età, mentre, ai fini del diniego della stessa attenuante, è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità. |
CASUS DECISUS
Il Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Napoli ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli che ha confermato la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Napoli del 13/05/2010 di condanna di C.A. per il reato di cui agli artt. 609 quater, commi 1 e 2, cod. pen. per avere, più volte e in tempi diversi, con abuso di relazioni domestiche e del rapporto di coabitazione, compiuto atti sessuali con la nipote infrasedicenne G.M.A.. |
TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 12 dicembre 2016, n.52380 - Pres. Amoresano – est. Andreazza Ritenuto in fatto
1. Il Procuratore
generale presso la Corte d'Appello di Napoli ha proposto ricorso avverso la
sentenza della Corte d'appello di Napoli che ha confermato la sentenza del
G.u.p. del Tribunale di Napoli del
13/05/2010 di condanna di C.A. per il reato di cui agli artt. 609
quater, commi 1 e 2, cod. pen. per avere, più volte e in tempi diversi, con
abuso di relazioni domestiche e del rapporto
di coabitazione, compiuto atti sessuali con la nipote infrasedicenne G.M.A.. 2. Con un primo
motivo lamenta la errata applicazione di legge in relazione all'art. 609
quater, comma 4, cod. pen. essendo stata illegittimamente concessa la
attenuante del fatto di minore gravità;
in particolare la Corte territoriale ha confermato la sussistenza della stessa
essenzialmente per il fatto che la persona offesa era del tutto consenziente
alle attenzioni riservatele dall'imputato; tuttavia, tale ragionamento è del
tutto errato in diritto essendo il consenso della vittima già elemento
materiale del reato di cui all'art. 609 quater cod. pen. che, proprio per
questo, si differenzia ed è punito meno gravemente del reato ex art. 609 bis
cod. pen.; inoltre, la Corte territoriale non ha tenuto conto di altre tre
gravi emergenze processuali ciascuna delle quali è ostativa al riconoscimento
dell'attenuante in oggetto, ovvero la reiterazione degli abusi sessuali,
consistiti in plurimi approcci erotici avvenuti in ben due distinti periodi
temporali, la tipologia e le modalità degli atti sessuali praticati sulla
persona offesa, non limitatisi a toccamenti e baci ma proseguiti con
masturbazioni e penetrazioni, e l'approfitta mento della particolare situazione
di vulnerabilità della persona offesa derivante dalla fiducia nel rapporto di
parentela, dall'ospitalità in casa dello zio e dall'affidamento dei genitori
alla sua protezione. Aggiunge come, secondo la giurisprudenza di legittimità,
sia comunque sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata
gravità per il diniego dell'attenuante in oggetto. 3. Con un secondo
motivo lamenta l'inosservanza della legge penale e la manifesta illogicità
della motivazione in ordine alla concessione delle circostanze attenuanti
generiche; in particolare queste sono state riconosciute non solo per la
incensuratezza dell'imputato ma anche perché egli ha cessato ogni rapporto con
la nipote ed ha risarcito i danni cagionati, da ciò dovendosi evincere che il
non commettere reati non sia un dovere legale ma una facoltà discrezionale, e
perciò, meritevole di immediata gratificazione quanto al risarcimento del danno; quanto al risarcimento, lo stesso può
configurare l'autonoma attenuante di cui all'art. 62 n.6 cod. pen. ma non può
essere duplicato con l'aggiunta della concessione delle attenuanti generiche;
né, contrariamente a quanto affermato dalla Corte, risulta che l'imputato abbia
ammesso le proprie responsabilità essendosi egli avvalso della facoltà di non
rispondere. 4. Con memoria in
data 03/10/2016 il Difensore dell'imputato ha chiesto l'inammissibilità
del ricorso.
Considerato in
diritto
5. Il primo motivo
di ricorso è fondato nei termini di cui oltre. Va anzitutto
disatteso il primo rilievo posto dal ricorrente con il quale si censura la
avvenuta valorizzazione, ai fini del riconoscimento della attenuante speciale
in questione, del consenso prestato dalla vittima giacché tale consenso sarebbe
già elemento materiale del reato ex art. 609 quater cod. pen.. In realtà, la
stessa struttura del reato in parola, fondata sul mero compimento di atti
sessuali con persona infraquattordicenne o, in casi particolari,
infrasedicenne, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 609 bis cod. pen.,
è illustrativa del fatto che, ai fini della integrazione della fattispecie, il
consenso ovvero il dissenso al rapporto del
minore è indifferente, giacché è la stessa caratterizzazione della
persona offesa, per età (nel caso di cui al n.1 dell'art. 609 quater, comma 1,
cit.) o per altri fattori ad essa congiunti (nel caso di cui al n.2 dello
stesso articolo), a rendere irrilevante e, dunque, inutiliter datum,
l'espressione di un consenso che, per le ragioni appena viste, non potrebbe mai
definirsi effettivamente tale (sicché deve, anzi, definirsi come erroneo il
postulato del P.G. ricorrente secondo
cui il consenso sarebbe elemento costitutivo del reato). Tuttavia, una tale
presunzione legislativa, di carattere assoluto quanto alla configurabilità,
come appena detto, del reato, viene ad assumere carattere relativo laddove si
tratti di valutare, in concreto, l'atteggiamento del minore ai fini della
circostanza attenuante di cui all'art. 609 quater, u.co. cod. pen. posto che,
trattandosi, in tale diverso ambito, di valorizzare i 'casi di minore gravità'
(secondo quella che è una clausola a contenuto aperto utilizzata dal
legislatore), il consenso prestato dal minore, pur ineluttabilmente recessivo
ai fini della sussistenza del reato, torna però ad essere, ove effettivamente
prestato, valorizzabile. Deve pertanto
ribadirsi l'affermazione già resa da questa Corte secondo cui il consenso del
minore al rapporto sessuale, pur se inidoneo ad escludere la configurabilità
del reato di violenza sessuale, può essere valutato dal giudice al fine di
riconoscere la circostanza attenuante della 'minore gravità' (Sez. 3,
n. 29618 del 14/06/2011, dep. 25/07/2011, M., Rv. 250626). 6. Ciò posto, e
pertanto non censurabile l'affermazione della sentenza che ha valorizzato in
senso favorevole all'imputato il consenso della persona offesa, va tuttavia,
allo stesso tempo, ricordato che questa Corte ha affermato che, ai fini
del riconoscimento della diminuente per
i casi di minore gravità di cui all'art. 609-bis, ultimo comma, cod. pen., deve
farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi,
le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le
condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'età,
mentre, ai fini del diniego della stessa
attenuante, è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata
gravità (Sez. 3, n. 6784 del 18/11/2015, dep. 22/02/2016, P.G. in proc. D., Rv.
266272; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015, dep. 25/05/2015, K., Rv. 263821). Ora,
la motivazione della sentenza impugnata, pur avendo affermato doversi fare
riferimento ad una globale valutazione dei fatti, quale compito necessariamente
discendente dalla giurisprudenza appena ricordata, si è poi, in concreto,
limitata a valorizzare, come appena visto, il solo consenso della persona
offesa senza spiegare perché la attenuante fosse riconoscibile pur in presenza
di elementi, quali, ad esempio, in particolare, la reiterata commissione delle
condotte pur pacificamente accertata (vedi pag. 3 della sentenza impugnata)
che, in quanto attinente al fatto nel suo complesso, avrebbe dovuto rientrare
nella disamina del giudice. 7. E' fondato
anche il secondo motivo laddove è stato valorizzato in senso favorevole al
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, da un lato l'intervenuto
risarcimento, ovvero lo stesso elemento per il quale, però, era già stata
riconosciuta in primo grado la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6
cod. pen., con indebita conseguente duplicazione della diminuzione della pena così
attuata (in tal senso, a contrario, Sez. 6, n. 34522 del 27/06/2013, dep.
08/08/2013, Vinetti, Rv. 256134) e, dall'altro, l'intervenuta interruzione di
ogni rapporto con la minore senza che sia stato però specificato perché una
detta interruzione sia realmente espressiva di resipiscenza e non invece di una
conseguenza imposta dal disvelamento dei fatti e dall'instaurazione del processo de quo in tal modo non
favorevolmente valorizzabile. 8. Ne consegue, in
definitiva, l'annullamento della sentenza sui punti già indicati sopra con
rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli che terrà conto, quanto
al primo profilo, nel valutare i presupposti per il riconoscimento
dell'attenuante speciale, dei principi sopra ribaditi e, quanto al secondo
profilo, procederà, sulla base di quanto appena sopra indicato, a nuovo esame
della concedibilità delle circostanze attenuanti generiche.
P.Q.M.
Annulla la
sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità della circostanza
attenuante di cui all'art. 609 quater, comma 4, cod. pen. e delle circostanze
attenuanti generiche e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli.
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